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martedì, Maggio 14, 2024

Un mese dopo il terremoto. Pasquale Migliaccio “La nostra vita è sotto quelle macerie!”

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Il fondo di IDA TROFA |  Ci saremmo alzati e avremmo lavorato forte, avremmo lottato e sudato per rimanere aggrappati a te, per rimanere qui, per tenere in piedi quelle pietre di tufo messe su con sacrifico e sudore, masso dopo masso con le mani rotte dalla fatica, la fronte madida di sudore e la rabbia in corpo. Di taglio, a cardamone, di piatto impastate con l’acqua, impastate col vino, i solai sulle putrelle, sulle rotaie di vecchie ferrovie e di binari dismessi. Mai potrà comprendere chi non ha vissuto l’abbandono e l’assenza.
Avremmo sostenuto con forza i sacrifici dei nostri nonni delle nostre madri e dei nostri padri. Attenti e responsabili di tutto ciò che ci hanno dato con fatica e stenti, lacrime e dolore, di tutto quel che abbiamo, tutto quel che avevamo. Tutto per rimanere con te, terra incerta e ballerina, terra instabile e a volte crudele. Magari distratti, magari stanchi e provati. Saremmo rimasti con te e rimarremo ancora per rimetterti in piedi ancor più bella e forte. Lo abbiamo fatto, sempre, senza l’aiuto di nessuno e lo rifaremo ancora.
Casamicciola Terme, 21 agosto 2017, ore 20 .57, la terra ha tremato forte, poco secondi per portare via una piccolo lembo di paese, distruggere poche strade e minare dalle fondamenta la sicurezza di questa comunità. Majo, la Rita la nostra eminenza grigia covava sotto le piante dei nostri piedi, lambiva le fondamenta delle nostre case e poi è riemerso con un ruggito agghiacciante: un eruzione mancata, dicono.
Un terremoto di origine vulcanica e non tettonica del quale neppure gli esperti hanno capito nulla prima e durante, gli scienziati hanno tentato di comprendere poi.
Noi abbiamo visto solo morte e distruzione. Non sapevamo la magnitudo, nè l’entità non sapevamo davvero cosa fosse accaduto. Conoscevamo una sola parola: “Terremoto”. Dopo l’ansia di quei momenti abbiamo cercato di orientarci.
La domanda era sorta a noi, a noi finiti sotto le macerie, subito. Subito dopo aver visto la polvere alta levarsi in cielo, udito il rombare di quel boato sordo e cupo sotto ai nostri piedi. Non lo dimenticheremo mai, non dimenticheremo i voli dei bambini stravolti impastati di polvere e lacrime, le urla strazianti di chi ha visto la morte passargli accanto, di chi ha pianto le sue vittime.
Prima 3,6 poi 4.0. Prima a largo di Punta Imperatore, poi di monte vico ed infine a piazza maio, dicono ma noi ancora non siamo convinti di questa latitudine 40° 73′ 88” Nord e 13° 90’25”’Est con una profondità passata dai 10km assurdamente indicati in prima fase ad 1,73 km. È un caso internazionale l’errata classificazione della magnitudo del terremoto che ha colpito Ischia nella sera di quel lunedì. Nelle prime tre ore dopo il sisma l’Ingv ha sempre parlato di magnitudo 3.6, un valore considerato da subito troppo basso alla luce dei crolli e della devastazione causati dal terremoto. Dopo mezzanotte, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha cambiato valori, passando dalla magnitudo di 3,6 a quella di 4.0. Il nuovo valore è riportato sul sito dell’Istituto e si riferisce alla magnitudo calcolata sulla base della durata dell’evento (MD). L’evento è stato caratterizzato da una scossa principale alle 20.57, seguita da 14 repliche minori. Un evento fortemente condizionato da questo dato sbagliato, da mille congetture e tantissimi errori ed approssimazioni sopratutto dai cosi detti esperti.
Ad un mese esatto di brancola ancora nel buio in termini scientifici e sopratutto di ritorno alla vita.
Noi de Il Dispari abbiamo ascoltato Pasquale Migliaccio, padre di Salvatore Migliaccio e marito di Valentina, le prime due persone estratte vive dalle macerie del civico numero 7 di Via Serrato dove erano rimaste sepolte insieme con altre 8 persone. Tutte estratte vive.

