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Ricostruzione di Ischia, un Piano senza “core” normativo. Criteri ok, Modalità ko

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Ida Trofa | Al Capo III del testo coordinato della Legge Genova troviamo tutti gli elementi che ci aiutano a capire il pericolo ed il grave danno a cui sono esposti i territori del Cratere di Ischia.
Quello delle Disposizioni urgenti per la Città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze si è mostrato da subito un provvedimento inadatto e pericoloso. Poi, coordinando per riammettere la Regione al tavolo imbandito per la spartizione politico-economica del terremoto di Ischia è divenuto la riproposizione normativa della catastrofe in senso finito e materiale. Peggio del terremoto di Ischia c’è la legge che lo governa. Peggio di entrambe c’è il PdRI che è stato introdotto, tra l’altro, l’articolo 24 bis e la cui redazione è affidata alla Regione Campania. A chi è stato vittima del Terremoto, oggi resta solo l’uso carognesco delle sciagure.

Ci sono alcuni passaggi salienti sugli interventi nei territori dei Comuni di Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno dell’Isola di Ischia interessati dagli eventi sismici verificatisi il giorno 21 agosto 2017 che ci aiutano a capire il metodo maldestro e la maniera malevola con cui si vuole imporre la volontà regionale e i suggerimenti dei suoi pifferai. Speculatori sulla pelle della gente. Un Piano senza core normativo. Un atto che non ha zone di rispetto per la stessa Legge su cui si fonda.

Core zone

Il Piano di ricostruzione dell’Isola d’Ischia per i comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, così si chiama, di fatto si concentra, però, tutto su la “DO 02.02 ottobre 2022/presa d’atto 2 novembre 2022”.
Si tratta delle specificazioni per la Zona 1, definibile la “core zone” del sisma. Ovvero due arterie stradali principali di collegamento e tocca nel Cratere i tre borghi di La Rita, Majo e Fango. Un terremoto di quartiere insomma. Qui, nella tavola della vergogna, troviamo colorate in rosso le UMI che comprendono edifici aggregati edilizi non ricostruibili in sito.

In arancio troviamo le UMI nelle quali è possibile il recupero e/o la ricostruzione in sito d’iniziativa privata. Quasi a dire: noi dalla stanza dei bottoni facciano i guai, voi dalle macerie di Ischia ne pagate le conseguenze. Continuano a giocare all’allegro ricostruttore senza pensare a dare risposte serie, certezza e correttezza amministrativa alle comunità colpite.
Studiando la mappa se ne evince chiaramente la redazione a “pene di segugio”.
Che sia basato su un disegno artato, messo in atto dalla mano umana, senza che lo stesso si fondi su una evidenza scientifica, tecnica o anche un semplice idea di paese, di disegno urbanistico, di riqualificazione ambientale e di messa in sicurezza dei luoghi, è lapalissiano anche all’occhio del profano. Un disegno senza “core”.

Vuoto normativo. Metti il criterio, Stravolgi il criterio

Se poi ci vogliamo provare a sovrapporre il tutto sui criteri imposti dalla Legge Genova, i paletti che i decisori istituzionali hanno enunciato come teoremi annunciando il parto degenere del PdRi, ebbene è ancor più chiaro che l’impianto non va. Quegli stessi criteri vengono stravolti in atti dalla sola DO 02.02.
La riduzione del rischio sismico, il rischio idraulico, la tutela del paesaggio sono andati a farsi benedire. Sfidiamo chiunque a dimostrare il filo logico e il collegamento della tavola DO 02.02 ai criteri che la Legge Genova impone. Gli stessi che poi sono suggellati da ordinanze e decreti commissariali.
Il nesso di casualità tra il danno ed il sisma, la scheda Aedes, le finalità della Legge Genova che norma anche il terremoto di Ischia non trovano applicazione nel Piano Regionale (PdRi). Anzi contribuiscono a creare un ulteriore vuoto normativo. Si ci arroga la presunzione di voler redigere un atto senza averne gli strumenti. Un atto che stravolgerà la vita di molti, per sempre.
Dettami che non sono contemplati, minimamente, nel PdRi.

In ultimo, ma non per ultimo, il PdRi indica come da ricostruire in sito edifici gravati da RESA e provvedimenti di demolizione in contrasto, ancora con la norma e con i requisiti necessari per accedere ai fondi sisma e già oggetto di inchiesta della magistratura.
Con i criteri che ha imposto la Regione, oggi la stessa Regione ci presenta un documento in cui si travolge tutto e ci dice di un “dio che non è dio”. Dove mette i criteri e poi li stravolge. Quale futuro possiamo immaginare? Nessuno.

Pericolose contraddizioni tra zona R4 e assenza di nesso di casualità per il danno

Nell’enormità dei guai combinati con il PdRi vogliamo sottoporvi due questioni tra le tante. Pericolose contraddizioni diremmo.
La prima riguarda il rischio idraulico e tutti gli edifici che sono stati lasciati in zona R4 dal PdRi, incuranti della necessità imposta, in primis, dalla stessa legge sulla ricostruzione ma dal Piano regionale stesso che statuisce la riduzione delle situazioni di rischio idrogeologico.
Se poi vogliamo andare ancora un poco più lontano nelle leggi Italiane, nessuno degli stessi edifici presenti in zona R4 possono essere destinatari di concessioni edilizie in sanatoria. Ovvero non potranno mai avere la definizione del condono.
Alle zone di spopolamento da delocalizzazione regionale aggiungiamo altre zone di spopolamento da R4. Una De-costruzione a cui aggiunge il fondato rischio che le persone continuino a vivere in luoghi insicuri rattoppati alla meno peggio perché lo stato non li risarcirà mai. Come minimo. Quindi ci chiediamo dove sta questo paventato recupero e la messa in sicurezza.

Passiamo poi a tutti gli edifici che il Piano della Regione Campania ha indicato come da delocalizzare, ma che per non aver subito danni da sisma nel corso dello Stato di Emergenza del 2017, non sono mai stati censiti dagli agibilitatori della protezione civile, non sono destinatari della Scheda Aedes, né tantomeno di ordinanze di sgombero che attestino quel che la legge sulla ricostruzione chiede si attesti per indennizzare o riconoscere particolari diritti. Non solo lo chiede la Legge Genova ma anche le varie ordinanze commissariali emanate in ossequio alla stessa.
È più che evidente come esista un vuoto normativo che di fatto, oggi, ancora di più con il PdRi, rallenta le procedure di ricostruzione. Oggi alla gente viene detto, ancora, dopo quasi 6 anni, di aspettare? Aspettare cosa? Aspettare che impariate la lealtà istituzionale e la correttezza amministrativa o aspettare che l’Italia diventi un altro paese? Ancora tristemente si confonde il merito ed il privilegio di essere stati messi alla gestione della Ricostruzione più difficile del bel paese, alla Ricostruzione di Ischia che, proprio questa gente, venuta dal mare ha offeso ed umiliato durate i giorni della tragedia e che oggi ne abusa, la violenza, destinandole ancora offese ed umiliazioni.

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