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martedì, Maggio 14, 2024

#raggid 04. Una questione di pressione

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04 Il 30 settembre scorso, durante Ischia-Termoli Juniores, già sul 2-0, ad un certo punto i padroni di casa riescono a prendere d’infilata la difesa ospite e Arcopinto, vivacissimo biondo attaccante destro si invola verso la porta. Il ragazzo è rapido, guizzante, tenace. Nel dover eludere la rincorsa difensiva del marcatore di turno tenta una incredibile giocata ad effetto poco dentro l’area ma la palla vien deviata “coi lacci” e l’occasione sfuma. Si dispera per pochissimo e torna correre e rincorrere. Probabilmente se avesse insistito la sua corsa prendendo una direzione da subito più orientata alla porta avrebbe potuto almeno concludere. Ma la giocata era stata davvero bella.
Nessun compagno di squadra si altera per l’opportunità sfumata e dalla panchina il tecnico Fondicelli non ha minimamente manifestato alcun disappunto, ha continuato a lasciar giocare.

Per la cronaca, ai distratti o ai disinteressati, la partita è finita 4-3 e quindi vinta al batticuore se si considera che ad un certo punto la si conduceva 4-0.
Il giorno dopo, al “Mazzella”, una direzione di gara ritenuta piuttosto imprecisa e poco puntuale è stata nell’immediato fortemente criticata dal tecnico Buonocore e da qualche dirigente di casa. Da allenatore comprendo che in quei momenti si possa anche sbottare per quanto il “tiro alla giacchetta nera” (o fucsia, o giallo fluo e così via) non è mai da ritenere uno sport valido ed utile: si rischiano squalifiche, multe e soprattutto si offrono facilissimi alibi a chi i risultati li deve conseguire sul campo. In quel momento, comprendendo ma non ammettendo lo sfogo, la cosa non mi è piaciuta.

Poi nella conferenza stampa prima della partenza per Budoni, l’allenatore dell’Ischia spiazza tutti – anche la stampa, che al contrario avrebbe avuto modo di spendere qualche altra borraccia di inchiostro – ritornando sui fatti della domenica precedente, sulle perplessità circa l’arbitraggio, ma ammonendo fortemente che il tutto era stato ampiamente resettato e che alibi per lui e la squadra non potevano e non dovevano esserci perché la cultura dell’alibi è e rimane l’anticamera del baratro.
Nella settimana pre-Budoni che riallineo temporalmente partendo addirittura dal sabato di gara del gruppo di Fondicelli, sono state queste due le cose più belle che mi permetto di appuntare sul petto dei miei due colleghi: del resto le prestazioni sono state buona quella dei ragazzi (con tutti i limiti del caso che magari potrebbero esser trattati in un altro momento) e buonissima – se non da podio da qualche anno a questa parte – per l’Ischia “grande”, anche in considerazione di chi e cosa aveva davanti.

Su questa base vorrei quindi parlare proprio di gioco, di voglia di provare a fare qualcosa in campo, di sviluppare alcune idee, almeno di predisporre a sé stessi delle soluzioni preferite e di come queste arrivino al pubblico che assiste e che segue la squadra incitandola, del perché tutto ciò possa essere o meno condivisibile e perché tutto ciò possa calzare su quello che vediamo al campo domenicalmente per le scelte che fanno gli alfieri gialloblù.
Nella prima puntata s’era scritto che quest’anno si sarebbe assistito difficilmente, nel girone dell’Ischia ed in Serie D in generale, a partite in cui le linee difensive avrebbero offerto (ad una visione statica della disposizione in campo) uno schieramento – almeno quello iniziale – con 3 difendenti: le squadre avrebbero presentato per lo più sempre linee a 4 e nelle cinque gare fin qui viste, le sei compagini (l’Ischia e le sue cinque contendenti) hanno fatto questa scelta.

Provo a semplificare massimamente: difendere a 3 (5), necessita di elementi con una determinata struttura fisica e particolari capacità tecniche ma soprattutto, didatticamente, ci vuole più tempo per l’assimilazione dei singoli, del reparto e della squadra di determinati automatismi su anticipi, temporeggiamenti, attacchi e duelli, scivolamenti, scalate, etc. Si potrebbe e si dovrebbe andare oltre ma ci fermiamo qui.
Questo per la fase di non possesso. Ma per la fase di possesso?
L’indimenticato prof. Franco Ferrari, vera luce per tantissimi anni della Scuola Allenatori a Coverciano fino al termine del primo decennio dei 2000, avrebbe ricordato a tutti che due principi della fase di possesso sono l’imprevedibilità e l’improvvisazione: la prima è leggibile (e quindi per questo prevedibile) almeno dalla squadra che mette in campo un certo agire mentre la seconda, facoltà dei singoli, è qualcosa che spacca ogni lettura perché figlia del talento e dell’intuito del calciatore (vedere un corridoio impossibile alla Pirlo, girarsi tra tre uomini e calciare imparabilmente, ad esempio), sconosciuta sia alla squadra di chi la mette in pratica che agli avversari.

