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venerdì, Maggio 3, 2024

Verde e Della Gatta respingono le accuse e rispondono al giudice

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Un interrogatorio ove entrambi respingono l’accusa di aver incendiato l’autocarro di proprietà della società “La Fontana Italpozzi” di Casal di Principe. Rimettendo le accuse che sono state rivolte ai due indagati a conclusione di un’indagine che si è avvalsa di numerose intercettazioni telefoniche. Il Verde ha ribadito di non conoscere l’imprenditore Caterino e di non essersi mai occupato di trivellazioni, ma solo operato nell’ambito dell’apposizione di asfalto

Paolo Mosè | La revoca della misura degli arresti domiciliari si gioca tutta dinanzi al tribunale del riesame. E’ necessario verificare le posizioni degli arrestati Alberto Della Gatta e Vittorio Verde. Accusati di aver incendiato un autocarro Iveco di proprietà della società “La Fontana Italpozzi srl”. Per motivi di rivalità nell’aggiudicarsi lavori di trivellazione e perché la parte offesa sarebbe riuscita ad ottenere maggiori consensi ed attenzione da parte soprattutto di numerosi imprenditori alberghieri che si rivolgevano a questa società di Casal di Principe escludendo quelle isolane.

E’ questo il nocciolo della questione su cui si poggia l’unico capo d’imputazione contestato ad entrambi di incendio: «Perché, in concorso tra loro, cospargendo di liquido infiammabile la cabina di guida dell’autocarro Iveco, modello Eurotech, tg. EJ132FH, di proprietà della società “La Fontana Italpozzi s.r.l”, con sede in Casal di Principe, rappresentata legalmente da Caterino Luigi, parcheggiato all’interno del parcheggio comunale in Ischia alla via SS270, cagionavano l’incendio del predetto autocarro, con fiamme che divampavano e avvolgevano anche l’autocarro Fiat Iveco modello 335.10, tg. AR596VM, di proprietà della società “Fiam s.r.l., con sede in Napoli, rappresentata legalmente da Antonio Abbondante, parcheggiato nelle vicinanze dell’autocarro Iveco innanzi citato, nonché una parete di una struttura prefabbricata, utilizzata come bagno pubblico di proprietà della società EAVbus s.r.l. (società poi fallita), che si occupava del trasporto pubblico, utilizzata come bagno pubblico presente nella medesima area».

I due hanno risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari Fabrizio Finamore, che ha ritenuto di accogliere in toto la richiesta avanzata dalla procura della Repubblica. Ma gli indagati contestano queste conclusioni e lo hanno ribadito durante l’interrogatorio che si è svolto, ovviamente separatamente, nell’ufficio del giudice al centro direzionale. E ognuno di essi ha raccontato di non avere, sostanzialmente, nulla a che spartire con l’incendio doloso appiccato l’11 marzo del 2019 nel parcheggio Guerra (ove oggi invece sostano i veicoli che si debbono imbarcare sui traghetti e dove è stata allocata una struttura per l’acquisto dei biglietti). Ed ognuno a ribadire inoltre che non vi erano condizioni, né cause pregnanti per portare a compimento un simile gesto.

L’INTERROGATORIO DI DELLA GATTA

Il primo ad essere chiamato nella stanza del giudice è stato Alberto Della Gatta, assistito dall’avv. Nicola Nicolella. L’indagato ha ribadito la propria estraneità ai fatti, ma ha anche ammesso che nel passato ha avuto qualche screzio sia di natura tecnica che sostanziale con il titolare de “La Fontana Italpozzi”, Luigi Caterino, la cui società ha sede a Casal di Principe. Un comune che è tutto una storia, perché legato a quella immagine riferibile ai cosiddetti Casalesi, una organizzazione criminale a cui lo Stato ha inferto pesanti fendenti con l’arresto dei capi indiscussi dell’organizzazione. E durante le indagini sono state sottoposte ad intercettazioni telefoniche alcune utenze perlopiù facenti riferimento ad Alberto Della Gatta. Ed è stato proprio lui ad escludere a priori che sia stato lui ad incendiare l’autocarro, a provocare danni ad un veicolo delle medesime dimensioni e ad una struttura adibita a gabinetto. Come si rileva dallo stesso capo d’imputazione. Non aveva alcuna necessità di ritrovarsi coinvolto in una vicenda simile. Tant’è vero che lo stesso Della Gatta si è dichiarato vittima di una situazione tutta territorialmente legata all’isola d’Ischia, per essere stato preso di mira da altri soggetti che ne contestavano la sua capacità imprenditoriale. Di aver avuto successo, di essersi attrezzato adeguatamente per soddisfare le richieste della clientela soprattutto privata. E si contestava al Caterino di svolgere una concorrenza non sempre nei limiti, ma perlopiù votata a mettere in difficoltà e in ginocchio i possibili concorrenti. E questo certamente non può essere consentito in un mercato libero, ove esiste il necessario confronto ma con una limitazione ben definita. E proprio in alcune intercettazioni telefoniche il Della Gatta si fa sfuggire alcune considerazioni definendo la società di Casal di Principe collegata ad ambienti poco chiari. Le sue parole, però, sono più esplicite e fanno riferimento ad un possibile “lavaggio” di risorse finanziarie.

