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mercoledì, Maggio 1, 2024

Dott. Enzo Sarnelli: “Il disagio della modernità. Quando a parlare è il corpo”

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In Italia sono circa 3 milioni i giovani che soffrono di DCA (disturbi del comportamento alimentare), le cause sono multifattoriali, molto dipende anche dall’ambiente esterno e dalle capacità del soggetto di rispondere agli eventi del ciclo di vita. Quando a parlare è il corpo in assenza del pensiero superiore, rischiamo di impattare con un vuoto che se non viene riconosciuto e trattato, rischia di trasformarsi in patologia.

La bellezza soggettiva può essere un valore aggiunto alla personalità, convivere con entrambe richiede capacità personali che si nutrono di sacrificio e volontà, il segreto è trovare l’integrazione tra più fattori ecologici e realizzare il proprio Sé relazionale, coltivando sentimenti animici. La bella e la bestia, l’amore e l’odio, ma anche la bramosia del potere. L’uomo, da sempre, è stato abituato alla separazione tra bene e male e per salvarsi deve riuscire a superare le apparenze, i possibili inganni che la vita può presentare. Facendo un breve salto nella storia, l’idealismo degli anni 70, confluisce nell’edonismo dei mitici anni 80, abbandonata ormai la convinzione di rinnovare il mondo, l’attenzione si sposta sulle forme e sul corpo. Il termine narcisismo dilaga, per giustificare un modello di funzionamento psichico che predilige la bellezza per nascondere qualcosa forse un disagio.

Nell’immaginario pubblico, l’essere esteticamente belli corrisponde ad essere forti, potenti e anche fortunati. E’ anche vero, che l’età post moderna è fortemente influenzata dal potere dei media: la mano dell’artista nell’antichità, proponeva un canone di bellezza idealizzata con statue, che raffiguravano imperatori e condottieri, non solo attraenti, ma anche capaci moralmente e portatori sani di virtù. Oggi, nei talent show, giovani brillanti devono superare prove estenuanti, per dimostrare di valere, ma devono anche saper dosare la giusta dose di  bellezza che qui gioca un doppio significato. L’essere solo belli fisicamente, può suscitare facili giudizi che colpiscono direttamente la persona al cuore, minando l’autostima. Negli ultimi decenni, si è diffusa sempre di più, l’immagine di una bellezza standard, soprattutto per le donne, basata su un ideale corporeo perfetto e magro. Agli uomini, invece, tocca essere snelli e muscolosi. L’eccessiva importanza riservata all’immagine corporea, è frutto della convinzione, abbastanza fondata, che per essere socialmente accettati, bisogna apparire in forma, sorridenti, sempre pronti e dinamici.

Le fasce più giovani sono particolarmente vulnerabili alle “beauty passerelle mediatiche”, dove sfilano ragazzine esili, poco sorridenti. Oltre i riflettori, la realtà ci propone spaccati di vite dove gli adolescenti sono impegnati in un delicato processo di costruzione della propria identità di genere, in cui il corpo gioca un ruolo importante; è il mezzo per contattare il mondo, ma anche per rifiutarlo. La percezione del proprio corpo è strettamente legata all’autostima. Le ragazze che si scontrano con se stesse sono le più colpite dal fenomeno. I soggetti con personalità narcisistica, possono apparire superbi, arroganti e manifestano un senso di superiorità.

In realtà, questi soggetti celano un sentimento di inadeguatezza, si sentono indifesi, spesso hanno una sensazione di vuoto interiore e hanno il timore che gli altri possano scorgere le loro fragilità, fatte di un mondo completamente diverso da ciò che lasciano vedere. Dunque non è tutto oro ciò che luccica, quando la bellezza corporea, resta slegata dai suoi componenti di base, il rischio di confluire nel pregiudizio esterno e quindi di andare alla deriva, è alto. Un disagio profondo che interessa non solo gli adolescenti ma anche gli adulti, attratti dalle relazioni sociali ma nello stesso tempo intimoriti dall’affermazione di sé, poco abituati a gestire la precarietà e la competizione, si va alla ricerca di un dato certo, quantificabile che pesi il valore effettivo, l’autostima. Simbolicamente il peso, qui rimanda all’aspetto corporeo, a come siamo fatti. Il corpo è uno strumento pratico di relazione sociale tra i più pragmatici. Con il nostro corpo, con la bellezza, ci presentiamo e ci facciamo accogliere ma rischiamo anche di essere respinti e giudicati dal mondo. Un aspetto piacevole ed interessante è sicuramente, un buon biglietto da visita. Tuttavia, con l’aspetto corporeo, si ricade nel giudizio soggettivo difficilmente misurabile. La bellezza è soggettiva e per essere apprezzata deve necessariamente attraversare le difficili acque della negoziazione continua con l’altro, che può gradirci o meno e che esprime giudizi più soggettivi che obbiettivi. La reazione a queste dinamiche provoca una sensazione di mancanza di controllo. 

Di qui la scelta paradossale: il controllo del corpo diventa fine a se stesso, in una corsa estenuante in cui l’obiettivo iniziale, la conquista del bello infallibile per poter essere accettati e piacere agli altri, scivola via, cedendo il posto alla magrezza, che diventa un valore predominante e caratterizzante i pensieri e i comportamenti della persona. Per questi motivi, risulta complesso l’aiuto per persone che hanno smarrito la strada, per coloro che ingannati dalle apparenze, sono finite nella convinzione di consumare se stessi per un pensiero parossistico. Qui i paradossi della modernità centrano, ma ciò che “pesa” di più, è anche il tipo di relazione nella quale si è cresciuti. Belli e virtuosi, ma anche solo affascinanti, ciò che è importante è conviverci bene, trovare la via di mezzo nelle cose, è sempre stato un dilemma per l’uomo. 

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