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sabato, Aprile 27, 2024

Il giudice revoca gli arresti domiciliari a Massimo Fermo

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Il gip Alfano ha successivamente emesso una misura meno afflittiva con il divieto per la durata di anni uno dallo svolgere attività lavorativa presso l’ente pubblico, ossia l’Asl Napoli 2. Il provvedimento integrale del giudice che analizza tra l’altro l’interrogatorio di garanzia, in cui è emerso che l’indagato non è più responsabile dell’ufficio consegna dei ricettari ai medici di base e ai pediatri

 

Paolo Mosè | Il giudice per le indagini preliminari Anna Laura Alfano ha revocato gli arresti domiciliari a Massimo Fermo, indagato per i reati di associazione per delinquere e peculato. Su conforme parere del sostituto procuratore della Repubblica Giancarlo Novelli, che ha richiesto l’applicazione di una misura meno afflittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio. E conformemente il giudice ha disposto la sua sospensione dallo svolgere attività lavorativa presso l’Asl Napoli 2 Nord Distretto 36 di Ischia per la durata di anni uno. Ordinando l’immediata liberazione. Un provvedimento che peraltro era stato sollecitato dai difensori al termine dell’interrogatorio di garanzia ove l’indagato aveva cercato di spiegare quali fossero a quel tempo le sue funzioni e di non essersi accorto che presso la struttura sono sparite migliaia di ricette per prescrizioni mediche. E solo quando la vicenda era venuta alla luce, aveva provveduto immediatamente a denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria.

Gli avvocati Angelo Vignola e Giuliano Di Meglio non si ritengono pienamente soddisfatti, in quanto quest’ultimo provvedimento va ad incidere pesantemente sull’attività lavorativa del Fermo e non escludono di impugnare il provvedimento dinanzi al tribunale del riesame, manifestando soprattutto che sono del tutto scemate le esigenze cautelari e che comunque non sussistono i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla sparizione dei ricettari e che non sussiste alcun legame provato con gli altri componenti che risultano coinvolti nel “mercato” dell’utilizzo delle ricette in bianco al fine di favorire alcune strutture mediche convenzionate.

 

IL PROVVEDIMENTO DI REVOCA

Il provvedimento è stato notificato dai carabinieri della Compagnia di Ischia al Fermo, riacquistando la libertà. In una paginetta e mezza il giudice ha spiegato le ragioni della revoca degli arresti domiciliari, in cui si rileva: «Sentita l’istanza avanzata dalla difesa, all’esito dell’interrogatorio reso in data 13 giugno 2017 da Fermo Massimo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per il reato associativo e peculato, giusta ordinanza emessa in data 5 giugno scorso; acquisito il parere del pubblico ministero, favorevole alla sostituzione della misura in atto con quella della sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio; rilevato che all’esito dell’interrogatorio di garanzia Fermo Massimo ha negato i fatti, attribuendo la responsabilità del furto di oltre 4.000 ricette ad altri soggetti non meglio identificati, indicati genericamente facenti parte all’attiguo ufficio del Sert; rilevato che la difesa ha prodotto documentazione (attestazione del direttore sanitario dell’Asl Napoli 2 del 7 maggio 2017) da cui risulta che Fermo non esercita più le mansioni di custode delle ricette ed è stato spostato ad altro ufficio (ed invero Fermo risulta sostituito da altra impiegata, come si evince dalla documentazione e non è più in possesso delle credenziali di accesso al programma di scarico dei ricettari consegnati ai medici di base e pediatri)».

Una disamina dei fatti da cui emerge in modo inequivocabile che effettivamente il Fermo non è più il dipendente responsabile dell’ufficio distribuzione dei ricettari e che a tale incarico, per ordine del responsabile sanitario del distretto di Ischia, è stata designata altra impiegata. Circostanza, questa, sconosciuta all’inizio dell’interrogatorio dal gip e dal pm ed avallata dall’attestazione della Asl. Questo è stato certamente l’elemento pregnante per la revoca degli arresti domiciliari. Nel prosieguo dell’ordinanza il giudice Alfano si sofferma su altri presupposti che coinvolgono il Fermo: «Pur permanendo le esigenze cautelari descritte nell’ordinanza genetica, le stesse risultano affievolite dal sopravvenuto provvedimento amministrativo di inibizione a svolgere le mansioni precedenti; che, pertanto, le esigenze di tutela possono essere soddisfatte con la misura meno afflittiva della interdizione dall’esercizio di un pubblico servizio; ritenuto che la misura appare, infatti, adeguata alla cautela perché scongiura il pericolo che l’indagato possa reiterare le medesime condotte poste in essere nell’ambito dell’Asl Napoli 2 ove continua ad operare e continuare ad avere contatti con circuiti di cui all’ordinanza che hanno posto in essere il sistema truffaldino nello svolgimento della sua funzione; rilevato che nei confronti di un soggetto, quale è l’indagato, sostanzialmente immune da precedenti, la misura applicata possa sortire una efficace funzione deterrente e scongiurare il pericolo di ricadute nel reato».