LE RISPOSTE DI VERDE

Per la verità già nella ordinanza di custodia cautelare la posizione di Vittorio Verde appare alquanto più defilata. Lui viene accusato di concorso in questo incendio doloso, di aver dato una mano probabilmente di natura “collaborativa” nel portare a compimento il disegno criminoso. Vittorio Verde, rappresentato dal difensore di fiducia avv. Michele Regine che ha presenziato al suo interrogatorio, ha descritto sostanzialmente in modo diverso la ricostruzione dei fatti da come l’accusa l’ha riportata nella richiesta di applicazione di un provvedimento cautelare. Ha detto il Verde di essere stato in macchina con il Della Gatta, ma di averlo lasciato poco dopo, tant’è vero che qualche tempo dopo i due si sono sentiti telefonicamente. E l’avv. Regine a puntualizzare che questo aspetto va a smentire il mosaico accusatorio secondo il quale i due avrebbero provveduto ad incendiare l’autocarro Iveco. E al momento del fuoco nella sua potenza massima, che si alzava mentre bruciava soprattutto la cabina, lui si trovava ad Ischia, ma era in compagnia di un’altra persona ed insieme sono rimasti sbalorditi da ciò che stava accadendo. Questo aspetto era stato già segnalato ai carabinieri che hanno condotto le indagini, ma che non è stato preso in considerazione. Tant’è vero che nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari non si fa cenno a questo aspetto. L’altra circostanza su cui il giudice ha chiesto più volte spiegazioni è sulla esatta posizione del Verde al momento dell’incendio. Sottolineando all’indagato che era stato agganciato dal ripetitore del Montagnone. Sia la difesa che lo stesso Verde hanno precisato che il ripetitore del Montagnone si trova a distanza di qualche chilometro partendo dal porto, dove è allocato il parcheggio Guerra, e bisogna percorrere la stradina via Nuova dei Conti e giungere in località Fiaiano per poi incunearsi in un’altra stradina per raggiungere il posto esatto. Per chiarire che quel ripetitore serve una vasta zona del comune d’Ischia e non solo. Quando la sua utenza è stata agganciata da questo ripetitore, non vuol dire che si trovasse nel punto esatto ove è stato distrutto l’autocarro. E su questo c’è stata riflessione da parte del giudice Finamore. Alla fine dell’interrogatorio il Verde ha chiarito di non essere affatto un concorrente del Caterino, non occupandosi di attività di trivellazioni, essendo la sua ditta perlopiù impegnata ad apporre asfalto sulle strade e sui tetti delle abitazioni. Di non averlo mai conosciuto e quindi di non aver mai avuto screzi con lui. Il suo difensore di fiducia avv. Michele Regine ha infine sottolineato che non sussistono affatto esigenze cautelari, in quanto manca la possibilità di reiterare un reato che non ha commesso, come invece sostiene il provvedimento del gip.

Non c’è stata alcuna richiesta di revoca della custodia cautelare al gip. La difesa ha ritenuto del tutto superfluo presentare un’istanza ad un giudice che ha disposto l’esecuzione del suo provvedimento nelle 24 ore precedenti all’interrogatorio. Più giusto e più articolato affrontare questa vicenda nella camera di consiglio dinanzi al collegio del riesame e lì giocarsi tutte le carte e sottoporre all’attenzione gli elementi che contrastano e che vanno a diminuire il mosaico accusatorio e a indebolire di fatto la stessa ordinanza.

