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venerdì, Maggio 3, 2024

Inchiesta foriana. Slitta l’udienza camerale sull’ordinanza nei confronti di Vanni Ferrandino e Antonello D’Abundo

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E’ stato lo stesso pubblico ministero De Dona a chiedere il rinvio della trattazione dinanzi al tribunale del riesame, alla luce di alcune attività investigative che dovrebbero essere concluse il mese prossimo. Una scelta sulla quale il tribunale ha ritenuto di concedere lo slittamento del confronto, che avverrà nel marzo prossimo. Sulla richiesta si sono registrate diverse prese di posizione da parte dei difensori degli indagati Giovan Giuseppe Ferrandino e Antonello D’Abundo. Quest’ultimo, tramite il suo difensore di fiducia Luca Migliaccio, si è opposto al rinvio. Dichiarandosi pronto a discutere nel merito la vicenda, ripercorrendo la decisione del giudice per le indagini preliminari che emise la misura agli arresti domiciliari e a quanto deciso dalla Suprema Corte di Cassazione che accoglieva il ricorso della procura della Repubblica. All’epoca sottoscritto, oltre che dal pm De Dona presente in udienza, dal collega Alberto Cannavale che sta per lasciare la Procura di Napoli per ricoprire la carica di aggiunto presso lo stesso ufficio di Salerno. Nonché dall’attuale procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, che tra non molto reggerà l’ufficio inquirente di Napoli per l’approssimarsi della pensione dell’attuale procuratore Giovanni Colangelo.

Di fronte a posizioni diverse, il tribunale ha ritenuto di concedere il rinvio al pubblico ministero. Una scelta legata perlopiù alla circostanza che è consuetudine di alcuni collegi del riesame accogliere l’istanza di slittamento della discussione allorquando si manifesta una decisione se anche parzialmente favorevole della Suprema Corte. Come accaduto nel caso specifico, dove i giudici di legittimità hanno “sentenziato” uno dei motivi del ricorso che riguarda la valutazione delle esigenze cautelari che non sarebbero state approfondite dallo stesso collegio del riesame che aveva annullato l’ordinanza cautelare. I giudici di Napoli avrebbero dovuto approfondire di più questo aspetto e avrebbero dovuto affrontare con altrettanta determinazione le dichiarazioni rese dall’albergatore Ciro Castiglione, che risultava all’inizio parte offesa, vittima di una concussione, nonché quanto riferito dallo zio di Antonello D’Abundo in una dichiarazione sottoscritta allorquando venne ascoltato dai difensori dell’agente di viaggi.

Tutto sarà rimandato a marzo e in quella sede verranno affrontati alcuni aspetti niente affatto secondari, in quanto le difese con la fissazione dinanzi al riesame hanno depositato delle dettagliate memorie che ricostruiscono i fatti, le incongruenze, gli errori che sarebbero stati commessi durante le indagini e più in particolare l’aspetto riguardante il pagamento delle vacanze del maresciallo della Capitaneria. Su quest’ultimo punto l’avv. Luca Migliaccio, che difende insieme al collega Stefano Pettorino il D’Abundo, rileva una serie di discrasie proprio sulla documentazione che è stata acquisita o comunque consegnata dal Castiglione per le due vacanze in un resort in Puglia. In una c’è la richiesta avanzata dagli investigatori di rilascio di quanto in possesso dell’agenzia di viaggi che prenotò il soggiorno e dall’altro emerge una data che dimostrerebbe che tutto il confezionamento di questi documenti fosse avvenuto proprio in quelle ore, o almeno il giorno prima. Mentre nel secondo pagamento del soggiorno ci sono discrasie del periodo del soggiorno con quello del pagamento, come a voler “tamponare” di fronte ad una istanza pervenuta dagli investigatori. Succintamente è questo l’elemento che tende a far emergere la difesa del D’Abundo in questa memoria con allegati i documenti richiamati.

Poi c’è la questione della ipotesi di reato. Originariamente era legata ad una concussione che si sarebbe materializzata secondo la Procura per rapporti intercorsi tra gli indagati e l’allora parte offesa e che poggia interamente su queste vacanze che per la Procura non sono state pagate, mentre per la difesa sussistono prove tangibili del versamento di quanto pattuito. Tant’è vero che il tribunale del riesame ne aveva riqualificato l’imputazione, escludendo categoricamente il reato di concussione e ravvisando invece che si fosse nell’ambito della corruzione per induzione. In quel caso risucchiando anche la posizione di Ciro Castiglione, che da vittima passava necessariamente a coindagato. Una scelta che non poteva fare piacere alla Procura ed ecco perché la necessità di ricorrere in Cassazione. La Cassazione ha dato ragione su questo aspetto al tribunale del riesame e tutto si è ingarbugliato.

