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mercoledì, Maggio 1, 2024

Parcheggio della Siena, nuova bordata di siluri della difesa di Santaroni contro il Comune

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L’ordinanza di demolizione impugnata dinanzi al Tar. Il prevedibile ricorso si fonda in particolare sulla contraddittorietà e tardività del provvedimento adottato dal responsabile dello Sportello Unico Edilizia lo scorso 7 marzo. Le varianti non avrebbero richiesto l’autorizzazione paesaggistica. La richiesta di sospensiva richiama i danni che derivano dal blocco del cantiere nell’imminenza della scadenza del permesso di costruire, il “famoso” danno economico per la Turistica Villa Miramare e l’interesse pubblico alla realizzazione del parcheggio

Come previsto, la difesa di Santaroni ha impugnato dinanzi al Tar Campania l’ordinanza di demolizione del parcheggio della Siena adottata dal responsabile dello Sportello Unico Edilizia del Comune d’Ischia ing. Francesco Iacono il 7 marzo. Il ricorso a firma degli avvocati Gianluca Maria Esposito e Angela Parente per conto della Turistica Villa Miramare chiede l’annullamento previa sospensiva dell’ordinanza e di altri atti, in particolare la relazione di accertamento tecnico del 6 marzo 2023 a firma dello stesso responsabile del SUE.

Un ricorso che si fonda essenzialmente sulla contraddittorietà e tardività del provvedimento adottato. E a supporto di questa tesi si ricostruisce innanzitutto la vicenda, ad iniziare dal permesso di costruire n. 38 del 26 novembre 2010 e la connessa Autorizzazione paesaggistica n. 1/2010. Aggiungendo che «in corso d’opera, la ricorrente ha comunicato all’Ufficio le cinque seguenti varianti, le prime tre relative a modifiche alla distribuzione interna della sala polivalente, e le altre due aventi ad oggetto lavori espressamente esclusi dall’autorizzazione paesaggistica». Allegando le asseverazioni con le quali il tecnico progettista dava atto che «l’intervento ricade in zona tutelata, ma le opere non comportano alterazione dei luoghi o dell’aspetto esteriore degli edifici ovvero non sono soggetti ad autorizzazione…». Ricordando che il permesso di costruire era stato prorogato per ben due volte.

Nel ricorso si fa anche riferimento all’intervento della Soprintendenza che aveva richiesto una verifica al Comune. Dapprima l’Utc non rilevava anomalie, ma successivamente, a marzo 2022, esprimeva rilievi sulla quota di copertura e il corpo ascensore ordinando la sospensione parziale dei lavori, ma «lasciava decorrere il termine decadenziale dei 45 giorni, senza adottare provvedimenti con piena riespansione dello ius aedificandi, consentendo alla ricorrente di portare avanti l’opera…». Quindi arrivava il noto provvedimento di sospensione da parte della Soprintendenza oggetto del ricorso al Tar poi superato dagli eventi successivi. Ovvero l’adozione del provvedimento impugnato, l’ordinanza di «“demolizione e rimessione in pristino dello stato dei luoghi” nella quale, in contraddizione con gli accertamenti del 3/2/2022 e del 28/3/2022, è scritto che “i titoli edilizi in variante, ovvero la SCIA prot. 15419/2014, la DIA prot. n. 29448/2016, la SCIA prot. n. 17874 del 14.05.2020 e la SCIA prot. n. 2664/2021, riguardanti opere innovative comportanti evidenti alterazioni dell’originario stato dei luoghi, sono inefficaci in assenza di autorizzazione paesaggistica”. Con tale ordinanza l’Ufficio ha disposto la demolizione “di tutte le opere in sito” indicate quali varianti da A) a M), e quindi dell’intero complesso edilizio oggetto delle SCIA e DIA citate in premessa, prodotte anche ai sensi dell’All. A al DPR n. 31/2017, in quanto ritenute improvvisamente inefficaci per l’assenza di autorizzazione paesaggistica».

I MOTIVI DEL RICORSO

Si arriva dunque ai motivi per i quali l’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima. Iniziando a contestare che «Il primo dei molteplici vizi che inficiano l’ordinanza impugnata origina dalla erronea rappresentazione dei presupposti di fattosulla cui base è stato adottato, da parte della Soprintendenza, il provvedimento conclusivo del subprocedimento» per la struttura in elevazione senza il preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Sostenendo che «trattasi di erronea valutazione dei presupposti di fatto, in quanto detta struttura di copertura dell’ascensore, lato sala, era stata regolarmente autorizzata con il PdC n. 38/2010 rilasciato dal Comune di Ischia previa Autorizzazione vincolante della Soprintendenza del 08/07/2010, rinnovata con Autorizzazione paesaggistica n. 61 dell’11/11/2019».

