martedì, Ottobre 15, 2024

“Sangheturc”, Andrea Esposito racconta Ischia come nessun altro: «e’ noir»

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A quasi 1 anno dall’uscita del sequel de IL PAESE NASCONDE, l’ultimo romanzo di Andrea Esposito si è imposto non solo come racconto noir ma anche e soprattutto come una potente metafora tra microcosmo e mondo, dove la genuinità antica dell’isola d’Ischia si mischia con le moderne meschinità, il bene e il male si confondono anche qui da noi.

E’ uscito a dicembre dello scorso anno l’ultimo romanzo noir di Andrea Esposito, firma ormai arcinota del panorama giallistico anche a livello nazionale con la sua opera prima, Il Paese Nasconde, di cui questo racconto è il sequel. A nove mesi dal lancio, sia in versione cartacea che ebook, ma anche e soprattutto utilizzando tutte le piattaforme multimediali a disposizione, facciamo il punto con l’autore. Ma stavolta non sarà la trama del romanzo al centro della nostra discussione, bensì la sottotrama, il messaggio che questa opera di Andrea Esposito intende comunicarci e lasciarci nell’animo e nella mente.

Innanzitutto come va il libro, gira, piace?
Non ci possiamo assolutamente lamentare. Come ben sai, siamo ormai da anni in un trend di crisi per l’editoria e in particolare delle pubblicazioni cartacee che non accenna ad invertire la tendenza. In Italia si pubblicano ogni giorno 160 libri, circa 60 mila all’anno, di questi 10 mila sono testi letterari alla prima edizione. Ognuno in media vende quattromila copie. I calcoli sono presto fatti e i numeri che conoscevamo qualche anno fa dobbiamo ahimè per ora dimenticarli. Nonostante questo, Sangheturc ha avuto un ottimo riscontro di pubblico, anche e soprattutto grazie all’accorto utilizzo che abbiamo fatto dei canali di promozione e distribuzione multimediali e in generale quelli che ci ha offerto la moderna tecnologia. Tra cartaceo ed ebook siamo siamo alle mille copie, dopo mezzo anno: siamo per ora assolutamente soddisfatti.

Per chi ancora non la conoscesse, ci fai una versione super-ridotta della trama di questo tuo nuovo libro?
Gli eventi riprendono nello stesso luogo, il paesino di Forio sull’isola d’Ischia. Esso diventa, come il noir comanda, metafora e proiezioni delle contraddizioni riscontrabili nel mondo intero. Siamo a giugno 1982, serata finale della festa del patrono. Sul porto comincia lo spettacolo dei fuochi pirotecnici e due ragazzini si dondolano seduti sul molo con i piedi sull’acqua. Uno confessa all’altro un segreto terribile: ha ucciso una bambina, una loro coetanea, per gelosia. La madre, unica prostituta in paese, poteva permettersi tutto ciò che lui non aveva. Facciamo quindi un salto temporale di oltre trent’anni: ai giorni nostri, fuori ad una delle chiese del paese, viene ritrovato il cadavere brutalizzato e orrendamente mutilato di una prostituta.

È assurdo, inverosimile, eppure l’esame del DNA non lascia dubbi: sono la stessa persona, quella donna è la stessa bambina divenuta adulta. Come è possibile? Il caso è affidato al commissario Carbone, corrotto e immorale funzionario che i lettori già conoscono. Gli inquirenti si trovano a dover soppesare le mezze confessioni di vari personaggi del paese e dell’isola. Uno di loro sostiene di essere colui che nel ‘82 ha raccolto la confessione dell’assassino. Non ne ricorda il nome, ma solo l’aspetto fisico. Perché gli investigatori gli danno credito? Per via di un biglietto, un enigmatico richiamo lasciato dall’assassino che cita una frase in latino presente nella chiesa davanti alla quale non solo è stato ritrovato il corpo ma affaccia anche il balconcino coperto di fiori di Gemma, l’anziana prostituta ormai simpatica e ingobbita vecchina, madre della prima vittima. Quella frase, scolpita in eterno nella chiesa, è la stessa che compare su di uno striscione affisso sul porto, in una foto della festa del patrono edizione 1982, la stessa sera della confessione del delitto. L’ispettore Carbone, dapprima esaltato dalla grande indagine, deve ammettere a malincuore di non essere all’altezza. Chiede l’aiuto dell’UCS, l’unità per i crimini seriali guidata da Marco Ranieri, dall’anziano profiler Sir James Winterbourn e dalla patologa forense Penelope Arce. Il resto è da leggere…

Il tuo primo romanzo, quello d’esordio “il Paese Nasconde”, di cui SANGHETURC è il sequel, fece il botto. C’era quindi grande attesa per sapere come si sono evolute le vicende dei vari personaggi. Queste due trame legate da un filo lungo dieci anni ti hanno aiutato?
In parte si, sicuramente. Per altri aspetti no, è stato anche piu’ difficile riprendere il filo del contesto sociale dove viviamo, la nostra piccola isola, che in dieci anni è notevolmente cambiata.

