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venerdì, Maggio 17, 2024

La poetessa d’Ischia Vittoria Colonna e l’intenso rapporto con Michelangelo nelle lettere di Francisco de Hollanda

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Elena Mazzella | Quando pensiamo a Vittoria Colonna, poetessa d’Ischia, ci viene subito in mente un nome ancor più illustre: quello di Michelangelo, genio indiscusso del Rinascimento, artista assoluto e tormentato. La figura di Vittoria è stata quella di una donna complessa, inquieta, dalla vita avventurosa e divisa tra fede e passione. Bionda e colta, che danzava come una Menade in furia, visse la sua vita sempre in “guerra intima”, indizio del suo dolore intellettuale sono i famosi versi “sempre dubbiosa fu la mente mia”.

Nata in una nobilissima famiglia, figlia del capitano Fabrizio Colonna e di Agnese di Montefeltro, Vittoria ricevette un’educazione raffinata, ed ebbe la possibilità di frequentare i letterati più importanti dell’epoca. Giovanissima, cominciò a dedicarsi con successo alla poesia, sulla scia delle liriche amorose del Petrarca, diventando una delle prime donne intellettuali dell’età moderna. Per suggellare l’alleanza con la potente famiglia D’Avalos, castellani dell’isola d’Ischia, Vittoria fu promessa in sposa a Ferdinando Francesco quando era ancora bambina (aveva tre anni), e prese il titolo di marchesa di Pescara. Da allora l’isola d’Ischia entrò nel suo destino.

Il matrimonio fu celebrato nella cattedrale del Castello di Ischia il 27 dicembre del 1509 ed è inutile dire quanto sfarzosi e sontuosi furono i festeggiamenti, descritti come memorabili negli annali dell’isola. Le cronache dell’epoca raccontano che la sposa indossava una veste di broccato bianco con rami d’oro adornata di un mantello azzurro, e altrettanto fastosi furono i doni, tra cui un letto alla francese di raso rosso foderato di taffettà azzurro, regalo del padre, e una croce di diamanti e dodici braccialetti d’oro, dono dello sposo. Insomma, un matrimonio da sogno, degno di una principessa.

Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, nata nel 1490 e morta nel 1547, è stata una delle protagoniste assolute del panorama culturale del XVI secolo; la sua fama, oltre che ad essere legata alla complessità delle appassionanti vicende che la guidarono dalle intellettuali mondanità del periodo giovanile fino all’intensa partecipazione al clima di inquietudine spirituale e religiosa che marcava il suo tempo, risulta in gran parte congiunta allo stretto vincolo di speciale amicizia che la unì a Michelangelo Buonarroti. I due intesserono una trama di intensa relazione tra il 25-30 e i primi anni quaranta del Cinquecento, in quel momento particolarmente delicato del percorso creativo del maestro che coincide con l’esecuzione del “Giudizio finale” fino all’esito conclusivo della tormentata vicenda del monumento funebre per papa Giulio II. Storicamente il rapporto risalirebbe agli anni Trenta, ma probabilmente esso fu avviato prima.

Il matrimonio con D’Avalos, sebbene combinato per servire le politiche di famiglia, era riuscito anche dal punto di vista sentimentale, ma i due coniugi non trascorsero molto tempo insieme a Ischia dove si erano stabiliti, perché Ferdinando Francesco nel 1511 partì in guerra agli ordini del suocero per combattere per la Spagna contro la Francia. Fu preso prigioniero in occasione della Battaglia di Ravenna nel 1512 e deportato in Francia. Successivamente, divenne un ufficiale dell’esercito di Carlo V e rimase gravemente ferito durante la Battaglia di Pavia, il 24 febbraio 1525. Vittoria partì subito per raggiungerlo ma la notizia della sua morte la colse mentre era in viaggio. Cadde in depressione e meditò il suicidio ma riuscì a riprendersi anche grazie alla vicinanza degli amici e lasciò Ischia definitivamente nel 1532, ormai quarantenne e matura per il recupero di se. Tra gli amici con cui strinse rapporti stretti, troviamo la figura di Michelangelo, di cui fu amica e musa: l’amicizia trova una dettagliata descrizione indiretta in un racconto di un giovane pittore portoghese, Francisco de Hollanda, a Roma per studiare e conoscere l’arte antica.