Quindi arriva il primo pesante attacco al Comune: «Ad ulteriore riprova che tale struttura e i due elevatori erano già regolarmente autorizzati dal P. d. C. del 2010, vi è che mai alcuna contestazione in tal senso è stata successivamente mossa dal Comune, il quale, venendo meno ai suoi compiti, ha omesso di precisare alla Sovrintendenza che tale struttura fosse regolarmente autorizzata con il P. di C. del 2010.

E’ perciò evidente l’eccesso di potere che in via derivata inficia anche il provvedimento impugnato con il presente ricorso, con il quale il Comune, pur consapevole della inesistenza degli abusi e delle modifiche ipotizzate dalla Sovrintendenza, ha comunque ordinato la demolizione delle opere sulla base di una autonoma ed erronea motivazione priva di qualsiasi connessione logico giuridica con il provvedimento presupposto.

Ed invero, comparando i due provvedimenti, è del tutto palese la discrasia tra quello della Soprintendenza e quello del Comune: mentre il primo è fondato unicamente sulla installazione dei suddetti profilati metallici, regolarmente autorizzati, il secondo manca di ogni riferimento ad essi e in modo del tutto apodittico stabilisce che “i titoli edilizi in variante… riguardanti opere innovative comportanti evidenti alterazioni dell’originario stato dei luoghi, sono inefficaci in assenza di autorizzazione paesaggistica”. Vale a dire vengono immotivatamente dichiarati inefficaci titoli edilizi definitivamente consolidati, e aventi ad oggetto lavori già in precedenza valutati come pienamente legittimi in sede di esame del P. d C. e delle successive SCIA, titoli che, stante il decorso dei termini di legge, sono perciò insuscettibili di essere annullati sia in sede giurisdizionale che in autotutela». Battendo sulla contraddittorietà con quanto precedentemente certificato dall’Utc.

TERMINE SCADUTO

Quindi si richiama l’attenzione dei giudici amministrativi sulla tardività dell’iniziativa comunale, evidenziando che «l’unico provvedimento idoneo a privare di efficacia la SCIA è quello di annullamento, da adottare a pena di decadenza entro il termine di un anno dall’emanazione del provvedimento. Poiché tale termine decadenziale, nella specie, era già abbondantemente decorso (la prima SCIA è del 2014 e l’ultima del 2021), è evidente lo sviamento di potere che inficia l’atto impugnato, nel quale, per mascherare la perdita del potere di provvedere sulle SCIA, si è fatto ricorso all’anodina dichiarazione di inefficacia delle stesse che frattanto, a causa del decorso del suddetto termine, sono divenute definitive». E anche in questo caso l’Utc si sarebbe contraddetto.

Dunque «In conclusione, le opere eseguite sono rigorosamente conformi ai titoli edilizi e anche l’altezza, che supera di 2 cmquella di progetto (9 mt), rientra quindi abbondantemente nella tolleranza di legge, mentre superficie e cubatura complessive sono ben inferiori a quelle progettuali e l’asserita traslazione, comunque, in ipotesi, anch’essa nei parametri consentiti, non configura in base alla giurisprudenza amministrativa una traslazione, ma una minimale “irregolarità geometrica”». E a sostegno si richiama la perizia giurata dell’ing. Rispoli.

Il “bombardamento” di contestazioni all’operato del Comune non si ferma qui, anzi diventa ancora più determinato. L’ordinanza violerebbe la normativa del 2017, in base alla quale non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica «opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell’area di sedime». Aggiungendo che «E’ questa la fondamentale ragione per la quale, nella specie, l’esonero dall’autorizzazione paesaggistica è stato più volte confermato dall’Ufficio Tecnico con i citati provvedimenti, nei quali ha espressamente accertato la corrispondenza dei lavori ai predetti titoli».

