«I miei figli? Hanno avuto più di altri figli. Sono cresciuti nelle migliori scuole del mondo, le università più importanti, dove la carriera universitaria arriva a costare 8-900 mila euro. Hanno le green card, possono lavorare in tre continenti, hanno relazioni internazionali, parlano quattro lingue… Non lascio loro un soldo di eredità. Hanno già avuto molto e ora devono pensare a costruire la loro vita, sfruttando le opportunità che hanno già avuto… la mia non è cattiveria. Faccio questo perché ho visto molti figli di miei amici che hanno preferito viziarli, ottenendo dei risultati terribili. E poi i figli dei ricchi diventano cretini… Certo poi c’è anche da dire che in questo nostro Paese non è facile trovare opportunità di lavoro, devi conoscere l’onorevole o chissà chi altro, purtroppo la meritocrazia non è sistemica in Italia ed è difficile trovare una degna collocazione… e abbandonare i figli al loro destino ti genera più dolore». E’ questa la dichiarazione dell’attore e showman televisivo Luca Barbareschi rilasciata al Corriere.it e che mi ha particolarmente colpito.
Sono padre di un figlio che a diciassette anni è andato a vivere e studiare dall’altro capo del mondo, con tutti i sacrifici economici ed emotivi che questo comporta per una famiglia. Nei limiti delle nostre possibilità, ritengo che con mia moglie saremmo disposti a fare esattamente lo stesso anche per il secondogenito. E sebbene la natura dei genitori sia quella di assistere i propri figli fino al punto da viziarli più o meno consapevolmente, diventa difficile ammettere quella necessità di farli camminare con le loro gambe, anche a costo di incidenti di percorso, che Barbareschi ha rappresentato con un concetto forse estremo (che i figli dei ricchi diventino cretini è tutt’altro che un assioma) ma che, per gran parte, mi sento di condividere.
Guidarli, nei limiti del possibile, va anche bene. Per sempre, può essere un danno grave per tutti.