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domenica, Aprile 28, 2024

“…assenza di violazioni edilizie e di definitiva legittimazione”: il prof. Conte promuove la Siena

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Il Comune non ha mai avviato una iniziativa per l’attuazione di quella previsione di interesse pubblico, né, dopo l’inutile decorso del quinquennio di efficacia dalla originaria entrata in vigore del PRG (1983), una iniziativa di variante del medesimo strumento urbanistico, al fine di conferire al sito una nuova disciplina urbanistica.

Gaetano Di Meglio | La storia urbanistica ed edilizia del parcheggio della Siena torna attuale, urgente e di primo piano. L’aspetto politico è chiaro e si legge nella direzione – forse unica – di dover leggere il futuro del paese prima dei centimetri di differenza. Il braccio di ferro è stato vinto ed Enzo Ferrandino può fare come Silvester Stallone in “Over the top” e girarsi la visiera del cappellino.
Turistica Villa Miramare Spa, la società del parcheggio e dell’auditorium, come vi abbiamo annunciato in esclusiva ieri, ha presentato il nuovo progetto, con le nuove quote, richiesto dalla Soprintendenza relativo al piano rialzato del parcheggio. Un progetto che parla da solo.
Un progetto che, nel frattempo, è sostenuto da un parere in materia urbanistica ed edilizia sottoscritto dal Prof. Sebastiano Conte. L’altra parte del cielo ischitano in materia.

“Da oltre 10 anni – scrive l’urbanista baranese – è in corso la iniziativa della realizzazione, nell’area denominata “Siena”, come ubicata nella zona di accesso al Centro Abitato di Ischia Ponte, nel Comune di Ischia, in area sita a ridosso della spiaggia ed in adiacenza al complesso alberghiero Miramare, della medesima proprietà, di una struttura finalizzata alla dotazione di un auditorium con annesso parcheggio multipiano, essenzialmente interrati, al servizio sia della struttura alberghiera adiacente sia dei frequentatori del Centro di Ischia Ponte, carente di qualsiasi attrezzatura del genere. La morfologia del suolo e del sottosuolo ha presentato difficoltà che hanno comportato un allungamento dei tempi di realizzazione, fino al punto che negli ultimi tempi sono sorte delle contestazioni, che hanno reso necessario formulare indicazioni finalizzate a pervenire al completamento dell’opera in piena legittimità superando equivoci e non appropriate valutazioni. Essendo – aggiunge – stato interessato professionalmente fin dall’origine nella fase del rilascio dei titoli abilitativi, in considerazione della conoscenza della disciplina urbanistico-edilizia e paesaggistica vigenti nell’isola d’Ischia, mi viene ora chiesto di esprimere un contributo professionale orientato al superamento delle recenti contestazioni, alla luce del contesto normativo nel cui rispetto si è collocata la iniziativa fin dalla sua attivazione.

Il contesto normativo sotto il profilo urbanistico-edilizio
“Appare utile richiamare l’attenzione sulla circostanza che – continua Conte -, sotto il profilo della disciplina urbanistico-edilizia, nulla è cambiato rispetto allo scenario di disciplina vigente alla data di rilascio del permesso di costruire originario e delle varianti prodotte in corso d’opera.
Come fu posto in evidenza, dopo che era stata già conseguita la autorizzazione paesaggistica con provvedimento n.1 del 24/9/2010, al fine del corretto e sereno rilascio del permesso di costruire furono svolti degli approfondimenti in merito alla disciplina urbanistico-edilizia applicabile in quel sito.
Ciò in quanto a quell’epoca il territorio comunale era disciplinato dal un Piano Regolatore Generale approvato da quasi 30 anni (Decreto dell’Assessore Regionale n.5071 del 22/6/1983, pubblicato sul B.U.R.C. n.41 del 18/7/1983, e all’Albo del Comune il 24/8/1983), e si ponevano interrogativi sulla perdurante vigenza ed efficacia di molte delle sue previsioni. Fra quelle che sicuramente avevano perso efficacia vi era anche quella che riguarda l’ambito territoriale nel quale è ubicato l’intervento del quale si tratta.
Secondo il Piano Regolatore Generale – evidenzia il prof. Conte -, come vigente all’epoca ed ancora oggi a Ischia, l’area interessata dal predetto intervento è identificata come zona territoriale omogenea F2, classificata come Territorio destinato a verde pubblico, e, quindi, rientrante negli standard urbanistici, la cui disciplina è contenuta nell’art.15 delle Norme Tecniche di Attuazione del medesimo PRG.