L’INTERVSITA
Pasquale Migliaccio “La nostra vita e’ sotto quelle macerie!”
“Io ero a lavoro, lasciai la vespa in mezzo al Majo e corsi verso casa mia. Vicino la chiesa vi era la donna che ha perso la vita, ma io la vidi tra la confusione e la polvere. Non si capiva nulla più, ho subito pensato al peggio. Poi, dopo4 ore, presero mia moglie e mio figlio, vi era un poliziotto di Ischia e soprattutto il maresciallo dei Carabinieri De Luca. Quanto dolore e quanta fatica. Le nostre cose sono tutte intrappolate lì sotto e il mio avvocato sta chiedendo uno sblocco momentaneo per recuperare almeno la cassaforte. Non ho nulla, è un mese e le persone mi offrono tutto. A casa di mia mamma – continua Pasquale – vi era una amica a cena ed è capitato che ha perso la vita la sua amica e mia mamma è stata ricoverata.
Mia moglie stava lavando i piatti, ha detto che è stata una frazione di secondi, ha sentito la casa sollevarsi e poi ha visto che era tutto buio e pieno di polvere. La fortuna è stata che il frigo si è abbattuto e ha riparato mia moglie e mio figlio. Mia moglie cantava la ninnananna al piccolo Pasquale per farlo calmare» E’ questo il racconto ad un mese da quel non tanto lontano 21 agosto che ha segnato la storia di tutti noi.
«Ora aspettiamo lo sblocco per recuperare la cassaforte, è un mese che non abbiamo più nulla. Fortunatamente ho aiuto, ad esempio i francescani ci hanno dato una casa a Serrara. La mia casa e quella di mia mamma esistono dal 1940, e il piano terra ancora più antico. Il piano rialzato fu fatto forse nel 1985 o 1986 e non so se è abusivo o no. Io poi ho comprato casa di mia zia, che già era edificata negli anni ’40. Una vita di sacrifici distrutti in pochi secondi. Ora – conclude Pasquale – attendiamo e poi ci rimbocchiamo le maniche per iniziare tutto d’accapo, ma è difficile. Tanti anni di lavoro per riuscire ad avere i soldi per acquistare una casa e poi tutto svanisce».

2 COMMENTS

  1. Gentile direttore, a margine di questo articolo esauriente e commosso vorrei -non conoscendo la prassi giornalistica ed essendo anche poco preparata tecnologicamente- postare un ricordo delle due signore vittime del terremoto, autorizzandovi a sistemarlo dove ritenete opportuno.Grazie.

    Ricordiamo stasera due nomi, Maria e Carmela (Lina), due donne, due spose, due mamme, due amiche della gioia, della vita operosa,espansive, attive, generose, amichevoli; hanno profuso amore a piene mani, senza alcun risparmio.Diverse forse nelle vicende personali ma simili nell’attenzione semplice e serena a tutte le creature. Hanno amato il mare , il sole , il vento gli alberi ed i fiori, hanno amato sempre e soprattutto le persone. Anche a chi hanno incontrato poche volte, sull’uscio di casa o per le strade dell’isola, hanno lasciato una parola, un saluto, un sorriso che scalda il cuore. Le ricordiamo stasera: Maria come la madre di Gesù accogliente e sincera e Carmela (Lina) ancora Maria del Carmine, colei che implora grazie e la salvezza dal fuoco eterno.Stasera, quasi alle ventuno le ricordiamo senza trattenere le lacrime che saranno, balsamo e rugiada di affetto ; guardando il cielo capiremo che sono solo più lontane…Il terribile boato non potrà mai cancellare le loro voci, le loro carezze , i loro baci che sono ancora qui a Casamicciola e nell’intera isola per i figli, per lo sposo,per i familiari e gli amici, per tutti noi.

    • Aggiungo che mentre di Maria mi sono fatta un’idea da ciò che ho letto e sentito, convinta anche che chi lascia la sua terra e vive sola deve avere necessariamente amore e fiducia per il prossimo. Riguardo a Carmela (Lina) la mia conoscenza risale alla giovinezza di entrambe. Conosco bene le sue fatiche e i suoi sacrifici; profondamente religiosa ha dedicato la sua vita laboriosa alla crescita e all’educazione esemplare dei suoi sei figli insieme allo sposo ed all’apostolato sociale: con il sorriso sulle labbra e la gioia nel cuore.La morte sulla soglia di una Chiesa ci dice di lei quelle cose meravigliose che ce la faranno ricordare per sempre. Ciao, non addio carissime signore!

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