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domenica, Aprile 28, 2024

“LA PESCA” Costume e società: quando una pubblicità manda in tilt la politica…

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Anna Fermo – E’ stato intitolato proprio così: “La pesca”; il nuovo spot diffuso sulle reti nazionali da meno di una settimana, dalla catena di supermercati Esselunga, uno spot che continua a tenere banco per un messaggio che non piace soprattutto ai dirigenti della sinistra italiana, ed il perché, è davvero tutto da capire.
La trama ormai la conosciamo tutti: la bambina triste per la separazione dei genitori ed il suo tentativo, attraverso un gesto tenero, di riunire la famiglia. Ebbene, davvero si può arrivare a pensare che questa trama tenda a «colpevolizzare i genitori separati» ? Io lo trovo assurdo.

Il cortometraggio, creato dall’agenzia creativa di New York “Small”, vede una madre ed una figlia di pochi anni che fanno la spesa, la bambina vuole comprare una pesca e la madre l’accontenta. Qualche scena dopo vediamo di nuovo comparire il frutto, ma stavolta è la bambina che lo tira fuori dal suo zaino e lo porge al padre – i genitori sono separati – dicendo però «te la manda la mamma». A questo punto il padre risponde che «più tardi avrebbe chiamato la madre per ringraziarla». La scena finale fa pensare e sperare che da quel gesto possa iniziare un dialogo tra i due e forse anche una riappacificazione. Ed è proprio da qui, pensate un po’, che cominciano le polemiche. La bambina triste non si può vedere in TV: offende! Ma chi? E perché?
Sui social c’è chi ragionevolmente paragona il filmato alle pubblicità del Mulino Bianco, gioendo che «finalmente» venga raffigurata «una famiglia reale e non immaginaria», ma c’è anche chi si immedesima nei bambini, sostenendo che la vicenda di Emma «risveglia sofferenze in chi ha provato l’esperienza della separazione». E allora? Se anche fosse? Non è uno spaccato della nostra società anche questo?
Il tema è stato dibattuto allo strenuo tanto che anche la premier, Giorgia Meloni, è intervenuta: «Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante». Sono d’accordo! Fermo restando che lo trovo uno spot come tanti altri!
In una nota del gruppo Esselunga si legge che con questa pubblicità «si è voluto porre l’accento sull’importanza della spesa, descritta come qualcosa che ha un valore più ampio». Secondo Esselunga «dietro la scelta di ogni prodotto c’è una storia». Quella della bambina Emma quindi sarebbe solo «una delle storie di persone che entrano in un supermercato». È lo stesso principio che guida anche la campagna di affissioni, con amiche che gustano assieme una barretta di cioccolato o una nonna che compra tutti gli ingredienti per fare una torta col suo nipotino.

Perché dunque Esselunga ha scelto proprio questa storia delle tante che potrebbe trovare nei suoi supermercati? Come ha ricordato Maria Cafagna «gli spot pubblicitari sono importanti per capire in che direzione si sta muovendo la sensibilità generale», i brand infatti per decidere su cosa puntare studiano prima il loro pubblico tramite «ricerche di mercato» per capire cosa «lo spinge a scegliere un brand piuttosto che un altro». Le ricerche di mercato sono ancora più attente se il marchio ha fatto un grosso investimento, ed essendo lo spot andato in onda nella fascia dell’access prime time, quindi prima dei telegiornali – come ci ricorda Cafagna – «questo fa pensare che l’investimento da parte di Esselunga sia stato particolarmente importante». Esselunga non ha fatto altro che puntare sui valori della famiglia tradizionale, dove anche il divorzio può essere facilmente superato, e questo, dopo anni di spot che aprivano a nuovi modelli di famiglia allargata, sui quali, il politically correct non è mai stato tirato in ballo dalla sinistra italiana. Chissà come mai! Spaventano così tanto i valori tradizionali? Bha!