Esso stabilisce che “Sono ammessi campi di gioco per ragazzi e spazi di riposo per anziani con la relativa attrezzatura. Sono escluse costruzioni stabili. Indice di piantumazione: 400 alberi di alto fusto per ettaro.
Sono escluse costruzioni stabili e trasformazioni del suolo o del sottobosco. E’ vietato il taglio degli alberi. Per le costruzioni esistenti è ammesso il solo restauro conservativo alle condizioni prescritte dall’articolo 7. Gli interventi (impianti, strade, ecc.) potranno modificare una superficie non eccedente l’8% dell’area interessata, se la zona interessata è soggetta a vincolo idrogeologico.” Si trattava, fin dall’origine, di previsione comportante vincolo di natura espropriativa soggetto a decadenza, laddove nel termine quinquennale dalla data di entrata in vigore del PRG, come previsto dall’art.2 della L.19.11.1968, n.1187, il Comune non avesse provveduto ad approvare progetti di intervento o piani attuativi, finalizzati a dare concreta attuazione alle predette previsioni per standard urbanistici riservati alla iniziativa pubblica, non derivante da una qualità intrinseca del bene, bensì di una scelta discrezionale della Pubblica Amministrazione, configurante una condizione preordinata all’espropriazione del suolo per fini di pubblica utilità, che, se non avviate ad attuazione entro cinque anni dalla entrata in vigore del PRG, decadono in conseguenza dell’esplicita disposizione di legge prima citata (ora riprodotta nell’art.9, comma 2, del DPR 8.6.2001, n.327). Il Comune – a questo punto Conte attacca l’ente di Via Iasolino – non ha mai avviato una iniziativa per l’attuazione di quella previsione di interesse pubblico, né, dopo l’inutile decorso del quinquennio di efficacia dalla originaria entrata in vigore del PRG (1983), una iniziativa di variante del medesimo strumento urbanistico, al fine di conferire al sito una nuova disciplina urbanistica.
In conseguenza di tale inerzia, le aree gravate da tali vincoli decaduti sono divenute “zone bianche” del P.R.G., assimilate alle zone prive di disciplina pianificatoria e assoggettate, per questo, alla disciplina urbanistico-edilizia fissata dalla legge (statale o regionale) appositamente dettata per il territorio dei Comuni sprovvisti di strumento urbanistico, che, nella Campania, era contenuta nella L.R.20.3.1982, n.17, (detta Legge D’Angelo), e, specificamente, nell’art.4, nel quale risultava stabilito che “In ogni caso per le opere di interesse pubblico di cui all’art. 16 della legge 6 agosto 1967, n. 765, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, è consentita la realizzazione nel sottosuolo di opere accessorie (quali garage, sala convegno, ristorante, etc.), purché completamente interrate e di attrezzature complementari (quali piscine, campi da gioco e simili), purché non comportino l’aggiunta di nuovi volumi.” Alla luce ed in applicazione di tali disposizioni venne rilasciato il permesso di costruire, per la realizzazione dell’intervento sul quale era stata già conseguita la autorizzazione paesaggistica.

