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domenica, Aprile 28, 2024

Rino Pilato: «Vi racconto il “Bar Calise” e 10 anni di lotte sindacali disattese»

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Il sindacalista fa luce su molti aspetti della vicenda che ha interessato la storica azienda isolana. Lui mi rispose: “Io sono Calise, non ho figli, dei miei nipoti nessuno vuole vivere l’azienda come voglio io, allora posso vivere come voglio?”»

Gaetano Di Meglio | Sul caso Calise che tanto agita l’opinione pubblica isolana di voci ne sono girate tante negli anni e nei mesi scorsi.
Per provare a mettere un po’ d’ordine nella vicenda che interessa il bar “storico” dell’isola, abbiamo sentito il sindacalista Rino Pilato che, dopo il nostro articolo di domenica scorsa, ha tracciato innanzitutto una cronistoria che parte da lontano: «Come associazione sindacale ho iniziato a seguire la problematica del Calise intorno al 2010 e ci furono diversi incontri dove all’epoca il commercialista era Ciro De Paoli. Il debito allora era la metà di quello di oggi. Facemmo delle riunioni e diciamo che avevamo trovato una prima soluzione. Ironia della sorte, l’unica attività in attivo era quella di “Calise al porto”, gli altri erano terribilmente in passivo e la spada di Damocle era proprio l’attività di Piazza degli Eroi, con costi di gestione elevati. Arrivammo anche lì ad una analisi dei costi di gestione e portammo una soluzione: la chiusura appena dopo la Befana e la riapertura prima di Pasqua, tenendo aperto solo il Chioschetto di Piazza degli Eroi, la pasticceria e giù (lo storico Bar Calise, ndr) solo i fine settimana. All’epoca, aggiungo, si emettere i voucher con il personale in disoccupazione. Questo periodo di chiusura doveva durare un mese a cavallo di Natale e poi dall’Epifania alla Pasqua. Questo piano che studiammo, compresa la vendita dell’Isola Fiorita (la wedding locationdi Casamicciola, ndr), in un quadriennio portava ad una riduzione del debito».

Ma le cose non andarono come previsto: «Puntualmente, ogni volta che trovavamo un punto di unione, il Cavaliere decideva di fare di testa propria. Anche in quell’occasione fece di testa sua e facemmo una figuraccia con il gruppo che voleva acquistare l’Isola Fiorita, proprio perché anche dopo il preliminare il Cavaliere cambiò idea. Tutte le sere mi recavo da Calise per cercare una soluzione ai problemi e un giorno gli chiesi perché un imprenditore come lui stesse compiendo quelle scelte. Lui mi rispose: “Io sono Calise, non ho figli, dei miei nipoti nessuno vuole vivere l’azienda come voglio io, allora posso vivere come voglio?”».

I DECRETI INGIUNTIVI
C’è poi un intervallo temporale, per arrivare agli ultimi anni: «Diciamo che dal 2014 fino al 2018 io non ho avuto più contatti con il gruppo Calise. Fui chiamato dal dott. Tallarico che era un esponente di uno studio che stava preparando un concordato prefallimentare. Una perizia giurata in cui si fanno presenti tutti i debiti e le possibilità di rientro. Se questo concordato va a buon fine, si ha la possibilità di avere la sospensione delle imposte, dei debiti verso il Fisco e mutui bancari. In questo piano di rientro furono inserite anche delle vendite immobiliari e vi era la problematica dei lavoratori.

Andare in fallimento significava aver riconosciuto le ultime tre mensilità, forse, e i tfr accantonati. Noi facemmo un verbale di conciliazione per tutti, in cui inserimmo tutte le spettanze che il Cavaliere si onorava a pagare con dilazioni mensili in 5/6 anni. Il concordato è passato, ma la 482 (il riferimento è alla legge che gestisce il fallimento di un’azienda, ndr) obbliga a non fare ulteriori debiti. Purtroppo l’estate 2019 è stata quella che è stata, ma anche il 2020… Certo, forse il Cavaliere nel 2020 ha perso meno rispetto a quando lavorava. Purtroppo non è riuscito a mantenere fede alle indicazioni ed è stato oggetto di decreti ingiuntivi. Ce n’è uno abbastanza pericoloso che fa correre il rischio di ricorso fallimentare».

Una serie di scelte poco ragionate che hanno portato alla situazione attuale. Ovvio che a preoccupare è il futuro dei lavoratori: «Da un punto di vista personale dispiace che non vi sia più il Cavaliere e do il mio “in bocca al lupo” al gruppo Raccioppoli che non conosco, ma mi voglio soffermare sugli articoli che ho letto.
Parliamo di un contratto che obbliga colui che fitta ad avere tutti i rapporti precedentemente costituiti e ancora in corso d’opera. E li deve assorbire con la stessa anzianità contributiva e lo stesso contratto di lavoro. Anche nel fitto di ramo di azienda si prende e si specifica se la massa debitoria viene presa da chi fitta o è sempre in solido, metà chi fitta e metà chi prende in fitto.

