Colpo di scena nella guerra di Chiummano. Il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del Tar e dato ragione al Comune di Barano che con ordinanza sindacale aveva imposto a Pietro Paolo Mazzella di eseguire a propria cura e spese i lavori di messa in sicurezza dopo l’ennesimo cedimento che aveva interessato la strada. Individuandone la causa nei lavori di sbancamento eseguiti dal privato. Quel provvedimento considerato “punitivo” dall’interessato, che in precedenza aveva più volte segnalato all’Ente la situazione di dissesto, è stato invece pienamente avallato dai giudici di secondo grado. Dionigi Gaudioso, dunque, vince su tutta la linea.
L’appello presentato dal Comune, difeso dall’avv. Filomena Giglio, ha ottenuto pieno accoglimento con la riforma della sentenza della Quinta Sezione del Tar, che a gennaio 2023 aveva dato ragione alla difesa del cittadino rappresentato dall’avv. Maria Grazia Di Scala. In udienza i due legali hanno depositato istanza di passaggio in decisione senza discussione. E la decisione è arrivata.
La sentenza emessa dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato riassume i fatti e il contenzioso, nonché analizza la pronuncia del Tar, che in accoglimento del ricorso del Mazzella aveva annullato l’ordinanza n. 42 del 28 dicembre 2021 «con la quale il Sindaco del medesimo Comune aveva ordinato al ricorrente di effettuare ad horas le opere provvisionali e interdittive per eliminare il pericolo per la pubblica e privata incolumità derivante dal crollo di un muretto a secco posto a confine tra la pubblica strada (via Chiummano) e la proprietà del ricorrente, e di presentare un progetto a firma di un tecnico abilitato al fine di eliminare la situazione di pericolo, previo immediato ripristino dello stato dei luoghi nei fondi di sua proprietà.
Era accaduto, infatti, che il 29 novembre 2021, intorno alle ore 21.00, un tratto del marciapiede di Via Chiummano, unitamente al muretto di delimitazione su cui era collocata la ringhiera, per una lunghezza di circa mt. 17,10 e di larghezza di circa mt. 1,40, era crollato nel sottostante fondo coltivato del Mazzella, unitamente al basamento costituito da calcestruzzo e pietrame che delimitava e sorreggeva la via nonché la ringhiera in ferro».
PER IL TAR MANCAVA L’APPROFONDIMENTO ISTRUTTORIO
Il collegio si sofferma sul ragionamento seguito dal Tar, che viene successivamente sconfessato: «In particolare il primo giudice ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale il ricorrente lamentava, oltre alla violazione delle regole di partecipazione procedimentale, l’assenza dei presupposti di legge per l’emanazione dell’ordinanza sindacale extra ordinem ai sensi degli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, il difetto di motivazione e di istruttoria, sull’assunto di non aver realizzato alcuna attività di sbancamento non autorizzata.
Nel caso in esame, secondo il Tar, sarebbero mancate proprio le attività di approfondimento istruttorio che devono necessariamente precedere l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente. L’ordinanza avrebbe imposto al ricorrente di realizzare le opere necessarie alla messa in sicurezza della strada pubblica sovrastante la sua proprietà senza accertare la situazione di fatto e il nesso causale tra le opere svolte nel fondo del ricorrente e il crollo del tratto stradale (peraltro da anni incontestatamente interessato da fenomeni di dissesto, senza che l’amministrazione abbia svolto attività di manutenzione, sebbene lo stesso ufficio tecnico comunale ne avesse in passato rilevata la necessità)».
Quello dell’annoso dissesto di Via Chiummano e dei mancati interventi da parte del Comune era il nodo centrale del contenzioso tra Pietro Paolo Mazzella e l’Ente, ma dal Consiglio di Stato è giunta una interpretazione diversa dei fatti. Il Tar aveva anche censurato la mancata comunicazione di avvio del procedimento, non sempre giustificata in un’ordinanza contingibile e urgente.
