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Daily 4ward di Davide Conte del 20 ottobre 2023

“Sto cercando di trovare le parole, ho bisogno di parole
Parole convincenti, parole penetranti,
che ti fanno un buco in testa e che poi lasciano frammenti in ogni dove
schizzi di miseria chiazze di paura brandelli di sogni e resti di cultura,
parole come raffiche di mitra in un mercato
o come missili sparati al terzo piano di un palazzo,
che facciano male cazzo,
parole tanto forti da zittire tutto il mondo occidentale,
solo per un attimo, soltanto per provare ad ascoltare, l’impotenza, il rancore…
parole a fare male, picchiate sulla faccia come calci di fucile
e pugni e sputi e schiaffi, parole… parole a ricordare,
per non dimenticare che lo stato d’Israele si è insediato in Palestina con la guerra, 

trentacinche anni fa’, e che nun se ne vonno ‘i,
e la grande israel già se chiamma Filastin, e duecentomila ‘e lloro
nun tenevano ‘o diritto ‘e s’insedià, ma quale equidistanza qui
parole partigiane a fare agguati a carri armati che rincorrono ambulanze
parole per cercare di fermare la mattanza
coscienti che farebbero più effetto un po’ di missili anticarro e che in sostanza
parliamo per parlare mentre in Filastin si lotta e muore 

coltivando la speranza di veder nascere un fiore…”
Sotto il murale di Jorit, su quella parete del Liceo “Buchner” di Ischia “imbrattata” con i soldi nostri per ben ottantamila euro e forse più, c’erano esattamente queste parole inneggianti all’autonomia della Palestina contro l’oppressore sionista. Così come nell’occhio destro del personaggio femminile ivi raffigurato (che mi rifiuto categoricamente di definire “Santa”) si intravedeva la bandiera palestinese, poi magicamente eliminata in corso d’opera per chissà quale “motivo d’opportunità”. 

Quelle parole, mutuate da un brano dei leader di 99 Posse e Zion Train (salvo modificarne il “trentacinche” in “cinquantacinche”), oggi tornano di grandissima attualità e dovrebbero far riflettere i soliti falsi moralisti di sinistra, che quell’opera l’hanno lautamente finanziata e decantata, salvo poi rappresentare pubblicamente la loro enorme contraddizione interna sul giudizio del conflitto in corso tra Hamas e Israele. E questo, a prescindere dalla veridicità di certe rivendicazioni sulle responsabilità storiche e spesso evidenti dell’una e dell’altra parte. 

Intanto, forse sarebbe giunto il tempo giusto per eliminare definitivamente quel murale e tutto ciò che sottintende. Compreso errori impuniti e imbarazzi inaccettabili.

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