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venerdì, Aprile 26, 2024

Omicidio Cellammare, quattro anni e dieci mesi a Cenatiempo

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Nicola Cenatiempo è stato condannato alla pena di anni quattro e mesi dieci di reclusione per la morte di Giovanni Cellammare, per le ipotesi di omicidio preterintenzionale e detenzione di arma illegalmente detenuta nella propria abitazione. Con il patteggiamento concordato tra il pubblico ministero Mario Canale e i suoi difensori di fiducia. La pena è stata così ripartita: quattro anni, sette mesi e dieci giorni per l’omicidio preterintenzionale; mesi due e giorni venti per la detenzione illegale di una pistola calibro 22. La sentenza porta la firma del giudice dell’udienza preliminare Morra, che ha ritenuto corretto l’accordo e non è stata applicata alcuna ordinanza in merito alla misura coercitiva. Il Cenatiempo resta ai domiciliari, non avendo la difesa presentato alcuna istanza. In considerazione del fatto che l’imputato ha bisogno di scontare il più possibile la pena irrogata, che diventerà definitiva se i difensori non presenteranno ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, ma solo nel caso in cui riscontrassero un vizio di procedibilità o di non corretta valutazione della pena finale.

Una decisione maturata dopo che da quest’estate la difesa ha cercato in tutti i modi di rimodellare le contestazioni facendo leva sulla legittima difesa piena dell’imputato o, in caso diverso, di eccesso colposo in legittima difesa. Dovrebbe chiudersi qui questo ennesimo episodio che si è consumato il 7 giugno scorso in località Fiaiano nel comune di Barano.

Nella circostanza la difesa ha posto in questa fase una serie di interrogativi e richiamato una serie di dichiarazioni rese da alcuni testimoni.

Una disamina dei fatti che alla fine hanno trovato conferma in tutta la fase investigativa. Ma il pubblico ministero è rimasto fermo sull’ipotesi più grave, di omicidio preterintenzionale. Evidenziando la reazione violenta e il colpo inferto che ne ha causato “indirettamente” la morte essendo caduto il Cellammare con la testa sul gradino dell’ingresso del bar. Dichiarazioni dei testimoni che in più di un caso si rispecchiano tra di loro e confermano una circostanza certa e incontrovertibile: è stato sferrato un unico colpo, uno schiaffo che si è dimostrato alla fine fatale.

 

 

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