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lunedì, Aprile 29, 2024

Davide Conte: “Noi che abbiamo creduto nel miracolo italiano di Silvio Berlusconi” #zoomischitano

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Viaggio nel tempo: era il 26 gennaio 1994. Dalla fondazione del primo club ischitano di Forza Italia al declino del partito del Cavaliere. Un po’ di tennis con Sinner e un conclusione amara dedicata ad un altro presidente, Aurelio De Laurentis. L’epopea di Forza Ischia ad Ischia da primo a partito a nulla più

Gaetano Di Meglio (intervista pubblicata sul numero cartaceo del 28 gennaio 2024) | Con Davide Conte per ricordare una parentesi che Ischia ha totalmente cancellato. 30 anni fa, Silvio Berlusconi invase, tra virgolette, con le sue videocassette il messaggio “l’Italia è il Paese che amo” e diede vita a quello che è stato il fenomeno di “Forza Italia”. 30 anni fa, in questi giorni, più o meno, anche se io non è che frequentavo tanto, fondasti il primo club di Forza Italia.

Vogliamo riavvolgere il nastro e provare a raccontare cosa significava scendere in politica.
“Significava innanzitutto partecipare a quello che prima Berlusconi e poi tutta l’opinione pubblica definì il vero e proprio miracolo italiano. Era un momento in cui la gente aspettava qualcosa di nuovo. Aspettava un messaggio diverso? E un po’, se vogliamo con un paragone irriverente, un po’ quello che è successo con l’antipolitica del Movimento Cinque Stelle. La gente voleva qualcosa di nuovo, voleva il Parlamento aperto come una scatoletta di tonno, voleva che chi viveva di impresa, chi viveva di lavoro, chi viveva di successo personale potesse trasferire, in qualche modo, questo successo al Paese e alla gente comune. E ognuno si sentiva partecipe di quel miracolo italiano. Perché, è chiaro, dietro alla strategia di Berlusconi c’era innanzitutto una tecnica di comunicazione sopraffina che portava proprio a questo, cioè toccare le corde dell’italiano, non come populismo bello e buono, ma proprio come voglia di rivalsa personale rispetto a uno Stato assente, rispetto ad uno Stato ostile e nemico. E anche Ischia rispose a questo appello”

Ci fu tanta partecipazione?
“Risposero in maniera massiccia perché ci furono due movimenti che sposarono Berlusconi, quello mio, con un gruppo di amici d’accordo su questa linea e fondando il primo club e parallelamente ci fu anche Peppino Cautiero, che con altri amici, tipo Franco Scotto e altri fondarono un altro club. All’epoca non c’era un limite alla creazione di club, era un come i circoli di partito di una volta, che però dovevano essere articolati in maniera libera e armoniosa secondo quello che era la conformazione del territorio. E noi non avemmo granché tempo di organizzarci, perché ricordo di essere stato, ed ero l’unico ischitano insieme ad Amedeo Romano, che mi accompagnava, al Palafiera di Roma, quando Berlusconi fece la discesa in campo ufficiale. C’erano quattro padiglioni della Fiera di Roma pieni di gente, Lui parlava in un padiglione e negli altri tutti gli astanti dovettero accontentarsi del ledwall per guardare Berlusconi e ascoltare questo discorso. Noi non avemmo granché tempo dalla chiamata alle armi, diciamo, di Berlusconi alla nascita dei club, alla prima campagna elettorale, perché da gennaio a marzo ci furono solo due mesi per poi affrontare innanzitutto le prime elezioni politiche e contemporaneamente, poco dopo, anche le elezioni europee. Non dimentichiamo che a maggio 1994, il compianto Gianni Bono fu ad Ischia uno dei primissimi sindaci di Forza Italia in Italia. Quindi fu un fenomeno che ci coinvolse rapidamente tutti, con tutti i vantaggi e gli svantaggi di una situazione così repentina”.

Contava anche l’esperienza?…
“Da inesperti ci trovammo anche a vivere delle situazioni che non erano alla nostra portata. La mancanza di esperienza e dovevi prenderti quello che veniva all’epoca”.