E conclude specificando quali sono gli ordini impartiti alla polizia giudiziaria e al ritorno in libertà dell’indagato: «Sostituisce la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata nei confronti di Fermo Massimo con la misura interdittiva della sospensione dell’esercizio delle funzioni di dipendente dell’Asl Napoli 2 Nord con funzioni di assistente amministrativo e, per l’effetto, interdice in tutto al predetto l’esercizio dell’attività ad esso inerente per l’effetto, interdice in tutto al predetto l’esercizio dell’attività ad esso inerente per la durata di anni uno; ordina la remissione in libertà di Massimo Fermo se non detenuto per altro».

 

INALTERATO IL QUADRO ACCUSATORIO

E’ un provvedimento che si poggia esclusivamente sulle esigenze cautelari, non andando ad intaccare il quadro indiziario che era alla base del provvedimento cautelare ai domiciliari. Le risposte che ha dato nell’interrogatorio di garanzia non hanno mosso più di tanto il pubblico ministero Novelli e il gip Alfano. Che sostanzialmente mantengono inalterato il quadro accusatorio. E in via principale l’ipotesi di associazione per delinquere che il Fermo condivide con gli altri soggetti che hanno ricevuto la medesima misura cautelare: «Per essersi associati tra loro allo scopo di commettere più delitti di ricettazione e truffa in danno dello Stato e, in particolare, del Servizio Sanitario Nazionale tra i quali quelli indicati nei capi che seguono. Più specificatamente agendo: l’Ambrosio Tommaso in qualità di socio accomandante dello “Studio di Diagnostica Radiologica e Terapia Fisica Gennaro Trama” di Dramis Antonio, del “Centro Oculistico Salus” di Dramis Antonio, nonché di amministratore unico della “Gerba srl”; Dramis agendo in qualità di socio accomandatario e rappresentante legale dello “Studio di Diagnostica Radiologica e Terapia Fisica Gennaro Trama” di Dramis Antonio e del “Centro Oculistico Salus” di Dramis Antonio; il Corvino Pasquale in qualità di rappresentante legale della “Minerva Due srl” e socio accomandatario dell’Istituto Fisioterapico Ortopedico IFO; lo Schiavone Pietro in qualità di rappresentante legale del Laboratorio Analisi Chimico-Cliniche Microbiologia del dott. Pasquale Michele Mamone sas di Schiavone Pietro e di amministratore di fatto della “Minerva Due”; il Vittoria Cirano in qualità di amministratore unico del “Centro Unico della Scoliosi srl”; il Mautone Carlo in qualità di medico convenzionato di medicina generale del Servizio Sanitario Nazionale; il Fermo Massimo in qualità di assistente amministrativo dell’Asl Napoli 2 Nord».

Così come ha un peso, in questa fase, anche il reato di peculato, che si manifesta per la Procura nell’aver utilizzato per fini non propri al suo ufficio le ricette che sarebbero finite nelle mani di soggetti che operano prevalentemente sul territorio delle province di Napoli e Caserta. Circostanza, quest’ultima, che lo stesso Fermo ha tenuto a precisare del tutto insussistente. Precisando di non conoscere affatto gli altri partecipi, di non averli mai incontrati, né vi sono stati contatti di qualsiasi natura. E per la difesa ciò è dimostrato dall’assenza di intercettazioni telefoniche che vedano il Fermo colloquiare sulle utenze monitorate dall’Arma dei carabinieri: «Perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in qualità di assistente amministrativo dell’Asl Na 2 Nord Distretto 36 di Ischia, avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso di ricettari del Servizio Sanitario Nazionale se ne impossessava allo scopo di commettere i delitti elencati».

