In vista della Supercoppa di Lega disputata ieri a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita, si sono riaperte su alcuni canali le polemiche già sorte in occasione dei campionati del mondo di calcio in Qatar relative all’opportunità o meno di disputare una competizione così importante in un paese dove i cittadini vengono privati di alcuni tra i diritti umani fondamentali. E se nel caso dei mondiali il problema era più complicato da affrontare, considerato che la FIFA è di fatto un organismo globale, quello dell’evento di ieri è legato unicamente ad una scelta della Federazione Italiana e, quindi, tutta nostra.
Non sono certo diventato un falso moralista, anzi, più passano gli anni più cerco di restare con i piedi ben saldi a terra e in preda ad un oggettivo realismo. Ecco perché dico e penso: ma veramente ritenete possibile, di questi tempi, che si rifiutino centinaia di milioni di euro dagli sceicchi per svolgere uno spettacolo calcistico targato Italia in casa loro e non in uno dei nostri stadi? O pensate che le casse sempre più languenti del mondo pallonaro possano fare a meno di queste forme -per quanto involutive- di nuova finanza corroborante?
Ritenere che una qualsiasi forma di protesta o privazione legata isolatamente ad un evento sportivo possa portare a cambiare le regole in paesi laddove potere e religione si intrecciano scaturendo totalitarismi a dir poco intollerabili ma altrettanto inattaccabili, è un po’ come puntare a risolvere il problema dell’immigrazione clandestina creando nuovi centri d’accoglienza, ma senza pretendere di disciplinarne i flussi e distinguere i veri rifugiati dagli autentici delinquenti, lasciando che nei loro paesi d’origine i trafficanti di esseri umani continuino indisturbati a fare il bello e il cattivo tempo.
I meccanismi di relazione e cooperazione internazionale sono logori e lungi dalla realtà, ma soprattutto sopraffatti da interessi che volano troppo più in alto delle teste di noi, semplici umani. E questo vale un po’ ovunque e per tutti i campi. Potremo mai farcela?
