Le recenti dimissioni di Gino Monaco, allenatore che tutti raccontano come un vero galantuomo, fatto che davvero sembra difficile da non credere, si legano in maniera forte a quelle di Billone Monti dall’Ischia Calcio. Un fattore che diventa attuale alla vigilia della semifinale da giocare domani al Mazzella e che, in verità, avremmo già potuto tenere in pugno se l’Ischia avesse giocato meglio fuori casa. Ma torniamo agli allenatori.
C’è questo filo perverso che accomuna le dirigenze del gioco a perdere che non si comprende e non si capisce.
Proprio come Billone, Gino Monaco è stato “trombato” (forse ieri, con il Bounty non sono stato troppo chiaro) dai suoi e, proprio come Billone, ha fallito un obiettivo importante.
Il primo l’accesso alla serie D dopo tre gare al cardiopalma, il secondo, invece, dopo una finale persa e un’altra gara di secondo livello. Eppure, entrambi, lasciano la panchina per due giovani amati, soprattutto e esclusivamente, dalla dirigenza.
Qualcuno dirà, “ma cosa vuoi? È normale…”. Beh, in verità, non è proprio così. Non è così perché, come nel caso di Monaco, abbiamo a che fare con un galantuomo e con un allenatore che saluta con stile e non crea polemica. Saluta, ringrazia e lascia. Nessun post verità, nessuna polemica, solo una dichiarazione affidata allo stesso staff che gli ha fatto le scarpe. Si, perché, diciamocelo, un periodo di alti e bassi in cinque anni, sostanzialmente di vittorie, ci può stare. Ma il piattino era già stato preparato. Proprio come con Billone e l’Ischia Calcio la scorsa primavera-estate.
Film che si rivedono che si collegano con il gioco a perdere di qualche dirigente gasato. Un amico esperto ha detto che la Virtus Libera inizia ad involversi. Letteralmente che sta regredendo e che sta vivendo un periodo di decadimento. Beh, più o meno quello che è successo all’Ischia.
Come vi abbiamo raccontato questa mattina in edicola con la puntuale cronaca di Giovanni Sasso, ieri Nello Di Iorio ha chiuso il bar a Testaccio e ha tenuto la prima seduta di allenamento al Pala Casale. L’ho scritto già ieri, la storia del “ti lascio perché ti amo troppo” non esiste in nessun film. E in nessuna squadra.
Gli amorosi sensi, nel calcio e come in tanti altri settori, fanno male se servono a nascondere altri scopi. Che gusto c’è a perdere una finale? Che gusto c’è a non salire in serie D? Che gusto c’è a giocare a perdere?
Sarà uno dei tanti miei limiti, ma non lo capirò mai…