martedì, Dicembre 10, 2024

UCRAINA, MILLE GIORNI. La guerra è un doloroso divenire, non una partita a scacchi

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ANDREA ESPOSITO | Vi avverto prima, così nessuno ci rimane male. Sto già aspettando – oltre ai lemming filorussi e alle iene necrofaghe, avanguardie dei pacifinti ipocriti e meschini – quelli di voi che (per svariati motivi, tra i quali la distanza dagli eventi che inevitabilmente vi da una ingenua percezione degli stessi) mi chiederanno: ma se Trump convince l’Ucraina a negoziare…non era meglio farlo all’inizio?
La domanda non ha senso, anzi non esiste neppure.

All’inizio, mille giorni fa, febbraio 2022, non era la stessa l’Ucraina, non era la stessa l’America, né l’Europa, né la NATO e meno che mai era la stessa di oggi la Russia. In questi mille giorni, è cambiato il mondo ed è del tutto fisiologico, poiché la guerra (qualsiasi guerra) non è una gelida e schematica partita a scacchi, ma un doloroso divenire fatto di battaglie, spinte e resistenze, sangue e lacrime, ma soprattutto modificazione strutturale dei contendenti in campo. Dunque per comprendere che la domanda: “perché non abbiamo negoziato all’inizio?” non ha alcun senso (e vi farà segare a vita dalla mia bacheca, per quel poco o nulla che conta), dobbiamo prima di tutto definire (ridefinire) per l’ennesima volta il campo: quello di cui parliamo, lo ripeto da anni fino a farmi uscire le tonsille dalle orecchie, NON E’ uno scontro tra PARI in CAMPO NEUTRO. Ma è una invasione.

L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA, questo è il punto di partenza di tutto. E rimane il punto di partenza in ogni caso, non siamo all’asilo o all’oratorio: pur riconoscendo all’Occidente un piano invasivo MA NON MILITARE nei gangli delle istituzioni ucraine per portare la giovane nazione nella sua sfera d’influenza, il punto di partenza a febbraio del 2022 rimane sempre lo stesso: l’Ucraina non ha MAI avuto bisogno di alcuna spinta dell’Occidente per sfamare e sostanziare il suo desiderio di affrancarsi, liberarsi per sempre, dall’oppressione russa (cosi come tutti gli ex satelliti sovietici). E’ per questo – e solo per questo, non per i pettegolezzi della Nuland – che è cominciato tutto e tutto rimane, non una crisi, una guerra, uno scontro e bla bla bla…ma l’INVASIONE RUSSA DELL UCRAINA. Non importa come finirà, su questo nessuno di noi transige. Riguardo a tutto questo, non possiamo perdonare alla nostra amata Italia un disperato desiderio di semplificazione della questione: prima semplificavamo per paura che i nostri figli non trovavano lo yogurt al supermercato per colpa di Zelenskyi, adesso facciamo lo stesso perché Trump ci ha promesso 10, 100, 1000 di quegli yogurt…se urliamo tutti insieme agli ucraini di fermarsi e morire, senza romprere più le balle. E’ il nostro intramontabile provincialismo, storia vecchia. Siamo convinti di essere il centro del mondo, mentre ne diventiamo sempre più periferia.

Dice molto bene Mark Pisoni sulla sua bacheca, analizzando criticamente un pezzo di un autore che neppure voglio nominare:
“Definire la guerra inutile è non solo offensivo per gli ucraini che stanno lottando per la loro libertà, ma anche per tutti coloro che credono nel diritto internazionale. L’invasione russa è un’aggressione brutale e illegale, che rappresenta una minaccia per l’ordine mondiale basato sulle regole”. Evitiamo di fare i “bellini” con la bandiera palestinese solo a comodo, insomma. Se permettiamo a Putin di fare il caxxo che gli pare, il messaggio che diamo ai leader autoritari, seppure eletti, come lo è anche quello israeliano, è: liberi tutti, vince la forza, fai quello che vuoi. Poi non ci lamentiamo e non ci sciacquiamo le coscienze.
La guerra in Ucraina, dunque, non è solo una lotta nazionale, ma una battaglia globale per difendere i principi di sovranità e autodeterminazione. Quale è oggi la situazione sul campo? Putin sta davvero vincendo o no? No, non sta vincendo neppure lontanamente. Se – come ci ripetono ogni giorno Lavrov e Peskov – gli obiettivi iniziali sono per loro immutati, essi non sono oggettivamente stati raggiunti. La guerra-lampo di Putin è fallita miseramente, con le truppe russe a lungo bloccate e costrette a riposizionarsi dopo gravi perdite. Il costo umano ed economico per la Russia è stato immenso, con decine di migliaia di soldati morti, un’economia indebolita dalle sanzioni e una crescente dipendenza da paesi canaglia come Iran e Corea del Nord.

