giovedì, Dicembre 12, 2024

Euro 2024, Germania-Spagna ai raggi D. Germania-Spagna: perdiamo sempre noi

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Raggi D di Mr Daniele Serappo | 52 Germania – Spagna, alla vigilia del fischio d’inizio, era e resta il match che assolutamente non si poteva perdere tra i quarti di finale di questo Europeo tedesco e ciò per due motivi: da una parte il reciproco blasone e la marcia di entrambe fin qui nel torneo dove avevano comunque denotato un passo sicuro, uno stare in campo equilibrato, una chiara propensione all’attacco ma una difesa non per questo particolarmente esposta e dall’altra perché, per noi italiani, quando le cose vanno male, subito ci affacciamo nei giardini dei vicini per valutare se, chi, cosa, come e quanto copiare (salvo poi tornare a far peggio quel che oramai si fa già molto male). Da tanto tempo a noi piace molto guardare in questi due modi di fare calcio.

SPAGNA O GERMANIA?
Meglio quindi la giovane, frizzante, tecnica e propositiva nazionale iberica o la teutonica “bianca” che di rado fallisce? Cosa possiamo osservare di queste due realtà calcistiche paragonandole alla nostra e alla situazione in cui questa attualmente versa? Non posso parlare di finale-anticipata perché sono un uomo di calcio e nel calcio le finali si guadagnano e si giocano, punto: altri parlano così avendo molto poco rispetto di tutti i contendenti che scendono in campo per arrivare a giocarsela una finale, e questo non sarebbe da uomini di sport. Indipendentemente, quindi, dal momento e da cosa c’è in palio è sempre una partita da grandi spunti.

LA REALTÀ IBERICA
La Spagna, spesso lo si dimentica, ha sempre avuto calciatori fortissimi e di grande spessore tecnico in ogni ruolo e per i tratti di personalità. Per tantissimi anni il suo problema non è stato l’esser capace di proporre profili validi ad alto livello ma unicamente il riuscire ad amalgamare il talento e a stemperare le differenze che esternamente non si riesce a cogliere ed a comprendere fino in fondo tra l’essere espressione della Castiglia (ossia il Madrid) o della Catalunya (ossia il Barcellona) ed a cui, non di rado, si potrebbe anche aggiungere l’enclave basco che ha pure delle sue radicate peculiarità. La coesistenza nello spogliatoio di identità così forti e stridenti ha penalizzato per lungo tempo un risultato d’insieme che solo da una quindicina d’anni parrebbe essere stato sdoganato (dal 2008 un mondiale, due europei, una Confederations Cup, una Nations League, presenza costante alle fasi finali di Europei e Mondiali, sei anni di fila miglior squadra FIFA, non bruscolini). Il cuore del suo movimento giovanile, incentrato sulle abilità tecniche ma in un più ampio contesto di squadra (dalle nostre parti i migliori nella tecnica individuale pura restano i portoghesi) ha un mentore e un metodologo straniero – Cruijff, olandese – a cui sono seguite molte scuole di pensiero, con forti personalismi, che si sono affermati in più Club (il Villareal, ad esempio).

In Italia si cerca di imitarli da anni dimenticando che anche il “Guardiolismo” (l’ossessivo possesso e controllo della sfera e della partita) ha saputo rapidamente evolversi ed adeguarsi a uomini, situazioni, contesti.
Resta il fatto che pur offrendo – tra le altre – Siviglia, Real Madrid, Atletico Madrid e Barcellona sempre ai vertici e spessissimo vincenti in Europa pur piene di campioni stranieri (non per forza extracomunitari), continuano a fornire e a sfornare elementi pregevoli per doti tecniche, comportamentali, atletiche che non disdegnano esperienze all’estero dove pure riescono ad incidere nei top-team che li contrattualizzano: nella rosa a questo europeo, su 26 ben 7 giocano fuori confine (per l’Italia solo tre).

La Federazione Spagnola si impegna tantissimo e, ad ampio spettro, riesce a primeggiare anche nel C5 (come mondiali ha due ori, tre argenti e un bronzo) e nel calcio femminile dove pure è attualmente Campione del Mondo (devo ricordare lo scempio anche lì delle nostre ragazze e di quelle partite che con il senno di poi mi son parse il preavviso di quelle di Spalletti?). Soprattutto non fa sconti quando c’è qualcosa che non va e il suo Presidente lo vanno a prendere fin sotto casa buttandolo giù dal trono.