MURO IN CEMENTO ARMATO NON PREVISTO
Con l’appello affidato ad un unico, articolato motivo, il Comune ha dedotto «l’ingiustizia della sentenza per errore nei presupposti di fatto e di diritto, travisata valutazione delle prove e omessa valutazione della documentazione di causa, contestando specificamente sia l’affermazione secondo la quale il Comune non avrebbe realizzato il previsto muro di contenimento in cemento armato (progetto del maggio 2001), sia la rilevanza del rapporto del tecnico comunale del 2017 in cui, seppure erano stati evidenziati segni di spanciamento e rigonfiamento dell’antica parracina (ossia del tipico muro di confine o di contenimento, costruito a secco con pietre locali), era stato anche accertato che “sul manto stradale non si rilevano segni di cedimento”; e, comunque, all’epoca non risultavano ancora effettuati gli sbancamenti eseguiti successivamente dal Mazzella, lavori ai quali sarebbe causalmente riconducibile il crollo della sede stradale».
Quanto agli interventi eventualmente da eseguire, l’Ente ha evidenziato «come in nessun progetto esecutivo di sistemazione della via Chiummano fosse prevista la costruzione di un muro in cemento armato che fungesse da sostegno alla strada pubblica. Per cui emergerebbe con evidenza, come accertato nel sopralluogo del tecnico comunale, “che gli interventi di scavo eseguiti nel sottostante fondo del Mazzella (con la rimozione del poggio con andamento naturale e del muro di delimitazione del medesimo), che è divenuto pianeggiante per la sua intera larghezza avendo eliminato il naturale declivio con abbassamento del piano di campagna, hanno determinato il cedimento del marciapiede…”. Non quindi, come erroneamente sostenuto dal Tar, alla mancata realizzazione del muro di cemento (mai previsto negli atti progettuali iniziali)».
A ulteriore difesa del provvedimento, il Comune ha sottolineato «che l’abusiva realizzazione delle opere di sbancamento è stata contestata al Mazzella con il richiamato rapporto dell’ufficio tecnico comunale del 17 dicembre 2021, posto a base del provvedimento impugnato, contenente anche l’ordine di immediato ripristino dello stato dei luoghi.
L’ordinanza, pertanto, sarebbe adeguatamente motivata sotto tutti gli aspetti».
Giustificata dall’urgenza di provvedere e comunque sanabile, sarebbe poi l’omessa comunicazione.
IL SOPRALLUOGO DELL’UTC E DEI VIGILI
Le censure mosse dal Comune alla sentenza del Tar sono state pienamente condivise dal Consiglio di Stato.
In riferimento ai requisiti per l’adozione di ordinanza contingibile e urgente ai sensi del T.u.e.l., viene richiamata la propria giurisprudenza, che ha chiarito che «i presupposti per l’adozione delle stesse sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento nonché la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti e la proporzionalità del provvedimento, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità. Inoltre con tale strumento è possibile intervenire anche per rimuovere situazioni risalenti nel tempo ed in relazione alle quali non si era intervenuti in precedenza, essendo a tale riguardo sufficiente la permanenza al momento dell’emanazione dell’atto della situazione di pericolo». Dionigi aveva ragione.