E’ esattamente di questo che vogliamo parlare con te. C’è chi ha detto che SANGHETURC racconta Ischia meglio di un saggio sul suo tessuto sociale e sui rapporti pubblici e privati che intercorrono tra le persone. Sei d’accordo?
Non so se il romanzo colga nel segno meglio di un saggio, ma sono certo che la funzione del noir è esattamente questa, ed è questo il motivo per il quale il moderno genere “crime” resta il piu’ letto in assoluto. Non sono solo le trame avvincenti, il mistero ed i colpi di scena ad attirare il lettore, ma anche il fatto – da Raymond Chandler a James Ellroy, Grisham e Camilleri – che il noir non racconta più la realtà come vorremmo che fosse, consolatoria, esorcizzante, redenzione a lieto fine, ma la realtà esattamente così come è, piena di contraddizioni, di equivoci ed ambivalenze.

E nei tuoi libri, sotto questa lente ci finiamo tutti noi?
Si, la nostra isola ed in particolare Forio è il mio terreno di caccia, il mio luogo del racconto non scevro da un certo naturale affetto e legame campanilistico con i suoi angoli, i suoi anfratti, le sue unicità. E’ del tutto normale per uno scrittore, ma chi – come me – ha la presunzione di raccontare luoghi e persone attraverso una storia noir è inevitabile che usi il suo luogo dell’anima, nel mio caso Forio ed Ischia, come una potente metafora.

Una metafora della quale fanno parte tanti volti indimenticabili che, da una parte omaggi, dall’altra utilizzi per far passare questo messaggio di ambivalenza sociale e psicologica del posto, è così?
Si è così. I grandi del passato, da Gino Coppa a Vito Mattera, da Taki ai giganti popolareschi come Pappone alla Marina e Vito ‘e Gio’ a Monterone, non sono presenti nell’opera per una banale operazione nostalgia, non è questo l’intento, ma sottolineare come tempo e luogo, passato e presente, inevitabilmente creano una osmosi tra grandi slanci emotivi, altruismo, dolcezza e saggezza popolare da un lato, e turbo-arrivismo meschino dall’altra, cattiverie gratuite, colpi bassi, desiderio di arrivare mettendo i piedi in testa. Lo so, è così ovunque, nulla di nuovo ma è giusto raccontarlo attraverso delle storie, non solo nei ponderosi tomi. Una via di mezzo tra microcosmo e mondo intero, genuinità antica e moderne meschinità, una carrellata tra il vecchio ed il nuovo, la caratterizzazione di tanti personaggi meravigliosi che hanno fatto parte della nostra vita, della nostra infanzia e non ci sono più. Il cui posto è stato preso, spesso e volentieri, da arrembanti predatori pronti a tutto. E’ la realtà. In essa, anche qui da noi cosi come ovunque, il bene e il male si mischiano e si confondono. Questo ci turba, a volte ci ferisce e ci fa soffrire, spesso ci affascina. E’ il noir.

Sappiamo che ritieni totalmente superato catalogare un libro in base al genere letterario, eppure esiste una strada migliore di un’altra per raccontare storie?
Ritengo tramontata definitivamente l’epopea del giallo classico, quello basato sullo schema classico guardie contro ladri, quello alla Aghata Christie e alla Conan Doyle per intenderci. Anche se mantiene un suo fascino retrò, il genere non è più adatto a raccontare la realtà odierna, è troppo puro, troppo incontaminato. Sono i sottogeneri, come il Noir, e il mix di generi a farla da padroni – e giustamente – poiché raccontano appunto ciò che ci turba, ci infastidisce, ci fa arrabbiare, ci addolora e ci fa piangere, oltre ai grandi sentimenti che ci emozionano come l’amore e l’amicizia. La contaminazione dei generi, la miscellanea di tipologie di trame, non sono ipocrite, sono vere, realistiche e verosimili e sono esattamente queste loro qualità impure e sporche a renderle i mezzi migliori per raccontare il mondo che ci circonda. Qualcuno ha detto che il Noir per essere tale deve contenere sempre un po’ di realtà. Io, ribaltando l’aforismo, dico che il mondo è reale, quando ci mostra senza timori e pudori il suo lato Noir.

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