LA REALTÀ TEDESCA
È sempre buona la battuta di Gary Lineker che, da inglese, ammoniva di quanto “il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine vince la Germania”, ma non è poi sempre così. Diciamo più accortamente che la Germania di solito arriva fino alla fine ed è sempre complicato da giocarci contro. Ma ha affrontato anche momenti difficili per i propri standard o in uscita da alcuni cicli pregiati, preziosi e vittoriosi.
Recentemente uno di questi momenti è stata la burrascosa eliminazione dal mondiale di Francia ’98: ma non si inventarono nulla, anzi! Andarono a copiare il meccanismo di rastrellamento del talento di base che in realtà venne strutturato in Belgio dove, dopo le buone cose fino al mondiale di Messico ’86 e poco dopo, non si riuscì più a produrre risultati apprezzabili: i DFB Stützpunkt – i centri federali – erano esattamente ciò che si inventò la Federazione Belga e dove ancora oggi viene messo in atto il “Talent Förderung”, il programma che promuove l’espressione del talento. Sono svariate centinaia le strutture federali dislocate in tutta la Germania secondo una logistica che permette di coprire e monitorare tutto il territorio.

Ogni Stützpunkt gestisce un determinato numero di società non professionistiche della zona in cui è ubicato. La gestione comprende lo scouting dei giovani nella fascia d’età 11-15 anni, il supporto tecnico alle rispettive società e allenatori (si organizzano corsi periferici di livello inferiore ma ci sono anche momenti di aggiornamento e formazione). I ragazzi selezionati (sia maschi che femmine) vengono divisi in due gruppi (11-12 anni e 13- 14 anni) che si allenano ogni lunedì dalle 17 alle 18.30 il primo gruppo e dalle 18.30 alle 20 il secondo. La Federazione Calcio tedesca definisce un programma tecnico che deve essere sviluppato durante la stagione in base alla fascia d’età. In Italia lo hanno copiato praticamente di sana pianta e hanno un acronimo “CFT”, ossia Centri Federali Territoriali (da non confondere con “CTF” che invece è Centro Tecnico Federale, Coverciano) ma sono durati pochissimo perché anche a copiare si deve esser capaci (risparmio qui anche solo il metodo con il quale venivano selezionati i tecnici): c’erano tantissime lamentele in quanto, per semplificare, pareva che lo screening che veniva fatto fosse semplicemente per supportare quello dei grandi Club che si aggiravano su questi giovani come squali.

I tedeschi da allora hanno vinto un mondiale e fatto un paio di podi ma, soprattutto, già all’dizione del 2002 in Giappone-Korea portarono tra i convocati, sviando i neppure tanto sommessi (stupidi) mormorii, il loro primo calciatore di colore, Gerald Asamoah. Da noi in Italia, che pure in passato avevamo fatto abbondante uso ed abuso di oriundi, questo tipo di percorso è stato molto più lento, tortuoso, prudente: avevamo cominciato bene nel 1996 con l’U21 ed Oshadogan ma poi si è dovuto attendere il 2010 con Balotelli.
Nella rosa dei tedeschi, la più anziana del torneo con 28.6 anni di media come riportato da più organi di stampa in questi giorni, su 26 calciatori, 5 giocano all’estero (diciamo 6 perché anche Pascal Gross dello Stoccarda è in realtà del Brighton).

I GIOVANI, LA GERMANIA E L’ITALIA
La Germania vive anche lei un momento di profonda crisi anche nel calcio dove alle ultime due edizioni dei mondiali è stata eliminata ai gironi (come l’Italia nel 2010 e 2014) e ovviamente teme una ulteriore involuzione come accaduto da noi che invece le ultime due edizioni le abbiamo proprio saltate. Cerca una riforma del settore giovanile di carattere tecnico ma anche pedagogico e ci sono forti tensioni ad ogni livello però il loro Presidente dell’equivalente del nostro Settore Giovanile e Scolastico – Holger Bellinghoff – almeno viene dal calcio (cosa che potrebbe significare anche molto poco, per carità), mentre da noi è stato riconfermato il Presidente del Comitato Regionale Puglia, Vito Tisci che parrebbe avere una remota esperienza nel volley. Ma in Italia a questi “ibridi” siamo abituati: la Presidentessa della Divisione Calcio Femminile è dal giugno 2023 – giusto in tempo per la figuraccia azzurra del successivo luglio – Federica Cappelletti, probabilmente al calcio come il due di spade con briscola a coppe, ma moglie dell’amato Pablito Rossi perché questo parrebbe forse far curriculum (incipit della pagina sul sito FIGC dei presidenti della Divisione sotto la sua foto: “Giornalista, ha collaborato con diversi quotidiani, tra questi La Nazione, due lauree, una in Lettere Moderne, l’altra in Scienze della Comunicazione e moglie di Paolo Rossi…”): proprio pochi giorni fa – il 28 giugno – ha chiuso a Coverciano la quarta edizione del corso di “Management del calcio”’, il programma executive organizzato dal Settore Tecnico della FIGC e da SDA Bocconi School of Management. Si tratta di un corso di (sole) 144 ore che “si pone l’obiettivo di formare una figura professionale sempre più richiesta all’interno dei club calcistici di alto livello, ovvero quella di un professionista che sappia abbinare competenze “di campo” con quelle più manageriali e amministrative”. In Italia noi prima li facciamo presidenti poi magari li formiamo e li professionalizziamo (come raramente capita pure nelle piccole aziende di famiglia, a dirla tutta) ma neanche sappiamo se quel che hanno ascoltato li abbia reso anche minimamente capaci ed abili.