PROVVEDIMENTO IMMOTIVATO

Ne consegue che «è del tutto palese la contraddittorietà dell’ordinanza demolitoria, in cui l’Ufficio sostiene che i titoli edilizi in variante, da esso sempre ritenuti efficaci, improvvisamente “sono inefficaci in assenza di autorizzazione paesaggistica”. Come già precisato, l’ordinanza collide con tutti i precedenti accertamenti istruttori, nei quali l’Ufficio ha affermato la piena validità dei titoli stessi». E «Trattasi di insanabile contraddittorietà tra esiti dell’istruttoria e decisione finale che dimostra lo sviamento di potere dal quale è viziata l’ordinanza, posto che l’Ufficio, per poter qualificare i lavori come ipotesi di abuso (comunque inesistenti), ha modificato ex abrupto la sua interpretazione circa la piena efficacia dei titoli, in violazione della disciplina vigente sulla definitività degli atti amministrativi».

Un’ordinanza che violerebbe anche lo stesso Regolamento urbanistico ed edilizio di Ischia e inoltre carente di motivazione: «Poiché dopo nove anni dalla prima SCIA l’Ufficio ha modificato la posizione sulla efficacia di tali titoli, esso era necessariamente tenuto a spiegarne le ragioni, motivando la illogica scelta di discostarsi dalle risultanze istruttorie, nelle quali aveva invece dato atto della piena loro validità, come si ricava dal fatto che li aveva assunti a parametro della verifica di piena conformità dei lavori sinora svolti, al netto di leggere discrasie.

Trattasi di un arbitrario cambio di rotta, che l’Ufficio non è stato in grado di giustificare venendo meno all’obbligo imposto dall’art. 3 della l. n. 241/1990».

Altro siluro sempre sulla tardività dell’azione comunale: «Ciò dimostra che l’ordinanza, resa a distanza di nove anni dalla prima SCIA e a due anni dall’ultima, è illegittima in quanto l’amministrazione ha frattanto perso tanto il potere di provvedere, quanto il potere di agire in autotutela. Per liberare il campo da equivoci, si fa presente che nella specie l’Ufficio con il suo operato ha ingenerato nella ricorrente il pieno affidamento circa il perfezionamento delle SCIA, provvedendo alla richiesta di integrazioni documentali, acquisite le quali, ha dato espressamente atto della loro corretta produzione, senza aver mai rilevato alcuna necessità di rilascio di autorizzazione paesaggistica».

Il termine per annullare quei titoli edilizia sarebbe abbondantemente scaduto, ma la difesa di Santaroni rincara la dose: «Va inoltre evidenziato che tale annullamento è ammissibile solo in presenza di un interesse pubblico dell’amministrazione. Nella specie è l’opera edilizia realizzata dal privato che soddisfa una esigenza primaria della collettività, in quanto ha ad oggetto la costruzione di un parcheggio interrato aperto ai privati in uno dei Comuni dell’isola in cui è maggiore la carenza di posti auto».

LA RICHIESTA DI SOSPENSIVA

Quanto alla richiesta di sospensiva, viene così motivata: «Il periculum in mora è in re ipsa, dal momento che l’ordinanza di demolizione ha indotto i VV.UU., quale polizia giudiziaria, a disporre il sequestro del cantiere che non potrà esser revocato fino a quando conserverà efficacia l’illegittimo provvedimento di demolizione, ovvero fino a quando – eventualmente tra mesi e mesi – altro tecnico d’ufficio non relazioni diversamente».

E qui si richiama, come nel ricorso contro il provvedimento di sospensione adottato dalla Soprintendenza, la scadenza del permesso di costruire il prossimo 30 giugno: «Infatti, l’ordinanza demolitoria ha dato luogo ad un “corto circuito” con effetti irreversibili per la ricorrente, che solo l’intervento dell’Ecc.mo Tribunale può scongiurare, prendendo atto della inconsistenza delle contestazioni mosse ovvero, ragionando per assurdo, della insufficienza delle difformità contestate a generare le sanzioni irrogate, addirittura demolitorie».

Come anche il danno economico che subirebbe la Turistica Villa Miramare, che i giudici amministrativi già per il precedente ricorso non avevano ritenuto di prendere in considerazione alla luce proprio del provvedimento adottato dal Comune. Ribadendo quindi l’interesse pubblico alla realizzazione del parcheggio e “avvertendo” l’Amministrazione comunale sui rischi a cui andrebbe incontro: «E’ interesse dello stesso Comune la concessione della misura cautelare, perché in tal modo esso non sarà esposto al gravoso rischio degli ingenti danni che sarebbe chiamata a risarcire nel caso dell’ingiustificato protrarsi della sospensione dei lavori e del sequestro del manufatto e del suo deterioramento».

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