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venerdì, Maggio 17, 2024

Vittorio Marsiglia: «Attenzione, si rischia di perdere Ischia come bellezza, intesa come qualità»

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L’attore e musicista emozionato per il conferimento della civica benemerenza. «L’isola si è arricchita sotto tutti i punti di vista, come ad esempio questo meraviglioso carcere mandamentale. Però se uno si affaccia per un attimo fuori, vede inciviltà, maleducazione, la conquista del benessere da parte di certi personaggi che con il danaro pensano di aver risolto la loro vita». L’arte della “macchietta” e una carriera straordinaria

Abbiamo incontrato Vittorio Marsiglia per commentare la civica benemerenza ricevuta dalla Città di Ischia.

– Una serata tra amici qui nella Torre del Mulino. È una bella emozione…
«E’ sicuramente una grande emozione, anche perché non me l’aspettavo. Effettivamente, dopo tanti anni ricevere un riconoscimento così importante per me, che sono sull’isola dal 1964, è una sensazione incredibile. Già all’epoca avevo un’orchestra e ci esibivamo alla Cambusa, alla Lampara, allo Scotch, al Rancho Fellone. Tutti locali “in”, perché io nascevo come musicista, come bassista, cantante. Poi ho cambiato strada per arrivare infine alla specializzazione nella canzone comica napoletana».

– Canzone comica napoletana che in qualche modo l’ha reso famoso. Ce ne sono alcune indimenticabili, come quella che parla di una moglie sorda…
«Erano tutti argomenti validissimi di questi due grandissimi autori: il testo è di Gigi Pisano, le musiche del maestro Cioffi, uno che ha scritto macchiette, ha scritto pure “Na ser e maggio”. Voglio dire, aveva delle qualità di musicista eccezionale, di compositore e oltretutto questi brani erano sempre diversi, anche se parlavano sempre d’amore. E questa è la cosa che dico sempre, anche durante gli spettacoli, perché io parlo d’amore, solo che questo amore lo vedo in chiave comica. Tutto qua, ma l’argomento è uno solo, questa figura appunto della macchietta».

LA PAGLIETTA

– Ricordo tempo fa una scena che poi ho sempre conservato nella memoria tra quelle belle. In un suo spettacolo lei fece tutta l’introduzione sull’importanza del cappellino di paglia, della paglietta. Se andava a messa a destra, a sinistra. Ricordo questa scena… Era tutta incentrata sul cappello, se non ricordo male.
«Sì, sulle posizioni. In sostanza la macchietta è una caricatura. Perché si porta all’esasperazione quel personaggio, un personaggio innamorato, esasperato. Quindi tutti gli aspetti che schizzano dalla caricatura vengono fuori. Ora la paglietta è stata considerata, con il grande maestro Nino Taranto, l’elemento di comicità nella canzone. Anche perché negli anni Venti la paglietta la usavano tutti. E così è stato preso ad oggetto della caricatura. E poi un grande per differenziarsi dagli altri iniziò a tagliarle le punte. Il cappello poi ti cambia, perché non è solo la macchietta a fare il personaggio…».

– Restando però sulla questione copricapo ce n’è una che allarga anche un po’ il discorso. Una volta lei teneva in testa un cappello con la scritta “regista”. Era il 1984, “Così parlò Bellavista”.
«Ricordo quando Luciano mi propose questo ruolo. Che cosa devo fare? Un ruolo simpatico di uno che sapeva adattarsi a lavorare, a guadagnare soldi e ad inventarsi lavori. All’epoca era ormai un senso comune. Tutto questo veniva fuori da una macchinetta fotografica, di quelle che scattavano le istantanee che si facevano per la carta d’identità in Comune. Il regista le preparava e suggeriva le posizioni e quindi si atteggiava a regista televisivo. Però lui era un regista “fotografico” molto carino. Quel film ovviamente è importante».

COM’E’ CAMBIATO IL MONDO DELLO SPETTACOLO

– A noi non si può dire la parola libertà perché è immediata la replica “a libertà, pur u pappauall laddà pruà”. Però così come è cambiata la società, lo stesso vale anche per il mondo dello spettacolo. Lei che lo ha attraversato per tanto tempo lo ha vissuto anche attraverso i grandi Pippo Baudo, Mike Bongiorno, Corrado, Raffaella Carrà.
«Sì, io ho avuto una carriera devo dire la verità meravigliosa. Sono stato uno dei fortunati perché tra i miei spettacoli messi insieme ogni anno ho potuto lavorare con i grandi della televisione, del cinema.

Io ho fatto anche dei lavori con Adolfo Celi. Chi avrebbe mai scommesso che Adolfo Celi, faceva un ruolo insieme a me. Ho lavorato con Anthony Quinn, questo grandissimo attore. Ho fatto tante cose, però a spezzoni. Io ho attraversato veramente un arco artistico notevole. Come è cambiato con i tempi? I tempi cambiano e cambiano tutte le cose. Io sono per il progresso, ma non eccessivo. La tradizione è fondamentale e il progresso è importante. Quindi quando avvengono dei cambiamenti, chi è arrivato prima li critica perché non è d’accordo. Ha vissuto momenti particolari anche nel mondo della canzone. Una volta suonavamo tutti, perché eravamo poco preparati da un punto di vista musicale, perché le canzoni erano talmente semplici, con un piccolo giro di note, ti bastavano pochi accordi che noi imparavamo. Così si poteva formare un gruppo che si esibiva, perché le canzoni erano facili. Poi le canzoni sono diventate un po’ più complicate. Gli accordi sono un po’ più complicati perché è cambiata la situazione. Se sia cambiata in bene o in male, non lo so. Non so dire se è un bene che cambi oppure è la vita che porta a questo, quindi accettiamola come viene».

