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venerdì, Maggio 17, 2024

Rizzoli & contagio: entri vivo e negativo, esci morto e positivo

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Con un problema all’intestino, un cittadino ischitano, 77enne, non ha potuto più attendere e si è sottoposto ad un intervento eseguito con successo. Poi il contagio in corsia che lo ha portato alla morte. Il 23 dicembre.

Gaetano Di Meglio | In questi lunghi mesi di Covid abbiamo imparato, ahinoi, ad inseguire come stupide adolescenti l’influencer di turno, la propaganda e gli interessi di qualche diffondi notizia ospedaliero.
E così, con lo stesso trip mentale di una 12enne che vuole vedere la sua star, in qualche modo abbiamo spento i sensori della realtà e ci siamo calati in un limbo dove l’indignazione è lasciata solo ai molti webeti dei social, ai negazionisti e a chi ha il problema in prima persona. Nulla di nuovo, per carità. Il mondo è sempre andato avanti così e la storia di Barabba è il perfetto “case history” per illustrare le scelte del popolo.
Ma veniamo a noi. Immersi in questa sorta di adulazione collettiva abbiamo completamente perso il senso collettivo di rabbia. Il problema è di chi lo vive. Il guaio resta a chi ce l’ha.

Se poi, invece, questo guaio ha un valore “virale”, o se c’è il potente di turno che alimenta l’algoritmo dell’adulazione, allora siamo tutti pronti a scendere in campo (con la tastiera, ovviamente) e a commentare o a schierarci con tizio o con caio.
Ma torniamo alla nostra isola e torniamo a questa storia che merita i riflettori della pubblica opinione e, sperando in un giudice a Berlino, magari anche un altro tipo di approfondimento.
Questa è la storia di una morte per Covid alla quale, però, non potremo mettere mi piace e che sembra sia destinata a passare inosservata, ma non dovrà essere così perché sarebbe ingiusto.

In questo caso i “mast e’ fest” del Rizzoli non hanno chiamato i nuvolini & co per farsi riprendere in grande stile, spararsi due selfie e rilasciare dichiarazioni. A loro è bastato raccontare una parte della verità e raccomandarsi che la verità venisse narrata con il taglio “a favore”. Hanno scelto il profilo migliore e se sono stati accontentati.
Beh, se anche davanti alla morte si preferisce chinare il capo in virtù di qualche ulteriore interesse economico, la vergogna è doppia. Ma forse c’è gente che ha sintomi particolari. Ti accorgi che hai il Covid quando non senti più il gusto. Diciamo che la lingua va al vento. Ecco, c’è anche una malattia che come sintomo ha la lingua al vento, ma questa non ti fa sentire la vergogna.
Prima di entrare nel dettaglio della vicenda, però, vorrei che sia chiaro che in questa vicenda ci sono due livelli di gravità. Il primo è quello tecnico che, forse, sarà oggetto di una dettagliata denuncia, il secondo è morale. E davanti a questo, qualcuno dovrà porsi più di qualche domanda.

Un signore, 77 anni, con un problema all’intestino, purtroppo per lui, non ha potuto più attendere ed è stato costretto a recarsi all’ospedale Rizzoli per sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico. In verità, per esperienza diretta, si può dire che il nostro ospedale è una vera e propria eccellenza in questo campo.
L’uomo arriva in ospedale senza Covid (e lo confermano i 3 tamponi molecolari eseguiti prima del ricovero), sano come un pesce ci andrebbe di dire, se escludiamo il problema all’intestino. Viene operato con successo però, nell’attesa di essere dimesso, viene contagiato dal Covid-19 in ospedale.
La sua condizione peggiora di giorno in giorno e dopo oltre un mese e mezzo di attesa, il 23 dicembre il paziente muore.
Si, avete capito, era entrato sano ed è uscito morto.

Non una parola ufficiale di cordoglio e di scuse. Non un segno per chi si è visto strappare un caro per le disattenzioni della struttura ospedaliera. Però, l’ordine ai “linguini” era stato dato con chiarezza: “dite che abbiamo chiesto il plasma”.
Come se la “ricerca” del plasma superimmune sia una discriminante rispetto alla morte per Covid provocato. Ed è questo l’aspetto assurdo di questa morte. Una morte che getta nello sconforto e nella paura un po’ tutti perché questa morte è collegata ai numerosi contagi di cui vi abbiamo raccontato nelle settimane scorse. Tristezza!
Spero che la famiglia trovi la forza di combattere e di chiedere alla magistratura di fare chiarezza su questa morte. Perché è assurdo pensare che un padre, un marito, un nonno, uno zio possa morire da solo, in una corsia di ospedale perché è lì che si è infettato di Covid. E’ difficile da accettare e da capire ancora di più!
Qualcuno chieda scusa, qualcuno faccia chiarezza, qualcuno si ponga qualche domanda.
E’ questo l’aspetto morale con il quale dobbiamo fare i conti. E’ questa la colpa sociale che dovremmo avere il coraggio di affrontare.

La politica tace, il sistema sanitario si auto difende e la collettività si gira dell’altro lato per non disturbare troppo il manovratore o il potente di turno. Diciamocelo, alla fine il problema è di chi lo tiene. Restate tutti zitti e muti. Restate tutti assembrati insieme con chi gestisce la baracca perché così, poi, potrete rivendicare cure speciali per i vostri cari malati (la storia dei vari movimenti e comitati finisce tutta qua!, ndr). Noi staremo al nostro posto, ben distanziati. Ultimo ma non ultimo. E’ bello, infine, sottolineare che quando leggete che in questo caso il Rizzoli si è battuto per avere il sangue, sappiate che è falso. Il sangue è arrivato da Varese, con molto ritardo, dopo l’intervento diretto di un politico vicino alla famiglia e di un parente impiegato in una struttura sanitaria del Nord Italia. E’ questo il vero problema del Rizzoli. Non possiamo entrare vivi e negativi e uscire morti e positivi al covid.

1 COMMENT

  1. Il male è di chi lo tiene, questa frase io la ripeto da una vita. E adesso ne aggiungo un’altra, si salvi chi può. Purtroppo è così, siamo arrivati a un punto che ci uccidiamo l’uno con l’altro. Questa notizia è incredibile ma presto verrà dimenticata come tutti i morti del covid. Sul Rizzoli poi cosa si può dire? Non spetta a me. Voglio solo far presente che sull’isola è l’unico ospedale. Un’ischitano può contare su di una struttura sola? Si, potrei dire. Ma questa struttura ha tutti i mezzi a disposizione per garantire una buona assistenza? Purtroppo no. Molti devono trasferirsi a Napoli perché il Rizzoli non ha come agire. E così si va avanti da una vita.

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