Dunque – citando sempre l’ottimo Pisoni: “Putin pensava di vincere in un paio di settimane. I piani iniziali prevedevano un rapido collasso del governo ucraino e l’instaurazione di un regime fantoccio, confermato dalle intelligence occidentale, ma anche dalle modalità con cui le truppe russe sono state dispiegate, prive di adeguate scorte logistiche per una campagna prolungata. Molti dei soldati russi fatti prigionieri nelle prime settimane avevano negli zaini le uniformi da parata, nell’aspettativa che avrebbero marciato trionfalmente per le strade di Kiev di li a poco. L’evidenza del fallimento russo iniziale smonta qualsiasi narrativa di “vittoria metodica,” perché ciò che vediamo oggi è il risultato di un conflitto trasformato in un logoramento obbligato, non di una strategia vincente”. Confondere la sopravvivenza di Putin con una vittoria è un errore grossolano. La Russia è isolata come mai prima d’ora nella sua storia, gli alleati che rappresentano la feccia del mondo non possono assicurarle futuro e benessere socioeconomico, ma solo aiutarla in una guerra che per ora ha portato a risultati opposti a quelli auspicati da Putin: i confini della Nato si sono allargati (vedi Finlandia e Svezia). I successi territoriali russi sono molto limitati, territori devastati con una popolazione (anche quella russofona) che ODIERA’ per generazioni i russi. Non ce lo dice la velina di Azov o miocuggino, ne abbiamo ogni giorno testimonianze dirette da profughi del Donbas giunti, disperatamente e miracolosamente, in Italia dopo essere fuggiti dall’occupazione russa.

Passando al lato opposto, il nostro, quello Occidentale: ve lo diciamo con il massimo di rispetto e pazienza, ne abbiamo strapiene le mongolfiere di banalizzazioni semplicistiche secondo le quali l’occidente cattivo ha brigato per costringere la Russia “ad invadere” perché la lobby delle armi vuole vendere le armi e gne gne gne. Basta, non se ne può più!
Si, esiste una lobby delle armi che vuol vendere armi.
No, la guerra in Ucraina non è né cominciata né proseguita perché l’intero Occidente si è piegato a una decina di grandi broker e 4 fabbriche americane. E’ una caxxata. L’import/export, non solo made in USA ma mondiale, ha bisogno di PACE per crescere, non di guerra: i grandi gruppi, i grandi fondi di investimento, i grandi broker in tutto il mondo, quelli che contano e determinano in parte le decisioni e posizioni dei governi, non sono i costruttori di missili ma quelli (occidentali) di auto, di prodotti chimici, farmaceutici e soprattutto alimentari e quelli (cinesi) di nuova tecnologia a basso costo, prodotti tessili e chimici. Il mondo fa più business con la PACE piuttosto che con la guerra. Semplificare gli eventi per ribaltare questa realtà fattuale, è roba da haters rincoglioniti e gretti di mente, una visione cospirazionista che non ci aiuta a trovare soluzioni. Il sostegno a Kiev non è una scelta morale, ma strategica ed economica per proteggere la stabilità e la sicurezza globale. Cosa ci dice tutto ciò che è avvenuto fino ad ora?

Alcune considerazioni basilari: 1) per sette mesi cruciali le forniture di armi all’Ucraina sono state bloccate da Trump, che ha fatto pressione sulla vecchia camera dei rappresentanti. Questo ha indebolito enormemente Kiev, che ha subito bombardamenti devastanti senza potersi difendere adeguatamente, subendo perdite gravissime di uomini e mezzi per questa mossa cinica, vigliacca e vergognosa. 2) l’alleanza della Russia con regimi totalitari canaglia (Iran, Corea del Nord, Taliban e indirettamente Hamas) non può essere sminuita come semplice dato geopolitico. Come spiega Pisoni: Mosca oggi dipende dalla “feccia totalitaria” del mondo, sul lungo termine – finita la guerra – dovrà pagare il conto. Così come le vere scelte sul futuro status russo saranno fatte a bocce ferme da potenze ambigue come Cina e India: opportuniste, non amiche dell’autocrazia putiniana, solo vantaggi economici zero etica internazionale. 3) le linee rosse sono state tutte quante, una dopo l’altra, superate dall’Occidente e dalla NATO. Il superamento di ognuna di esse è stato accolto dai russi con la minaccia dell’apocalisse nucleare. Sistematicamente, ogni volta ci hanno minacciato ed ogni volta la minaccia è scivolata lentamente nell’oblio verso la linea rossa successiva. Leggasi l’articolo di Nathalie Tocci su LA STAMPA per comprendere la differenza tra “deterrenza” e “minaccia” nella dottrina nucleare e l’assoluto bisogno che l’Occidente recuperi la prima e non si pieghi all’uso putiniano della seconda.

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