«Trent’anni fa, per la Barilla, proposi la storia di due coniugi che vivevano separati. Per l’epoca un tema importante. Lo spot non andò in onda: avrebbe creato imbarazzo sia nel cliente che nel pubblico. Dunque, parlare di separazioni non è né nuovo né originale»: lo ha detto Gavino Sanna, tra i più noti e importanti pubblicitari italiani e nel mondo. Sono suoi non a caso, proprio gli spot sulla famiglia Mulino Bianco e Barilla che a distanza di anni ancora influenzano un modo di raccontare e immaginare le famiglie italiane. Per Sanna, 83 anni, le sue non erano per niente famiglie perfette: «Non erano perfette, erano reali. Parlavano alle persone, le portavano per mano. La famiglia che rappresentavamo noi era vera, perché si preoccupava della bambina che faceva tardi rientrando a casa, di un bambino adottato che proveniva da un altro paese del Mondo. Insomma, cose di tutti i giorni, storie che traevano spunto dalla vita quotidiana ma che si concludevano tutte con la riunione familiare, attorno alla tavola, per mangiare la pastasciutta» e c’è una grande differenza con le rappresentazioni di oggi: «Le varie tipologie di famiglia rappresentate negli spot sono solo una scusa, un modo per diffondere un’idea, un messaggio. Ma quella è comunicazione. Sono due piani diversi. Quando lavoravo io, sovrapporle era anche quella una innovazione, adesso è un modo di lavorare vecchio senza intuizioni».
Perché dunque scandalizzarsi se non siamo nemmeno dinanzi ad una qualche innovazione o idea innovativa ?
Sanna conferma ciò di cui in molti siamo ormai convinti: «Oggi del modello di famiglia rappresentato in tv non frega più niente a nessuno. La pubblicità è tutta volgare. La verità è che ormai la politica è dentro fino al collo nella pubblicità. Il “messaggio sociale” è una scusa per consentire al politico di turno di dire la sua. Guardate cosa è accaduto con quello dell’Esselunga: Giorgia Meloni ha detto che è bello. Un altro dice che è “toccante”. Secondo me meno se ne parla, meglio è».

La bufera di polemiche che si è scatenata altro non è che strumentale, una speculazione bella e buona, e, se ci pensiamo bene, volendo davvero dare peso al messaggio lanciato dallo spot, queste stesse polemiche altro non fanno che offendere la realtà che molte famiglie italiane vivono. La pubblicità in questione non fa che descrivere la situazione di fatto di un enorme numero di famiglie, che soffrono per davvero, inutile nasconderlo, e forse è proprio qui il punto? Non è politicamente corretto rendere un messaggio sulla separazione dei coniugi e su tutto il corredo di complicazioni che tale separazione inevitabilmente e sempre reca con sé per ciascuno dei membri della famiglia? Specie per dei bambini? Fa soffrire e può dispiacere che venga ricordato? Ma non è questa è la vita, oggi, per tante persone?
Per chi polemizza sullo spot della Esselunga forse sarebbe meglio propinare famiglie tutte trucco e sorrisi? Oppure felici solo nel gender fluid? Oppure infelici solo perché non riconosciute?

Il realismo non può offendere la verità è che, come è stato osservato, “esistono famiglie sfiancate da problemi economici sempre crescenti, famiglie che ogni mattina lottano per rilanciare con progetti che sorridano al domani, famiglie che devono sorreggere la fragilità di qualcuno dei suoi membri, famiglie che tutti i giorni devono ritrovare un equilibrio interno per trovarlo anche all’esterno… ed esistono, naturalmente, famiglie monogenitoriali, e anche (guarda un po’!) famiglie separate, famiglie in cui l’immaturità di qualche tratto o gesto, l’incomunicabilità accumulata, la stanchezza o la rassegnazione hanno vinto, inducendo marito e moglie ad allontanarsi. E nessuno, di solito, è più felice di prima. A volte sollevato, non di rado temporaneamente ed egoisticamente euforico, spesso interiormente silenziato. Ma felice di avere fallito in una scelta importante fatta precedentemente, in una fase più fresca e ottimista della vita? Difficile crederlo. Di certo felici non sono i figli, anche quando, pur di non perdere lo sguardo approvante di mamma o di papà, entrano inconsciamente in alleanza con loro e li supportano in quelle decisioni che pure li straziano, diventando genitori dei loro genitori”.
La sinistra che grida all’indignazione è forse arrabbiata perché è bastata una pubblicità di un supermercato per mostrare che “il re è nudo”?

Chi ha visto il film su Barbie? Tutti scintillanti e plastificati ballano come ogni giorno con un sorriso smagliante stampato sui visi perfetti, e ad un certo punto Barbie, sempre sorridendo, chiede come nulla fosse: “Avete mai pensato di morire?”. La musica si ferma… e nel mondo di plastica rosa di Barbie inizia a entrare la realtà, guastando la festa.
La sofferenza va dunque censurata? Forse perché, specie quella dei più piccoli, rovina il gioco, snuda la verità?
Come si possono nascondere gli stati emotivi di un figlio che vede uno dei suoi genitori abbandonare casa? Per carità, ognuno ha il diritto di separarsi e dare senso alla propria felicità, ma ciò non significa che qualcun altro non abbia il diritto di soffrirne!

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