I contratti a tempo indeterminato non possono essere interrotti e sono almeno 60. Molti sono ancora in cassa integrazione. Ma anche per quelli che sono a tempo determinato, colui che fitta è tenuto a prenderli in considerazione.
Innanzitutto il Cavaliere dal 90% delle maestranze è stato ripagato perché nessuno si è opposto al piano di rientro, però anche lui ha messo nei crediti tutte le somme senza essere egoista in questo senso e pensando di dare ai lavoratori il solo TFR».

IL FUTURO DEI LAVORATORI
Rino Pilato scende poi in altri dettagli: «Un lavoratore che assisto è venuta e mi ha parlato di una ipotesi di accordo che gli hanno proposto. Specifico che questa persona ha un contratto a tempo indeterminato. In questa ipotesi di accordo gli hanno detto: tu avanzi 100mila euro (cifra inventata), io te ne do 70mila euro dandotene il 50% subito e l’altro 50% a ottobre; nel frattempo ti dimetti e ti assumo a tempo determinato fino a dicembre. Da un punto di vista legale, se il lavoratore accetta non fa una piega. Se il lavoratore non accetta non è un problema perché Raccioppoli si prende il rapporto di lavoro con tutte le problematiche e saranno le due aziende a stabilire come dividere il debito.

Nei giorni scorsi sono stato contattato da un esponente della famiglia Calise che mi ha detto che questa azienda subentrante ha i propri consulenti, ma mi chiedeva lumi sulla vicenda. Io mi sono permesso di dire di guardarsi bene.
Anche se Raccioppoli sostiene di fare un accordo con un verbale esecutivo, nulla vieta alla parte di rifarsi anche su Calise per la restante parte. Quindi ho invitato a leggere tutto bene durante queste transazioni dove si doveva chiarire che Raccioppoli si prendeva il debito e che, in caso di estinzione o meno del debito, Calise andava mallevato.

Hanno quindi fatto una operazione che noi come sindacato non abbiamo mai fatto. I lavoratori sulla carta, o meglio su un titolo esecutivo, non hanno perso nulla.
La procedura precedentemente attivata, la 482, è stata respinta perché vi è stato un aumento della massa debitoria. Ora c’è il fitto del ramo d’azienda, quindi tutto quanto faranno adesso viene ripresentato. Entrerà il denaro nuovo, le dismissioni immobiliari… vi sarà una nuova 482».
Tutto a posto? Sembra che in realtà vi siano ancora timori sul lungo termine. Pilato infatti rivela: «Un uccellino però mi ha detto che tutto questo è un accordo a tempo determinato e che alla fine di questo periodo, si tireranno delle somme»

E se non sarà tutto rosa è fiori?
«Calise è fallito. A quel punto, però, bisogna capire l’evoluzione di questa enorme massa debitoria che, se non viene gestita bene, sarà un disastro. Soffermiamoci sui lavoratori. Se accettano la transazione, perdono il 30% e hanno un contratto a termine. Se non accettano la transazione, hanno un debito certificato e recuperano tutto.
Ammettiamo che il lavoratore accetti ciò che dice Raccioppoli, che imprenditorialmente ragiona bene, il contratto nuovo ha tutele crescenti. Arrivati a dicembre, quando si interrompe il contratto, l’imprenditore può decidere se riprenderlo o meno. Però ora non so se il gruppo Calise è tutelato in solido rispetto al debito vantato.
In tutto questo le banche c’entrano molto perché non concedevano nemmeno più un euro ai Calise e l’esposizione con le banche, su un debito di 28 milioni, è del 55%-60%, poi ci sono imposte, contributi, tasse… adesso si può dire che un 14 milioni di euro è il debito con le banche.
Quindi loro adesso devono per forza immettere denaro fresco anche dalle vendite, per portare il debito alla diminuzione del 50% e, con una gestione particolare, riuscire a sopravvivere».
Come si vede, sul futuro si addensano comunque ancora delle nubi.

2 COMMENTS

  1. Da quello che leggo,posso solo capire e dedurre che il SIGN. Calise,era ed e’ circondato dai soliti serpenti e volponi magna soldi.ad incominciare proprio dai dipendenti.Vi ricordate la storia di quel barista,che invece di lavorare,trascorreva ore ed ore a telefonare in Spagna con il telefono aziendale,facendo arrivare bollette milionarie da capogiro?
    Non è giusto che venga screditato in questo modo sui suoi affari.
    Il SIGN. Calise Sa’ il fatto suo,e a mio modesto parere,ha fatto bene a mandarvi a fare in culo,con tutti i debiti!

  2. se ti circondi di serpenti e volponi e non vuoi innovare con nuova mentalità,( vedi nipoti) sei destinato a fallire.
    Anche se spendi male i tuoi soldi prima o poi vai sotto e questo Calise non lo ammetterà mai anche se sa il fatto suo.

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