Ma c’è di più. La difesa in queste memorie contesta anche queste corruzioni. Un aspetto che non troverebbe alcun supporto dinanzi a quanto raccolto durante le indagini. E dicono sostanzialmente: se Ferrandino ha realmente versato le somme di denaro nelle mani del D’Abundo per pagare i due soggiorni, dove sta la corruzione? E tutti, comunque, hanno dichiarato che il Ferrandino non era a conoscenza che a prenotare il soggiorno fosse stato proprio il Castiglione tramite quest’agenzia bresciana con la quale ha rapporti di affari molto stretti. E che il D’Abundo nulla gli aveva riferito in ordine alla presenza del Castiglione. Lo stesso D’Abundo nell’interrogatorio di garanzia affermò che questi tipi di prenotazione erano state fatte anche per dipendenti delle forze dell’ordine e anche della stessa Capitaneria di Porto di Ischia. Per un più celere disbrigo della pratica e per avere uno sconto più sostanzioso.

Come si vede, non è una vicenda semplice quella che si appalesa al tribunale del riesame. Il quale è chiamato dalla Cassazione ad esprimersi allo stato sulle esigenze cautelari che oramai non sussistono più. Il tempo è trascorso abbondantemente e non ci sono più necessità. Alla luce anche delle scelte del collegio di rinviare la discussione al marzo prossimo.

Un panorama che certamente escluderà a priori la presenza della ipotesi di concussione come il pubblico ministero invece riteneva non giustificato nella decisione del riesame. Le previsioni? Molto probabilmente il riesame potrebbe seriamente escludere la concussione e confermare quanto già statuito nella passata ordinanza ritenendo più calzante una corruzione per induzione e confermando l’annullamento dell’ordinanza cautelare per mancanza di esigenze degli arresti domiciliari.

Questa partita molto delicata e sentita tra le due parti che si contrappongono è sul reato che il gip nell’ordinanza aveva ritenuto sussistente e che i giudici prima di merito che di legittimità non hanno ritenuto che fosse l’esatta conformazione accusatoria: «Perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, Ferrandino Giovangiuseppe, in qualità di pubblico ufficiale ed, in particolare, di sottufficiale dell’Ufficio Circondariale Marittimo – Guardia Costiera – di Ischia, in concorso e previo accordo con D’Abundo Antonello, quale intermediario tra il Ferrandino e il Castiglione, abusando della qualità e dei poteri del Ferrandino – il quale, nell’ambito dei suoi compiti istituzionali, comandato dall’Ufficio di appartenenza, su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale  di Napoli, attuava, presso la struttura alberghiera Hotel Terme Tramonto d’Oro ubicata in Forio d’Ischia e gestita dalla Cast Hotel srl di cui Castiglione Ciro era amministratore delegato, dal 12.04.2014 all’11.06.2014, una serie di controlli al fine di verificare la regolarità dello smaltimento dei rifiuti e dei reflui da parte della suddetta struttura alberghiera, all’esito dei quali veniva disposto il duplice sequestro preventivo della struttura alberghiera su indicata per violazioni in materia ambientale – rappresentando, direttamente e per il tramite del D’Abundo, al Castiglione che, corrispondendo al Ferrandino le utilità di seguito indicate non sarebbero derivate ulteriori conseguenze pregiudizievoli a carico di quest’ultimo dagli ulteriori controlli che sarebbero stati posti in essere, successivamente alle date sopra indicate, dallo stesso Ferrandino nei confronti della struttura alberghiera su indicata ovvero delle altre strutture alberghiere gestite dalla Cast Hotels srl, costringeva Castiglione Ciro a dare indebitamente al Ferrandino un’utilità, rappresentata dal soggiorno alberghiero dapprima dal 23.06.2014 al 6.7.2014  (per un costo di euro 3.062,00) e successiva mente dal 21.06.2015 al 5.07.2015 (per un costo di euro 3.179,00) presso il Valentino Grand Hotel Village sito in Marina di Castellaneta, di cui usufruiva Ferrandino Giovangiuseppe unitamente al proprio nucleo familiare, per un importo complessivo di euro 6.241,00, pagato dal Castiglione».

Un breve passaggio su quanto ha deciso la Cassazione e che è il sunto di un’intera istruttoria che va rivalutata e soprattutto riletta: «Su tali presupposti, andrà rivalutato ai fini cautelari, anche alla luce delle emergenze istruttorie favorevoli agli indagati menzionate nell’ordinanza impugnata, l’intero compendio indiziario, con particolare riferimento all’attendibilità delle dichiarazioni rese dal Castiglione e quelle, di segno opposto, di D’Abundo Vito, zio di D’Abundo Antonello e come tale, al pari del Castiglione, non indifferente ai fatti oggetto del procedimento. Ciò anche in considerazione dell’inusuale pagamento in contanti del primo soggiorno estivo di cui il Ferrandino e la sua famiglia hanno fruito presso il Valentino Grand Hotel Village di Marina di Castellaneta e dell’eventuale conferma circa la tracciabilità del pagamento del secondo soggiorno della famiglia Ferrandino presso il medesimo hotel, allegata dal p.m. richiedente».

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