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venerdì, Maggio 3, 2024

Anna Savarese rende omaggio a zi’ Totonno con “Filumena Marturano”

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Gianni Vuoso | Chi non conosce la famosa commedia di Eduardo De Filippo “Filumena Marturano”? E’ uno dei
capolavori della drammaturgia mondiale. Certo, non fa ridere, come si dice, è poco divertente, a volte strappa qualche sorriso. La sua drammaticità è profonda. I suoi messaggi sono forti e indelebili e sono utili per tutte le stagioni.
Sono tre atti che Eduardo inserisce nella sua “Cantata dei giorni dispari“. La scrisse per la sorella Titina, la cui interpretazione è ormai memorabile, ma altrettanto indimenticabili sono quelle di Regina Bianchi, Pupella Maggio, Valeria Moriconi, di Mariangelo Melato. Forse quella di Lina Sastri, che abbiamo visto insieme a Luca De Filippo, è stata secondo noi, una vera delusione. Un’opera di valore immenso, trasformata anche in film, come “Matrimonio all’italiana” di de Sica, con la Loren e Mastroianni. E ovviamente, tradotta in numerose lingue.
“Filumena Marturano” mette in scena la crisi della famiglia patriarcale, quel tipo di famiglia che è amata dal marito, don Mimì. Filumena sottolinea invece, la forza dell’unità della famiglia e del reciproco rispetto dei coniugi e il rispetto verso i figli, anche quelli di una prostituta. E per ricordare questi valori al marito, la grande Filomena afferma: “Dummì, ‘o bello de’ figli l’avimmo perduto. Figlie so chille che se teneno mbraccia, quando so’ piccirille ca te danno preoccupazione quanno stanno malate e nun te sanno dicere che ses sentono…che te corrono cu’ ‘e braccelle aperte dicenno: Papà…Chille ca’ ‘e vvide venì d’ ‘a scola cu’ ‘e manelle fredde e ‘o nasillo russo e te cercano ‘a bella cosa…”.
Artisti di fama, come abbiamo citato, si sono cimentati per cercare di raggiungere il pathos, il calore, la carnalità che ritroviamo in Titina o Pupella. Non da meno sono gli artisti amatoriali. Ad Ischia, l’ultima in ordine cronologico, è stata Anna Savarese che ha portato in scena Filomena perché da anni, glielo chiedeva il suo indimenticabile zi’ Totonno. “Un piccolo omaggio al lavoratore, all’artista e all’uomo che è stato!” Ha scritto sua nipote Anna sulla brochure diffusa durante le serate al Polifunzionale. Per lei è stata una fatica immensa, soprattutto fisica e una sfida che forse ogni vero artista deve essere in grado di affrontare: quello di presentarsi dinanzi al pubblico a qualsiasi costo, con la febbre o con poca voce, senza forze e priva di energia, con la gola arsa, che non ti permette neppure di emettere la più semplice delle battute e che ti costringe a tenere a portata di mano, un bicchiere d’acqua che il copione non prevede. Ma Anna doveva farlo per uno zio che ad ottant’anni desiderava salire sul palcoscenico per realizzare il suo sogno: interpretare Mimì Soriano accanto alla nipote. Anna sembra fragile, minuta ma è una donna volitiva e c’è riuscita. Tanto che ha messo su una nuova compagnia che ha chiamato “Laureati di marciapiede”. Perché? Perché non utilizzare qualche altro gruppo già attivo?
“Avrei potuto chiedere al gruppo degli Scacciapensieri ma per loro Filumena Marturano non fa ridere e loro hanno l’obiettivo di fare teatro per far divertire. Rispettiamo le opinioni. E allora- chiarisce la Savarese- abbiamo deciso di creare un gruppo nuovo”
E il nome come lo avete scelto?
“Zio Totonno era molto amico del grande attore Paolo Ferrari, che oggi è giunto alla bella età di 88 anni. Quando veniva ad Ischia si incontravano spesso, Ferrari apprezzava le doti artistiche di mio zio, e zi’ Totonno pendeva dalle sue labbra ma era timoroso di esprimersi per evitare errori e poi sapeva bene di non essere all’altezza di un artista come quello che aveva di fronte. Ma Ferrari gli rispondeva sempre che lui non doveva temere, perché è vero che non aveva seguito lunghi corsi di studi, infatti aveva frequentato solo l’Avviamento professionale, ma poteva ritenersi un laureato di marciapiede per dire che sapeva tanto della vita, degli uomini, delle cose, dei sentimenti, più di tanti altri laureati veri. E allora, ricordando questo aneddoto, ho voluto chiamare questa compagnia così. Ma noi siamo attori amatoriali, umili, consapevoli dei nostri limiti. Infatti, ci siamo affidati a chi ha dimostrato di saperne più di noi, a Claudio Iacono che ci ha guidato indossando gli abiti del regista ed è riuscito a limare la commedia, a sfrondarla di lungaggini, parti pesanti, a renderla più appetibile, più veloce e leggera, conservando l’essenza dei messaggi. Claudio ha curato ogni aspetto, dalla dizione al movimento, agli spazi, alle espressioni. Non è stato facile. Come non è stato facile convincere l’amico Marco Vitolo a interpretare Mimì Soriano. Lui diceva di essere un macchiettista e che non avrebbe potuto trasformarsi in un attore drammatico. Ma chi ha visto il nostro lavoro ha apprezzato anche la sua prova”.