Per la prima volta in Italia arrivò un sistema di comunicazione accompagnato alla politica. Ricordo il kit del candidato, le famose nuvole di forza Italia, il simbolo che non era un cerchio, ma una bandiera. Cambiò tutto. Come lo vivesti da vicino. Come venne vissuto quel periodo?
“Diciamo che io all’epoca ero già vicinissimo a quel sistema di comunicazione perché avevo già sette anni di azienda sulle spalle, quindi sapevo di cosa si parlava e forse ero avvantaggiato rispetto agli altri perché masticavo quella materia e non era difficile capire perché Berlusconi chiamasse, per esempio, i candidati a Milano o ad Arcore per fare le fotografie insieme. Ricordo che l’amico Massimo Rodari, che all’epoca fu candidato alla Provincia in Lombardia., quando andò a fare la fotografia con Berlusconi, fu il Presidente a dirgli “tiri fuori il polsino della camicia dalla giacca, perché altrimenti sta male”. Lo sappiamo tutti, era un maniaco di questi dettagli. Se di processo innovativo si parlava, era un processo innovativo a 360 gradi che riguardava l’abbigliamento, il modo di parlare in pubblico, la postura, tante piccole cose che, ripeto, io già conoscevo, seppur per competenza personale, ma che lì, chiaramente, raggiungevano il top perché , non lo dimentichiamo, Berlusconi era a capo del primo network di comunicazione italiana”

Tornando a Forza Italia diventa partito pure ad Ischia. Nasce e cresce. Come nasce? Come cresce?
“Nasce così come abbiamo raccontato prima. Si ritrova primo partito nel comune di Ischia e parte con una prerogativa ben precisa, quella di lasciare il cosiddetto “vecchio” alle spalle. Ricordo che quando costituiremo la lista di “Forza Italia” a sostegno di Gianni Buono, ebbi all’epoca, la pressione di tutti gli ex democristiani che, direttamente o indirettamente, pur rendendosi conto di non poter partecipare in prima persona perché eravamo in piena Tangentopoli. Il mio carissimo sindaco, Peppino Brandi, ahimè, era come dice lui “in Alto Adige”. Quindi non poteva partecipare neppure direttamente alla campagna elettorale. Ma ecco, per esempio, ci fu il suo figlioccio, il dottor Antonio D’Ambra, che nella lista di Forza Italia fece il primo degli eletti. Gli ex democristiani ebbero necessità di non restare fuori da quella campagna elettorale, ma non trovarono spazio. Io per primo all’epoca tenni fuori fino all’ultimo momento, tenendo veramente i denti stretti con mille pressioni, buona parte di loro dalla lista. E nel 94 i vari Giovanni Sorrentino, Paolo Ferrandino, Michele d’Arco, compianto anche lui, non ebbero modo di partecipare perché li tenni fuori dalla lista. Corsi e ricorsi storici, quando nel 2002 ero sempre io a coordinare il partito e dovevamo comporre la lista con Peppino Brandi candidato sindaco, in quel momento penso di poter vantare il merito di aver riconosciuto che il Paese voleva nuovamente aggrapparsi a quelle figure di esperienza. A distanza di otto anni ci fu il ritorno di questi personaggi con una messe di voti sia a favore del centrodestra che della lista di Forza Italia che praticamente per anni ha rappresentato in tutte le competizioni elettorali ad Ischia il primo partito, il partito più votato”.

In qualche modo sei sempre stato vicino ai Martusciello?
“Mai nascosto”.