Tralasciando il principio dell’improvvisazione, senza dubbio tanto caro all’estro di Buonocore e Brienza quando calciatori ed impossibile da replicare, per l’imprevedibilità ci viene in aiuto l’abbinamento all’incipit del gioco partendo dal portiere. È davvero una moda? Quali sono i vantaggi? Soprattutto, sono più i vantaggi o gli svantaggi? In queste prima cinque giornate l’Ischia ci ha sempre provato: da spettatori possiamo criticarla o dobbiamo aiutarla e supportarla in questa scelta?
I vantaggi della scelta, pure utile, per carità, di lanciare lungo sull’attaccante sono facilmente intuibili: si guadagnano in un nulla 50-60 metri di campo, si allontana la minaccia dai pressi della propria area di rigore e ci si avvicina subito a quella avversaria demandando al lavoro e alla fatica del proprio ariete la possibilità di far lavorare seconde palle e palle sporche per gli inserimenti rapidi e veloci dei propri compagni. Questo calcio viene oggi definito “calcio di pressione”, utile in condizioni specifiche, di svantaggio e in determinate fasi del match.

I contro infatti sembrerebbero essere molteplici o comunque superiori: statisticamente al 50% si perde il possesso e si faticherebbe molto di più per poi riconquistare la sfera; non si permette alla squadra di essere padrona del gioco, del palleggio e della possibilità di arrivare in porta in maniera più variegata e magari efficace; una maggiore fisicità dell’avversario svuoterebbe di ulteriori soluzioni lasciando il risultato ed il destino della gara ad una casualità che oggi nessuno è più disposto ad accettare. Mi piace anche pensare che attirare l’avversario permette di creare spazi da poter attaccare alle sue spalle “scollandolo” da un intervento del proprio portiere. Infine, “l’usura” della prima punta costretta sistematicamente a saltare per andare sulla sfera e delle seconde punte o dei centrocampisti in inserimento sarebbe altissima nell’economia della gara. Tutto ciò anche se un eventuale errore nell’impostazione potrebbe costare caro. Bisogna crederci ed insistere.
Del resto, l’Ischia ha dimostrato di essere già sulla via della guarigione per quanto riguarda l’approccio alla gara: le ultime due partite contro Cavese e Budoni ci hanno regalato un inizio meno sonnolento e distratto rispetto ai primi tre match e visto che le partite si decidono per lo più all’inizio ed alla fine (per mentalità e tenuta = “garra” per dirla alla sudamericana) le si dovrebbe lasciar fare ogni tentativo per arrivare a calciare in porta come crede di poter fare, anche a costo di qualche mugugno da parte di osservatori un po’ più tifosi che amanti ed esperti di calcio.

Nel frattempo, guardacaso, si torna dalla seconda trasferta sarda con i primi tre (rumorosissimi, roboanti) punti e con nella borsa anche tantissima convinzione, “confidence, not arrogance” dicono gli inglesi.
Intervistato a caldo da IL DISPARI al termine della gara casalinga contro la Cavese avevo detto che i metelliani avevano vinto una partita “sporca” come deve saper vincere chi ambisce a tagliare per primo il traguardo finale ma che la prestazione non faceva intravvedere tantissima luce in prospettiva mentre l’Ischia aveva perso una partita in cui aveva a tratti anche entusiasmato e che doveva avere tantissima fiducia per il prosieguo del proprio cammino: sono bastati solo sette giorni a darmi ragione, l’Ischia torna vincitrice dal temibilissimo campo del Budoni e la Cavese stecca in casa contro un onestissimo (e poco altro) Atletico Uri.
Il “calcio”, quindi, è per definizione assai diverso dal “pallone”, lo dico riprendendo anche un adagio caro ad Arrigo Sacchi: “il calcio è la cosa più importante tra quelle meno importanti”. Per questo bisogna anche saperne parlare.

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