Il collegio infatti “promuove” anche l’operato dell’Utc, evidenziando che «la presenza di una situazione di pericolo connotata da attualità e gravità, come rappresentata in termini precisi ed esaurienti nelle relazioni tecniche del 13 e del 17 dicembre 2021 rese dal tecnico comunale e dalla polizia municipale a seguito del sopralluogo effettuato il 30 novembre 2021, integralmente richiamate nel provvedimento impugnato: in primo luogo si rilevava il crollo di “un tratto di marciapiede pubblico della strada denominata via Chiummano… per una lunghezza di circa mt 13,60… mentre un’altra porzione di circa mt 4,00, risulta in pericolo di crollo”; in secondo luogo, venivano individuate le cause che hanno determinato il crollo, ricostruite anche in base alla pregressa conoscenza dei luoghi e degli interventi e lavori eseguiti dal Mazzella (proprietario del fondo sottostante al tratto della via Chiummano interessato dal crollo) in epoca precedente, sulla cui scorta si è concluso che “gli interventi di scavo eseguiti nel sottostante fondo del Mazzella (con la rimozione del poggio con andamento naturale e del muro di delimitazione del medesimo), che è divenuto pianeggiante per la sua intera larghezza avendo eliminato il naturale declivio con abbassamento del piano di campagna, hanno determinato il cedimento del marciapiede” (oltre alla ampia descrizione contenuta nelle relazioni, si vedano le foto della relazione del 13 dicembre 2021 dalle quali è possibile ricavare l’esatta situazione dei luoghi)».
Per i giudici di secondo grado l’ordinanza dunque «è adeguatamente motivata con le risultanze istruttorie del sopralluogo effettuato dall’Ufficio tecnico dal quale emergono sia le cause del crollo sia l’attualità del pericolo di nuovi crolli e smottamenti».
PERICOLO CONCRETO ATTUALE
Ma non è finita. La situazione di pericolo giustificava l’adozione dell’ordinanza anche alla luce di un accertamento “sbrigativo” delle cause del cedimento. Spiega infatti la sentenza: «Nell’imminenza dei fatti e in presenza di un pericolo concreto attuale da evitare (si osservi che il crollo è avvenuto 29 novembre 2021 e il primo sopralluogo è stato effettuato il giorno successivo), gli accertamenti sul nesso causale non possono che connotarsi nel senso della provvisorietà e della incompletezza, salvo successivi approfondimenti e accertamenti tecnici. Ma questo non inficia la legittimità dell’ordinanza contingibile adottata, dovendosi tener conto che la sufficienza di tali accertamenti deve essere messa in relazione – in applicazione del principio di proporzionalità – anche con il contenuto delle prescrizioni imposte: l’unica prescrizione imposta al proprietario del fondo sottostante è stata quella di eseguire le opere per mettere in sicurezza l’area e di presentare un progetto per sistemare l’area. Ossia, quelle misure minime per eliminare la situazione di pericolo per la circolazione stradale e per l’incolumità pubblica».
“Misure minime” che il privato riteneva ingiustamente onerose, ma per il Consiglio di Stato deve ritenersi invece «corretta la decisione dell’amministrazione comunale di porre a carico del proprietario del fondo gli interventi di messa in sicurezza e provvisionali, anche in relazione al rapporto con il bene tale da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché detta situazione, in ipotesi, non gli fosse integralmente imputabile».
In sostanza l’ordinanza sindacale è pienamente legittima a prescindere da eventuali corresponsabilità del Comune.
GIUSTIFICATA L’OMESSA COMUNICAZIONE
Infine, il Tar ha sbagliato anche riguardo alla omessa comunicazione dell’avvio del procedimento. La legge 241/90 prevede che la comunicazione si può omettere «ove sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento». Per il Consiglio di Stato la regola va interpretata nel senso «che l’ordinanza contingibile può non essere preceduta dal rispetto dei diritti di partecipazione del privato, a cui la comunicazione di avvio procedimento è preordinata, purché ciò sia motivato in relazione alla vicenda concreta».
E nel caso di Chiummano l’omissione era giustificata e motivata «proprio dalla situazione di pericolo e dall’esigenza di intervenire tempestivamente per eliminarla, considerato che la perdurante attualità dello stato di pericolo poteva ulteriormente aggravarsi con il trascorrere del tempo». Per ultimo il collegio ha compensato le spese del doppio grado di giudizio «in considerazione della vicenda fattuale sottesa alla controversia». Una magra consolazione per il privato, mentre ad onta della complessità del contenzioso e dei fatti Dionigi Gaudioso può incassare la vittoria.