I Martusciello avevano dei collegamenti direttamente con Berlusconi. Come si viveva il duopolio tra il locale e il rapporto direttamente con Arcore?
“Senza timore di smentita, l’epoca di Antonio Martusciello, coordinatore di Forza Italia, è stata sicuramente l’epoca migliore di Forza Italia. Non lo dico per conferire un merito ad Antonio, che pure, come tutti negli anni, ha avuto anche dei demeriti nella conduzione del partito, però con Antonio esisteva il partito. Se tu eri il riferimento locale, Antonio, prima di assumere una decisione, faceva capo ai riferimenti locali. Ci sentivamo non solo responsabili, ma fortemente partecipi di quella che era l’attività di un partito sul territorio. Ti sentivi incoraggiato a fare determinate cose, ma soprattutto legittimato perché nell’immagine collettivo, ancora oggi che Forza Italia non ha più niente sul territorio a livello organizzativo, io sono visto come “Forza Italia” e sono visto come “berlusconiano”. Ripeto, indipendentemente da quelli che sono stati i passaggi e le vicende successive, la gente ti identifica e ti attribuisce un’etichetta e la porta avanti. Ma questo vale anche per quello che riguarda l’impegno politico. Sono dodici anni che sono fuori dalla vita dell’amministrazione locale, eppure sono tantissime le persone che vengono a trovarmi, a compulsare su azioni di cui io non mi occupo più. Gli dico “ma guarda, c’è Tizio e Caio e vieni da me? Hai più difficoltà che altro”. La risposta è classica, “ma se io pensassi che Tizio o Caio sono in grado di risolvere il problema, vengo a disturbare te?” Ed allora questo da una parte è divertente, gratificante, dall’altra un po’ meno perché significa che la politica locale è rimasta ferma a dodici anni fa”

Direi molto di più. Oggi di quella storia di Forza Italia, almeno ad Ischia e sull’Isola non c’è più traccia anche perché gli ultimi due riferimenti locali, Tu e Maria Grazia di Scala siete passati con Fratelli d’Italia, Domenico De Siano, ha abbandonato quello dell’agone della politica nazionale, anche se dobbiamo riconoscere che Domenico De Siano è stato Forza Italia per tanti anni.
“Di quella storia, di quel miracolo non c’è più nulla. È sotto gli occhi di tutti. La motivazione che hanno spinto quelli come me, dopo aver lasciato l’amministrazione locale a lasciare anche la vita di partito e la rappresentatività fine a sé stessi e non a sé stessa. Ripeto, rappresentatività fine a sé stessi porta a questo inevitabilmente. Perché se tutto ciò che tu fai, tutte le decisioni che tu assumi vanno in direzione della tutela di te stesso, del tuo ruolo e di nient’altro, purtroppo, il risultato è che neanche i più fedeli ti seguono. Ancora oggi, però, non lo nego, se sento l’inno di Forza Italia mi emoziono perché rappresenta 27 anni della mia vita in cui, nel bene o nel male, ho vissuto inequivocabilmente per quel simbolo”. E non c’era una possibilità di svicolare, era una sorta di fede incrollabile e per certi versi lo è tuttora. Resta il fatto, però, che quando ti rendi conto che una struttura di partito premia persone che alla fine non hanno a cuore il partito ma hanno a cuore la carriera personale e il rapporto imprenditoria scaturente da determinate relazioni grazie alla politica, allora non è più casa mia e non possono essere più compagni di viaggio, men che meno le guide che poi dovrebbero creare degli spazi per tutti che vengono dietro. Alla fine non è più la mission del 94. Quella era altra cosa”.

Se Berlusconi con le aziende è riuscito a creare qualcuno che proseguisse, non si può dire che lo ha fatto con la politica. Forza Italia, può chiamarsi ancora chiamarsi così in senza Silvio Berlusconi?
“Il problema è che con tutti i suoi meriti, anche Silvio Berlusconi ha avuto, ahimè, i suoi difetti, le sue decisioni sbagliate e l’incapacità di creare una prosecuzione. La sua leadership è stato il più grande limite. Oggi vediamo il partito è guidato da Antonio Tajani. Con tutto il rispetto, per carità, un fedelissimo della prima ora, mai riflessioni, mai tentennamenti, mai cambiato bandiera, e si può dire lo stesso di Fulvio Martusciello che non si è mai mosso da lì, però, ripeto, Berlusconi non è stato in grado di creare le basi di una successione. Tant’è che oggi Tajani non credo possa vantare lo spessore di Berlusconi per esserne l’erede diretto. Un’altra colpa di Berlusconi sta nella mancata nella selezione della classe dirigente che sappiamo perfettamente non essere stata squisitamente meritocratica e, allora, chi stava al di sotto di Berlusconi si è sentito legittimato a fare esattamente la stessa cosa, la tutela della propria posizione e del proprio orticello”.