A dimostrazione che non c’è stato, quindi, da parte del dipendente dell’Asl alcun accaparramento delle ricette per consegnarle a terzi per fini prettamente illegali. Nulla è stato provato e la difesa sostanzialmente non sa di cosa difendersi, avendo il pubblico ministero svolto una mera ricostruzione e addebitando al Fermo di avere avuto un particolare ritardo nel denunciare la sparizione dei ricettari.

 

RICHIAMATA L’ORDINANZA CAUTELARE

Come può leggersi nell’ordinanza di revoca degli arresti domiciliari, il giudice Alfano richiama l’ordinanza cautelare. Facendola nuovamente propria in ordine al quadro indiziario e sulle esigenze cautelari che all’epoca erano state ritenute particolarmente esigenti onde evitare la reiterazione della medesima condotta. Scrivendo sul punto: «Riguardo al ruolo di Fermo Massimo, a cui è contestato il reato di peculato il coinvolgimento del predetto emerge dalle informative del Nas, da cui si evince che erano stati utilizzati ricettari del Servizio Sanitario Nazionale rubati per acquistare farmaci costosi da rivendere anche su mercati esteri. La formalizzazione della denuncia di furto era avvenuta solo dopo una segnalazione fatta agli uffici dell’Asl di Ischia da parte di Zollo Orazio, medico di base di Forio d’Ischia, il quale, convocato dai carabinieri in ordine ad una ricetta, che risultava informaticamente a lui assegnata, aveva affermato di non averla mai ricevuta. Solo in seguito a tale verifica Ciardiello Giovanni, dipendente del Distretto 36 dell’Asl Napoli 2 Nord di Ischia consegnatario, delle ricette stesse, procedeva ad effettuare una verifica degli armadietti ove venivano custodite le ricette affidate in custodia a Fermo Massimo, dipendente del Distretto 36, riscontrando l’ammanco di circa 4.000 ricette. Si constatava, altresì, che i predetti armadietti non presentavano alcun segno di scasso o effrazione».

Ammettendo, al tempo stesso, che l’indagato comunque si era attivato nell’informare l’autorità di polizia dopo un ulteriore ammanco: «Successivamente Fermo Massimo presentava ulteriore integrazione di denuncia di furto precisando che, a seguito di altro inventario, aveva verificato un ammanco di ulteriori tre ricettari».

In questa stessa ordinanza il giudice manifesta di condividere appieno le linee guida del sostituto Novelli, proprio in ordine alla mancanza di intervento immediato del dipendente pubblico nel segnalare agli organi di polizia i probabili furti compiuti nella sede dell’ex Villa Romana: «Orbene secondo la pubblica accusa il coinvolgimento di Fermo Massimo si evince, oltre che dalla mancata tempestiva segnalazione della sottrazione (formalizzata soltanto quando il diretto superiore di Fermo viene informato della segnalazione del dott. Zollo), dall’assenza di segni di scasso o di effrazione e, soprattutto, dalla circostanza che le 4.000 ricette oggetto della prima denuncia di furto risultano essere state assegnate informaticamente ai medici di base proprio dallo stesso Fermo, titolare di una password di accesso al sistema TS SOGEI (annotazione Nas del 15.6.2015). Nel settembre del 2015 si registravano ulteriori episodi di sottrazione seguite da denunce, risultando in tal modo che le ricette sottratte dagli uffici del Distretto 36 di Ischia dell’Asl Na 2 Nord si aggirava intorno ad un migliaio».

E concludendo: «Ritiene la scrivente di condividere le argomentazioni svolte dal pubblico ministero, atteso che gli elementi esposti depongono per la sussistenza di un grave quadro indiziario a carico del predetto indagato, custode dei ricettari sottratti dallo stesso ed apparentemente assegnati ai medici di base che, in realtà, non li hanno mai ricevuti».

Una convinzione contestata dalla difesa nel primo faccia a faccia utile, avvenuto pochi giorni dopo l’esecuzione del provvedimento cautelare; che nella sostanza è andato a modificare le responsabilità del Fermo. Era difficile, peraltro, che il gip in questa fase si “rimangiasse” in toto il suo provvedimento e precisando ancora che non vi erano esigenze cautelari. Non sfiorando minimamente l’aspetto più delicato e determinante sui gravi indizi di colpevolezza.

 

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