Anna è entusiasta, anche se ancora senza voce e affaticata. A casa sua conserva i cavalletti con le foto dello zio, ma anche tanti cimeli che potrebbero essere gli oggetti salienti di un eventuale Museo di zi’ Totonno: mobili antichi, un tagliere da macellaio, pastori, un violino, la sua chitarra e tanto altro ancora. Ciò che colpisce il visitatore è però l’amore profondo, immenso col quale Anna parla e ricorda quest’uomo che ad Ischia è stato un personaggio. A bottega fin da ragazzo, dal macellaio Pasqualino ‘e ricchiella (il papà dell’avv. Giovannino Di Meglio), a vent’anni riesce ad aprirsi una macelleria tutta sua, grazie all’aiuto economico ricevuto da conoscenti. E per una vita intera, trascorre le sue giornate fra lavoro, musica, teatro, poesia e incontri gastronomici con amici, sorretto anche da una moglie, la signora Susy, che apprezza le sue doti con tanto amore. Tantissime le esibizioni negli alberghi, nei ristoranti, nelle piazze, durante le feste di paese. Nunzio Albanelli ha pubblicato nel suo volume “Largo Croce”, una foto che ritrae Totonno Savarese mentre canta sul famoso Tondo di Marc’Aurelio, quello che si erge al centro del Porto d’Ischia e che oggi versa in pessime condizioni. Quando è morto zi’ Totonno, sua nipote ha convinto la famiglia a non diffondere le solite preci. Le ha sostituite con un simpatico volumetto di 38 pagine contenenti alcune sue poesie e un cd con alcune sue canzoni: Canzone bella, ‘O vino d’Ischia, Casetta rosa, Signorinella, ‘Nnammuratella, Fenesta vascia. In testa alla sua foto l’invito “Ricordatemi così”. La forma più simpatica per ricordarlo in tutta la sua vivacità, elegante e galante, generoso e attento a non trascurare gli amici. Tra questi Andrea Impagliazzo del “Giardino degli Aranci”, Commendatore e Cavaliere, insignito di onorificenze d’ogni tipo: “Cantava nel mio locale-ricorda- e io lo presentavo come uno dei più bravi cantanti. A volte si presentava nel locale tanto per trascorrere la serata insieme a me ed a qualche amico. Ad un certo punto gli chiedevo: che bbuo fa’, te vuo’ mena’? Gli chiedevo se aveva voglia di esibirsi e allora cominciavo a toccarsi la gola, ad allungarla, a fare prima un po’ il prezioso e poi cedeva inevitabilmente e cantava per tutta la sera. Simpaticissimo. Gli chiedevo di cantare le due canzoni del sindaco Vincenzo Telese, Rusenella rosa e va e poi Casetta rosa, strappava tanti applausi”.
E anche dopo la sua scomparsa zi’ Totonno è ancora sul palco. Con un video che lo presenta in varie pose e la sua voce come colonna sonora. Un vero omaggio. Sipario.
I tre atti si succedono veloci. Ricca e classica la scenografia con pareti rivestite da carta da parato. Un botto di spese che le tre serate non riescono a coprire. Ma la soddisfazione è tanta e serve a pagare i sacrifici e le fatiche. I riflettori sono accesi su tre protagonisti: Filumena la cui interpretazione, come abbiamo già detto, nonostante l’impeccabile prova, è stata però rallentata dal cattivo stato di salute che non ha permesso alla brava Anna di esprimere tutta la passionalità, il calore, insomma di diventare per tre sere, “Filumena”; Rosaria Solimene, la confidente di Filumena, interpretata da una Teresa Sasso in forma perfetta, incisiva, vivace, chiara, dotata di una poliedricità espressiva che le permette di parlare con gli occhi, con un volto segnato da quei solchi che tanti chiamano rughe, ma che in realtà sono significativi percorsi che la legano a Eduardo; don Mimì Soriano in scena grazie ad uno, Marco Vitolo, che si è sempre espresso da macchiettista, tanto che ha superato davvero se stesso per affrontare un ruolo drammatico per lui del tutto nuovo e difficile, nonostante le lagrime vere versate in scena, ma certamente un pezzo da novanta in una compagnia che vuole andare lontano.
Infine: non è scritto in nessun angolo del cartellone ma è stato gridato a gran voce, la regia di Claudio Iacono. Bravo, bravo, bravo. Ha iniziato giovincello a far sorridere, ora sta crescendo a vista d’occhio e promette bene. Il suo sprint, la sua sicurezza espressiva, la sua immediatezza comunicativa connotano qualità di particolare rilievo e confermano il suo eclettismo che in scena l’autorizzano a passare con grande padronanza, dal ruolo di presentatore (protagonista di feste di quartiere fino a Sant’Anna) a quello di mattatore, di attore, di operatore video-cinematografico. E nelle vesti di regista…occulto è riuscito a garantire alla compagnia una compattezza pregevole.
Per la prima sera, non possiamo dimenticare l’esibizione del grande Nello Di Maio, ciliegina sulla torta, chiamato a far pesare su tutta la storia, la sua mole canora con un Ave Maria cantata per Filumena e don Mimì convolati a nozze.

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