Il problema della successione per Berlusconi, soltanto per chiudere, può essere lo stesso problema di Giorgia Meloni? È un po’ come quando c’era Maradona in mezzo al campo. Adesso ci sta la Meloni e tutti gli altri?
“Questo può essere un problema nella misura in cui, però, Giorgia Meloni ha un controllo e una leadership della coalizione che non esito a definire forse ancora più forte di quella di Berlusconi. Nel 2008 Berlusconi ottenne alle politiche un successo pazzesco, più grande in proporzione di quello del 94, più grande di quello del 2001. Tutti in quel momento pensammo questa è la volta buona che veramente Berlusconi faccia le riforme e rivolti il Paese come un calzino così come ha sempre detto di fare. Non lo fece perché aveva degli alleati interni che gli tiravano le cuoia e perché sapendo di avere delle rogne giudiziarie, pensò di tenersi buona la magistratura pensando di poter andare avanti liberamente, ma pensando male. Appena tre anni dopo, con la scusa dello spread, sappiamo quello che è successo. La mia impressione è che Giorgia Meloni sia decisamente più autorevole di quanto non lo fosse Berlusconi all’interno della sua coalizione.

E lei è una che ha le idee chiare. Sono contrariato dal fatto che dopo tante chiacchiere non ci sia stata una proroga al super bonus perché ritengo che con determinati paletti quello era un provvedimento che, così come annunciato, anche se per breve tempo, doveva favorire le persone per bene che in effetti si trovavano con un cantiere bloccato e quindi potevano avere dei problemi, ma se vado ad analizzare la linea del governo Meloni, io la trovo una linea coerente perché loro, dal primo momento, erano contro il super bonus di Conte, numeri alla mano e non per partito preso. Questa cosa, sicuramente all’interno del governo, ha provocato delle notevoli fibrillazioni con emendamenti ritirati, dichiarazioni, smentite, ritorni su posizioni completamente diverse dalle precedenti. Però, poi, è tutto rientrato perfettamente in capo a ciò che diceva la Meloni. Cosa mi fa pensare? Che sicuramente quando sentiamo determinati esponenti dell’attuale maggioranza, non è che brillano di chissà quale particolare capacità e non sono sicuramente secondi a quelli che abbiamo visto negli ultimi tre o quattro governi, c’è il manico che secondo me è più solido e soltanto il tempo ci potrà dire quanto solido effettivamente sia. Io mi auguro di sì. In tutta onestà sto vedendo delle cose che mi piacciono”.

Un sms finale, si lo so è un po’ antico come termine ma stiamo parlando di trent’anni fa. Il Signor Sinner?
“Ne ho scritto proprio sul nostro giornale oggi (ieri). Io per primo devo ricredermi perché vedevo questo ragazzotto gracile che al quale mancava sempre, l’ascino di sale per salvare il sapore della minestra quando si trattava di risultati importanti. Bisogna dire che da quando ha lasciato Piatti e ha cambiato completamente il suo team, è un altro giocatore. Ha riportato l’entusiasmo verso il tennis italiano”.

Ti sei è alzato ieri mattina.
“In realtà non ero a Ischia, mi sono svegliato e consultando le news di primo mattino, una breaking mi ha ricordato che c’era il terzo set in corso e ho visto la fine del tie break, del terzo e tutto il 4.º set. Sta venendo fuori un grande talento. Non so fino a che punto un rafforzamento fisico di Sinner potrebbe ulteriormente migliorarlo o forse fargli perdere l’elasticità che ha in questo momento. Però è una bella storia. Speriamo che vada avanti così”.

E chiudiamo con il tuo Aurelio.
“Per carità, parliamo d’altro. No, no, no, no no no, no no.” Chi mi conosce, chi legge, chi mi ascolta sa che io sono stato critico verso De Laurentiis anche quando abbiamo vinto lo scudetto. Abbiamo digerito Spalletti che non era un grande allenatore e abbiamo vinto lo scudetto, abbiamo digerito una campagna acquisti discutibile e lui ha avuto ragione perché ha messo giù dei talenti non indifferenti e abbiamo vinto lo scudetto. Pensavamo che questa esperienza potesse portarci un po’ di stabilità ma non è manco finito il campionato e abbiamo cominciato a vedere quelli che sono i risultati della sua politica. Veramente bottegai. Adesso siamo lì e vediamo che cosa succede. Forza Napoli ma non forza De Laurentis!”

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