La preziosa testimonianza, di seguito riportata, è tratta dal raro volume “Michelangelo, grafia e biografica di un genio” (Biblioteca di via Senato edizioni) promosso dal Credito Italiano, su gentile concessione di Clementina Petroni.

“Il definitivo trasferimento a Roma di Michelangelo è determinato dalla decisa volontà del nuovo pontefice Paolo III. Il breve del 1 settembre 1535 con il quale il papa nomina Michelangelo supremum Architectum, Sculptorem et Pictorem costituisce anche il riconoscimento giuridico dell’incarico della pittura del Giudizio finale nella Cappella Sistina: incarico già precedentemente assunto di fatto con Clemente VII.

Francisco de Hollanda, durante il suo soggiorno a Roma, partecipa alle dotte riunioni che si tengono nella chiesa di San Silvestro intorno a Vittoria Colonna. Così descrive le circostanze che lo portano a questo fortunato incontro: “Capitò una domenica che io dovessi recarmi, come solevo fare altre volte, da messer Lattanzio Tolomei, che con l’aiuto di messer Blosio, segretario del papa, mi aveva fatto stringere amicizia con Michelangelo. Ma essendomi stato comunicato in casa sua che egli si trovava a Monte Cavallo, nella chiesa di San Silvestro con la signora marchesa di Pescara, ad ascoltare una lettera delle Epistole di San Paolo, me ne andai a Monte Cavallo e a San Silvestro”. Tra i documenti di Michelangelo molte carte che provengono dalla Camera Apostolica sono sottoscritte da Blosio, con il quale sicuramente Michelangelo in questo periodo era in stretto contatto. Quando Vittoria Colonna manda a chiamare Michelangelo e lo vuole far intervenire nella questione della pittura, usa le stesse espressioni decise e cordiali che ritroviamo in un breve biglietto che scrive all’artista per avere un poco, anche se non è finito, il Crocifisso che sta dipingendo per lei. Queste narrazioni di contorno, che introducono ai veri e propri dialoghi della pittura, sono le parti che più sembrano corrispondere alla realtà. Per esempio mi pare ricostruito fedelmente il dialogo tra la poetessa e Michelangelo che ha con lei le stesse battute argute che nelle lettere rivolge agli amici. Lei gli chiede consigli sul progetto di un nuovo monastero di suore che il papa le ha concesso di costruire alle falde di Montecavallo e sul modo di riutilizzare l’antica costruzione. E quando Michelangelo accetta di occuparsi della costruzione, lei risponde: “Non osavo chiedervi tanto, ma so che seguite in tutto la dottrina del Signore e in questo siete eccellente poiché, insomma, vi comportate da uomo saggio e generoso e non come un prodigo ignorante”.

Di questo viaggio in Italia di Francisco de Hollanda rimane il suo quaderno di schizzi e disegni che egli stesso intitola Das Antiqualhas, ora nella biblioteca dell’Escorial. Che lui abbia conosciuto Michelangelo ce lo attesta la lettera del 15 agosto 1553, che dimostra anche la sua intraprendenza: “Et per il grande amore che io tengo alle cose rare, maxime a le de vostra Signoria del tempo che io fui in roma, gli prego che de sua mano mi faccia gratia di mandarme alcun desegno in memoria de le opere sue”.

Dunque nel 1538, che è la data di questo primo dialogo, l’amicizia di Michelangelo e Vittoria Colonna appare consolidata. Da questo periodo, Frey individua una produzione di circa ottantanove poesie, raccolte ed ordinate e pronte per l’edizione a stampa. Questo progetto fu poi interrotto a seguito della lunga malattia di Vittoria Colonna, seguita da morte nel 1547”.

E se a noi resta la leggenda dell’amore vissuto ad Ischia tra la signora d’Ischia, Vittoria Colonna e il pittore Michelangelo, la storia ci restituisce testimonianze certe del loro rapporto che tutt’ora continua ad affascinare ed incantare. Laddove si unisce la pittura alla poesia, si apre un muro invisibile che ci proietta tra ciò che si sente e ciò che si può.

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