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venerdì, Maggio 3, 2024

Verso il 21 agosto. Pronti ad un’altra ondata (di banalità, demagogia e scemità varie)

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Continuare a dire che la ricostruzione è ferma perché ci sono ancora le case puntellate è la peggiore delle cose che possiamo raccontare. Quei puntelli servono a garantire i diritti dei cittadini di Casamicciola. Quei puntelli servono, ancora oggi, a garantire la ripresa alla normalità di quelle zone.

Editoriale di Gaetano Di Meglio | Come una condanna, a breve, saremo nuovamente invasi da un’ondata di banalità, demagogia e scemità mista ad abusivismo selvaggio, ad analisi superficiali, a posizioni superate dalla realtà e, soprattutto, dalle sciocchezze che raccontiamo in giro.
Leggere il reportage del bravo Iurillo sul Fatto Quotidiano di ieri è la prova. Un racconto parziale, adattato alla linea editoriale del peggiore quotidiano d’Italia che, però, non discosta tanto da quella che è la narrazione che riusciamo a produrre.
Prima di ogni altra considerazione, però, vorrei demolire la cosa che ci ripetiamo spesso. Lo scrivo tutto maiuscolo così, forse, si capisce meglio: NON SERVE UN UFFICIO STAMPA! L’UFFICIO STAMPA UNIFICATO O DIVISO NON SERVE A QUESTO.

Non sto qui a fare lezioni ulteriori, il dato essenziale è questo, però, vi aggiungo qualche piccolo dettaglio: nessun giornalista per scrivere un pezzo chiama l’ufficio stampa. Anzi, tutto quello che dice l’ufficio stampa diventa lo spunto per andare a trovare altri argomenti e altri lavori.
Quello che viene fuori, però, è ancora la parzialità del racconto. Una parzialità che si offre alle più facili strumentalizzazioni e una narrazione locale che non riesce a superare i luoghi comuni. Per lo spazio che si ha disposizione, per le fonti che si ascoltano e per le cose che si vedono.

Continuare a dire che la ricostruzione è ferma perché ci sono ancora le case puntellate è la peggiore delle cose che possiamo raccontare. Quei puntelli servono a garantire i diritti dei cittadini di Casamicciola. Quei puntelli servono, ancora oggi, a garantire la ripresa alla normalità di quelle zone.
Capire che esistono due diritti, ugualmente importanti e che vanno difesi entrambi, è la missione che dovremmo aver tutti.

Quando Iurillo riporta la dichiarazione di Nicola Di Iorio: “l’ischitano lo scoglio non lo abbandona. Vuole morire qui, senza lasciare la sua casa” e poi aggiunge “È la sintesi della situazione: l’ischitano medio attende il ritorno degli acquazzoni senza paura e ai limiti della rassegnazione” descrive quello che è un diritto di Nicola Di Iorio e di tutti gli altri – non solo ischitani – ma di tutti gli altri cittadini del mondo. Purtroppo, però, anche grazie alla zizzania dispersa dai fascisti del verde come quelli di Goletta e Legambiente, questo diritto diventa un diritto “abusivo” e meno importante dell’altro: quello che deve essere riconosciuto e difeso di quanti, invece, vorranno andare via da quelle zone, non vorranno più avere la paura degli acquazzoni e vorranno vivere altrove. Però diventa una colpa e questo diritto perde di valore.
Perché? Perché o non è abusivo o, perché, non collide con quello della “baracca ‘e Franc e Curagg”. Dobbiamo capire che i diritti sono diritti senza, però, limitare questa operazione alle deformazioni dei diritti, alle manomissioni dei diritti o, peggio ancora, alle violazioni di questi diritti che pure siamo abituati a vivere.

In questi giorni ne leggeremo, sentiremo e vedremo di tutte le forme e di tutte le specie: speriamo di venire fuori non come al solito.
Dal 26 novembre al 21 agosto, abbiamo fatto cose che non si sono fatte per 60 anni, ma restiamo con la testa bassa guardando i semi che non cresceranno mai della demagogia e del luogo comune. Non vedere Piazza Bagni riaperta, non vedere gli alvei ripresi, non vedere gli interventi realizzati, non vedere che con tutte i nostri acciacchi e le nostre zoppicature, la piccola porzione di terra fragile inizia ad avere contorni nuovi e diversi è folle, sbagliato e autolesionistico.
È vero, mancano tanti soldi, c’è ancora tanto da fare e le nostre battaglie non sono finite. Dobbiamo lottare per avere altri fondi, altre norme, altri interventi. Dobbiamo lottare per avere una nuova dimensione del rischio, dei suoi effetti. Lottare per avere una regolamentazione territoriale diversa e più puntuale e aggiornata ma questo fa parte del “normale”. L’italiano medio, per dirla con Iurillo, sa come vanno le cose in Italia.

Siamo la nazione che non riesce a sfoltire le liste d’attesa per una mammografia e vorremo avere tutte le case ricostruite al Maio. Magari senza risolvere il nodo condoni, senza garantire i diritti ai cittadini e far valere la bugia più grande di tutte: “sono case abusive”. Prepariamoci al festival dei luoghi comuni, delle ovvietà e della strumentalizzazione.
Siamo la nazione che ha vissuto il dramma dell’alluvione di una intera regione, l’Emilia-Romagna, e che dà credito ad una segretaria di partito che è tra il 2015 e il 2022 ha ricevuto ha ricevuto oltre 190 milioni di euro per la realizzazione di 23 casse d’espansione – opere essenziali in caso di piena di fiumi e torrenti – ma di queste ne funzionano solo 12.
Non inizierò oggi ad essere un fautore del detto “mal comune mezzo gaudio” ma continuo ad essere uno che resta con i piedi per terra, considera tutte le circostanze, analizza i dati in suo possesso e cerca di essere obiettivo. Soprattutto su quello che lo riguarda.
E, soprattutto, uno che non crede alle bacchette magiche.

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