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venerdì, Maggio 3, 2024

Luisa e Francesca: passione senza età… per Massimo

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4WARD di Davide Conte

Martedì 30 agosto, Arena del Negombo, ore 20.00: Luisa, giovincella di belle speranze, arriva fiera e acchittata con la mise delle occasioni che contano, sotto braccio dei sue due nipotini teen-agers, reduce da un tragitto in autobus Ischia-Lacco Ameno e da una lunga (e un po’ faticosa) passeggiata attraversando tutto il Corso Rizzoli. Per un obiettivo del genere, neppure il caldo incombente poteva mai risultare un fattore ostativo. Di contro, Francesca, classico viso acqua e sapone da tredicenne, occhiali incapaci di celare uno sguardo intelligente e dolce al tempo stesso: arrivo più o meno simultaneo a quello di Luisa e nipoti, il suo, in compagnia di mamma e papà, inconsapevole di cosa le sarebbe accaduto di lì a poco, ma con la sensazione trasparente di avvicinarsi a qualcosa di realmente speciale.

In mia compagnia, entrano in anticipo nell’arena, mentre il sound-check dei soli musicisti era già in corso. Che strano sentire quei suoni slegati, ognuno per sé, ad opera di volti dall’aria seriosa e con l’andirivieni di tecnici alle prese con microfoni, mixer, spie e riflettori: tutto molto nuovo e affascinante. Ma… entrambe sembravano chiedersi: “Lui, dov’è?

Luisa e Francesca, due generazioni totalmente diverse a confronto: quella del dopoguerra, delle gonne al piede, del boom turistico che cambiò la vita a molti dalle nostre parti, della prima e della seconda Repubblica, a confronto con quella dei Pokemon Go, dei freestyle rappers, dell’antipolitica e dei jeans sdruciti. Eppure, questo incontro del tutto casuale, le ha portate nello stesso posto per una passione in comune: entrambe, sono fans sfegatate di Massimo Ranieri.

Proprio così: due persone così eterogenee e non solo anagraficamente, si ritrovano a vivere, insieme, l’evento fortunato di poter, di lì a poco, incontrare l’idolo di sempre. E se nel caso di Luisa è semplice trovare una giustificazione basata quanto meno su una certa coevità, per Francesca bisogna andare molto più a fondo, forse anche oltre la semplice, storica tradizione presente nel ceppo familiare materno nei confronti dell’artista di Santa Lucia.

Una mezz’oretta d’attesa ed eccolo finalmente spuntare sul palco: giacca e panta neri, capelli scombussolati come e più di sempre, bretelle che fanno capolino sulla camicia grigia. Ascolta attento i primi accordi in comune tra fiati, piano e contrabbasso, accenna il tempo della batteria con l’armonioso ondeggiare della mano destra e poi, di lì a poco, i primi frammenti di canto per la prova microfono. Noialtri, pronti ad attenderlo in pieno backstage, con Luisa già al corrente (ma comunque in corda) di cosa le sarebbe successo e Francesca che, invece, stava lentamente realizzando la sorpresa che i suoi genitori erano riusciti, con la mia complicità, a riservarle. Poi, l’abbraccio come tra vecchi amici (lo conosco e frequento per lavoro solo da due anni, ma sembra una vita), l’affettuosità quasi filiale nel regalare sorrisi, abbracci e baci a Luisa, pronta, dopo un rituale “Lei per me è il più grande di sempre” a vincere l’emozione ed entrare in intimità con un “Posso chiamarti Massimo?”, e lui pronto a replicare con: “Anche Minimo”, chiedendomi schiettamente: “Dai Davide, portamela al Diana!”. Poi, la sorpresa di vedere indosso a Francesca una t-shirt bianca con la sua fotografia e, in mano, un autografo con dedica ottenuto furtivamente all’Augusteo tre anni prima. Incredulo, continuava a stringerla a sé e a ringraziarla, spiegandole poi (con l’umiltà dei più grandi, aggiungo io) che avrebbe assistito ad un concerto dove lui sarebbe stato il peggiore, mentre quei jazzisti avrebbero prodotto vera e preziosa musica per le sue giovani orecchie, invitandola ad apprezzarla. E lei, Francesca, incredula della tenerezza che il “suo” Massimo le stava reiteratamente dedicando (forse stupito da una fan dall’età decisamente insolita ed inaspettata), sembrava gravitare in un’altra orbita, proseguita in un concerto a cui ha assistito in prima fila, insieme a Luisa, con attenzione e soddisfazione da fare invidia a tanti adulti apparentemente più esperti di buona musica e, quasi certamente, non dotati della sua stessa sensibilità.

Luisa e Francesca: per loro una serata speciale, senz’altro vissuta da un osservatorio diverso, ma con una dose straripante di gioia pulita in comune. Proprio così, gioia pulita, quella che può accomunare solo individui apparentemente fuori dal mondo e dalle mode, quelli –per così dire- diversi agli occhi dei più, ma felici di ritrovarsi uguali a pochi e con pochi, insieme a passioni altrettanto pulite e unconventional che, in fin dei conti, sono perlopiù basate su una semplicità ed una genuinità che di questi tempi rappresentano merce rara. E se le due ore e un quarto di concerto hanno comunque avuto termine, è indubbio che mente e cuore di queste due donne si siano arricchite di un bagaglio dal contenuto prezioso ed inesauribile nel tempo. Loro due, entrate in punta di piedi, reciprocamente sconosciute, per poi salutarsi come vecchie amiche tornando finanche a casa insieme.

E io… felice, come e più di loro. Perché quando riesci a fare del bene, anche con piccole cose, vuoi o non vuoi, ti senti più ricco. La vita, spesso, ha uno strano metronomo, questo è sicuro. Ma che bello quando riesci a tenerne piacevolmente il tempo…

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