La concreta attuazione, le problematiche verificatesi e le attività risolutive.
Il parere di Conte, poi, continua con “La realizzazione delle opere assentite è stata molto complessa a causa di difficoltà intervenute nel corso dei lavori, per la presenza nel sottosuolo di falde acquifere, alimentate anche dalla vicinanza del mare. Tale situazione è stata portata alla conoscenza dei competenti uffici comunali, essendosi rivelata necessaria la presentazione di iniziative per modeste variazioni. Resta il fatto che la consistenza planovolumetrica non è stata accresciuta, ma, per alcune porzioni e modalità, anche leggermente ridotta, mentre dalle circostanze indicate e da alcune ulteriori necessità, sono derivati modesti scostamenti, per quanto riguarda la quota di impostazione ed altri elementi, senza che, tuttavia, ne derivasse alcun incremento di volume o di superficie utile.
Di tali circostanze – chiosa -, lo si ripete, è stata resa edotta la Pubblica Amministrazione con diverse rappresentazioni prodotte nel corso degli anni, senza che ne venisse sostanziale contestazione, fino al punto che nel rapporto dei Funzionari Comunali illustrativo delle risultanze dell’accertamento tecnico relazionato con nota prot.8033/2022 del 28/2/2022 viene affermato che “E’ emerso, pur rilevando lievi divergenze rientranti nella tolleranza (2% come da art.34 bis, comma 1 del D.P.R. 380/01), che l’immobile fin qui realizzato corrisponde per sagoma, superficie e volume a quanto riportato nei grafici allegati” ….ai titoli elencati” sottolinea con educata cazzimma l’urbanista montano.

“Dalle ultime verifiche – aggiunge ancora Conte -, il progettista e direttore dei lavori ha dato atto della persistente attuale sussistenza della condizione prima richiamata, come affermata nel rapporto del febbraio 2022, in merito alla sostanziale conformità delle opere eseguite con i titoli edilizi, e del fatto che le difformità rilevate, prive di sostanziale incidenza quantitativa apprezzabile, in riferimento alla volumetria ed alla superficie utile, rispetto a quelle assentite, sono state causate da condizionamenti tecnico-operativi derivanti dal particolarissimo stato oggettivo dei luoghi. E’ emersa anche la opportunità e la necessità di variare la configurazione del piano di copertura – mette nero su bianco Conte – eliminando il pergolato e lasciando la intera copertura “a verde” così da garantire la visuale del Castello Aragonese e del mare ai passanti sulla Via Pontano e a tutti i residenti. E’ evidente che in tale condizione, che consente di affermare, sia, che la consistenza planovolumetrica dei corpi già edificati non presenta eccedenze rispetto all’autorizzato, bensì unicamente variazioni non apprezzabili in termini di superficie utile e di volume, sia, che la variata configurazione “a verde” del piano di copertura non comporta alcuna edificazione, può trovare applicazione, per quanto riguarda la disciplina paesaggistica, quanto stabilito dall’art.167, commi 4 e 5, del D.Lgs.22/1/2004, n.42, nel testo oggi vigente, laddove viene stabilito che: “4. L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.”

E’ ben vero, dunque, che i fabbricati sono stati realizzati nel rispetto e in conformità ai titoli edilizi, salvo le minimali difformità che si configurano come “A.31. (DPR 13/2/2017, n.31) opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell’area di sedime.” sono ora comprese nell’Allegato A, che individua le opere che non abbisognano più di autorizzazione paesaggistica.
Tuttavia – continua Conte -, nonostante il fatto che tale circostanza, in merito al contenimento delle eventuali piccole difformità, nel limite di tolleranza del 2% di cui all’art.34 bis del DPR 380/2001, è stata anche riconosciuta, come prima rilevato, nel verbale di accertamento comunale del 28/2/2022, ancorché a fini urbanistico-edilizi, appare utile ed opportuno, che la variante della copertura del fabbricato predisposta dalla Società costruttrice (con la eliminazione del pergolato e la configurazione “a verde”) unitamente all’intera opera sia sottoposta al parere di compatibilità paesaggistica di cui all’art.167 del D.Lgs.42/2004, prima richiamato, onde fugare ogni possibile dubbio e conseguire una dichiarazione di piena legittimità delle opere effettivamente eseguite, rientranti nella fattispecie della predetta normativa, di cui all’art.167, comma 4, lett. a), del D.Lgs.42/2004.
Ciò anche perché emerge con assoluta evidenza la circostanza che, una volta conseguita la dichiarazione di accertamento di compatibilità paesaggistica, essa costituisce la base di certezza, affinché anche sotto il profilo urbanistico-edilizio si riconosca che sono effettivamente sussistenti le condizioni previste dall’art.34 bis del DPR 380/2001 per affermare in via definitiva che l’intero immobile rientra nella condizione di assenza di violazioni edilizie e di definitiva legittimazione, atta ad escludere la adottabilità di qualsiasi misura sanzionatoria.”

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