LA PARTITA, PRIMO TEMPO
Meglio non pensarci per un paio d’ore: dai con il fischio d’inizio di Taylor! E così, date le premesse, la partita non poteva che essere bellissima. Comincia e si mantiene per tutto il primo tempo intensa e palpitante (lo sarà fino all’ultimo attimo). Gli 1-4-2-3-1 di entrambe le squadre in campo sono in realtà molto diversi: gli iberici lo giocano appunto alla spagnola ma con moltissima velocità; Nico Williams e Yamal sono in campo a piedi contrapposti, rientrano poco profondamente quando in “non possesso” mentre i tedeschi fanno due giochi chiari fin dall’inizio quando in possesso: palla a scavalcare sulla punta centrale se c’è la possibilità di giocare centralmente o, se chiamata ad articolare la manovra, alza tantissimo i due centrali di difesa – anche molto oltre il cerchio mediano – con Kimmich e Raum ad agire come ali purissime approfittando di un chiarissimo accentramento di Sané. Al palleggio meglio la Spagna ma alla fine, se è chiaro che la Roja ha questo nel suo DNA, il possesso palla è solo 52%-48% così che se è vero che è riuscita a concludere di più e più pericolosamente, si può dire che fin lì la partita è stata tutta da giocare.

LA PARTITA, SECONDO TEMPO ED OLTRE
Di poi, nonostante le tante cose belle della first half, subito via ai cambi all’inizio della ripresa. Andrich e Wirz per Emre Can e Sané da una parte e Nacho dall’altra per Le Normand (solo dopo pochi minuti dall’inizio s’era già dovuto accomodare in panca Pedri per Dani Olmo per le legnate di Kroos).
La gara si stappa al momento della rete di Dani Olmo e la Germania cambia subito altri due uomini mutando anche il suo assetto: Mittelstadt per per Raum e Füllkrug per Gundogan (!!). Sembra di assistere alla trasformazione di Hulk. Fisicità sulla prima linea, pronta all’arrembaggio, gamba, intensità per i padroni di casa mentre la Spagna mette in mostra un sempre intelligentissimo Morata, fino a quando in campo, capace come pochissimi di interpretare il ruolo di prima punta. Gli spazi senza dubbio sono diventati maggiori e qui la tecnica spagnola se l’è divertita come il gatto a cui si toglie l’acqua dalla palla di vetro dove nuota il pesce rosso ma va detto che la Germania ha fatto una gara comunque molto valida, peraltro avendo anche lei una panchina di assoluta qualità. Il pareggio non ha cambiato atteggiamento e propositività dei padroni di casa ma alla fine la rete di Moreno mi è parsa dare il giusto merito a chi è stata fin dall’inizio se stessa.

GIUSTO DUE NOTE
Un paio di note di carattere generale: la Spagna ha dimostrato anche umiltà riconoscendo sulle palle inattive “contro” la superiorità fisica degli avversari passando ad una difesa mista mentre finora aveva optato per una zona pura. Inoltre, ha giocato con la formazione “tipo” perché, come scrivevo solo ieri a proposito di quel che penso del recente operato di Spalletti, ci vogliono e si devono trasmettere certezze e gerarchie.
La Germania ha avuto (tantissime) occasioni purissime non sfruttate ed anche non figlie della casualità, soprattutto ha giocato con il piglio e la consapevolezza della sua tradizione e della sua storia dimostrando perché resta un movimento in grado di esprimere giocatori adatti ad ogni occasione. Inoltre, il suo allenatore è il più giovane dell’Europeo (lo era stato anche in Champion’s) mentre da noi tutta questa meritocrazia anche in panca non mi par proprio di vederla (quello spagnolo viene invece da una lunga trafila federale, come da noi non si usa più).
Così è passata la Spagna, hanno davvero vinto entrambi ma non si dimentichi mai quanto male abbiamo perso noi. Io, comunque, ieri sera mi sono divertito.

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