L’ORDINANZA DEL GIP

L’attuale parte offesa viene ritenuta dal giudice credibile. Perché il suo racconto fatto agli investigatori trova piena corrispondenza nei fatti e nelle successive verifiche che sono state compiute. E in questo passaggio dell’ordinanza ci si sofferma proprio sulla posizione del Della Gatta, prendendo spunto da ciò che l’imprenditore di Casal di Principe riferisce: «Luigi Caterino dichiarava ai militari operanti che per l’incendio del proprio autocarro aveva presentato denuncia al Commissariato P.S. di Ischia (si veda copia del verbale di denuncia in atti). Il Caterino dichiarava di aver avuto circa due anni addietro un alterco con Alberto Della Gatta per motivi di concorrenza nel lavoro (in particolare, il Caterino aveva svolto lavori di trivellazione presso un albergo ove, in passato, aveva già svolto lavori il Della Gatta).

A seguito di accertamenti, i militari operanti constatavano che Alberto Della Gatta era dipendente della società “Trivellazione Della Gatta s.r.l.”, intestata alla di lui moglie.

Nell’immediatezza dei fatti, il Della Gatta, escusso a s.i., riferiva di non sapere chi fosse il proprietario dell’autocarro con trivella incendiato, e precisava di essere passato più volte durante la giornata dell’11.3.2019 sul tratto di strada ove erano avvenuti i fatti, non avendo notato alcuna trivella su di un camion.

Il Della Gatta indicava ai militari i suoi spostamenti durante la giornata dell’11.3.2019».

A queste dichiarazioni si procedeva ad una serie di riscontri, per verificare se avesse riferito la verità o meno: «In base alle indicazioni fornite dal Della Gatta, venivano acquisiti presso la ferramenta “Cinquegrana” di Casamicciola Terme i filmati di videosorveglianza interni, dalla cui visione emergeva che il Della Gatta, dalle ore 20.27 alle ore 20.33, si trovava all’interno dell’esercizio commerciale; la visione di tale filmato consentiva di appurare che le fattezze fisiche e l’abbigliamento indossato dal Della Gatta Alberto coincidevano con il soggetto che, dalle successive ore 21.34 alle ore 21.37, effettuava, con volto travisato, rifornimento di benzina con una tanica presso il distributore “Esso” di Lacco Ameno. Occorre evidenziare che la distanza tra il distributore “Esso” di Lacco Ameno ed il luogo ove si trovava l’autocarro incendiato l’11.3.2019 è pari a km 5,100, ovvero ad una distanza compatibile con l’orario dell’evento delittuoso».

IL CASO PASCALE

C’è da sottolineare un altro aspetto del tutto particolare e che è ben raccontato nell’ordinanza cautelare, sulla base di ciò che sottoscrisse nell’informativa un sottufficiale dell’Arma: «Vi è da rilevare, inoltre, che, in data 21.3.2019, alle ore 23.02. il Lgt. De Luca del Nucleo Operativo e Radiomobile di Ischia, veniva contattato sulla propria utenza telefonica dalla utenza intestata ed in uso al Della Gatta Alberto, il quale segnalava un altro incendio, riferendo testualmente”Maresciallo, mandate una pattuglia sul posto. Mi hanno incendiato il deposito, però hanno sbagliato posto, hanno incendiato il deposito accanto al mio!”, e che, a seguito di accertamenti, emergeva che era stato incendiato il deposito di Salvatore Pascale, confinante con un terreno agricolo, e che tre veicoli (un autocarro, una vettura e un motociclo), di proprietà del Pascale ivi parcheggiati, erano stati avvolti dalle fiamme.

Il deposito del Pascale, interessato dalle fiamme, dista 50 metri circa da quello di proprietà di Alberto Della Gatta e il Pascale è cugino di Giacomo Pascale, attuale sindaco p.t. del comune di Lacco Ameno, che il 5.9.2017 fu aggredito dal Della Gatta per motivi relativi all’affidamento di lavori da appaltare in somma urgenza a seguito del sisma del 21.8.2017 (fatti per i quali è stata esercitata l’azione penale nei confronti del Della Gatta – come da copia in atti del decreto di citazione diretta a giudizio emesso)».

Con la distruzione dell’autocarro di Caterino e dell’incendio denunciato dal Della Gatta, il gip richiama le indagini della Procura, le cui conclusioni vengono condivise dal gip: «E’ verosimile ritenere, condivisibilmente con l’assunto del pubblico ministero, che vi sia quindi un collegamento tra i due incendi innanzi citati: in particolare, il Della Gatta appare animato dall’intento di allontanare i sospetti su sé stesso e ricondurre al Caterino, quale ritorsione per l’incendio del suo camion, l’incendio del 21.3.2019».

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