I MAGICI ANNI ’50 E ‘60

– Ischia, invece, come è cambiata?
«Io l’ho vissuta nel momento più bello che erano gli anni ‘60, gli anni ‘50-‘60. Anche alla fine degli anni ‘50 era qualcosa di veramente magico. Poi cambiano i tempi, cambia il pubblico. Un tempo di maleducati se ne vedevano pochi e si nascondevano. Oggi si mettono in mostra e purtroppo bisogna accettarlo. Anche sotto questo aspetto c’è stato un cambiamento. Adesso Ischia si è come ingrandita, si è arricchita sotto tutti i punti di vista, come la domanda e l’offerta di eventi culturali in luoghi come ad esempio questo meraviglioso carcere mandamentale che è diventato un punto di ritrovo, di cultura, di bellezza. Tante situazioni che sono belle e positive, però se uno si affaccia per un attimo qua fuori, vede una inciviltà, una maleducazione, la conquista del benessere da parte di certi personaggi che con il danaro pensano di aver risolto la loro vita».

– E’ una questione di educazione o di valori che sono scomparsi?
«Certamente i valori si stanno perdendo. Ci sono valori che si perdono perché non hanno più importanza. Oggi l’importanza è la concretezza, “aggia i u ristorante”, questo è importante. “Aggià balla, aggià fa”. Hai voglia di fare… E poi a questi eventi si vede che c’è poca gente e questo fa rabbia. C’è poca gente che viene a vedere queste mostre, queste cose che sono meravigliose. Io credo che a questa Ischia bisogna stare attenti, perché si rischia di perderla come bellezza, non le bellezze naturali perché non è possibile, ma si perde come qualità, rischia di diventare come una cosa di poco conto. Invece Ischia è Ischia, stiamo scherzando? C’è tutto: il mare, la montagna».

– Le pongo una domanda che forse potrebbe sembrare banale. Le è mai costato il fatto di essere napoletano? Non ha mai pagato lo scotto di essere napoletano?
«Per me è stato sempre un buon biglietto da visita, un buon viatico. Perché devo dire la verità, io sono molto pigro per natura e quindi non ho mai forzato la mano e mi sono sempre accontentato di fare una cosa. C’è una bellissima canzone di Bovio che l’altra sera ha avuto grande successo: “Non voglio far niente, ecco perché sono pigro”. Fatico a litigare, fatico a combattere e fatico a spingere, perché se l’avessi saputo fare forse avrei avuto molto di più dalla mia carriera, ma molto, molto di più. Solo che a me sta bene così».

– E poi c’è quella canzone… Quella del “non va bene”
«Sì, la satira di quelli che andavano a sciare…».

– Oggi non si potrebbe più fare, ma la società è cambiata.
«No, quel tipo di testi oggi sarebbe diverso. La società era molto più forte, o meno leggera. Però ci sta. Ma poi la macchietta, oggi come oggi non è detto che debba essere per forza cantata. E quanti macchiettisti vengono chiamati cabarettisti. Il cabarettista è uno che è se stesso e parla di argomenti graffianti, politici, di solito anche di costume. Sul costume si può scherzare, indubbiamente. Ma chi ne è capace? Voglio dire, Teocoli quando faceva in televisione Caccamo, che era una macchietta…».

L’’AMICIZIA CON CORRADO

– Una domanda in conclusione. Ho un ricordo di Corrado perché ho visto una foto. Quel programma “Il pranzo è servito”…
«Di Corrado, negli ultimi suoi vent’anni, sono stato l’amico del cuore. Gli sono stato vicino perché oltre al lavoro eravamo amici al di fuori del lavoro. Andavamo in vacanza insieme, stavamo sempre insieme, un giorno sì e uno no, insieme con le famiglie e ho vissuto un periodo meraviglioso. Che cosa dire di Corrado? Era un grande anche a livello umano. Era uno che riusciva, per esempio, ad avere la forza di condurre un programma per cinquant’anni in un villaggio dove lui era amico di un prete. Si chiamava Don Gallo. Raccoglieva i ragazzi, ma non gli orfani, i disadattati con i genitori in galera, che li picchiavano.

Questi ragazzi li toglieva dalla strada, li faceva studiare. Era diventato quasi un collegio. Il villaggio Don Bosco, che si trova a Tivoli. Lui per cinquant’anni ha condotto un programma oltre ad assicurare anche la sua presenza continua economica per questo villaggio. In quegli anni lui usciva insieme a un altro carissimo amico, Franco Nero, e hanno contribuito facendo uno spettacolo nel periodo di Natale per raccogliere i fondi per questi ragazzi. Sono cose che hanno fatto la bellezza di questo personaggio, cose che nessuno sa. Però ci vuole un cuore grande così per farlo».

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