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lunedì, Maggio 6, 2024

La guerra e le sue vittime

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Insegniamo ai bambini ad amare la Vita, realizzando il loro capolavoro per agire coscientemente

Psicologicamente di Enzo Sarnelli | La guerra è contro la vita, non risparmia nessuno, costringe tutti, adulti e bambini a dover cambiare pelle per poter sopravvivere. Per il nostro cervello, l’unica possibilità per scampare alla morte è rifugiarsi nei sotterranei, al buio, per scampare ai bombardamenti.

Ma con il suono persistente e assordante delle sirene tutti rischiano di diventare angosciati. In queste condizioni inumane, i più piccoli restano maggiormente traumatizzati quando anche gli adulti sono spaventati e perdono il controllo della situazione.

Dalle informazioni raccolte in passato in zone di guerra, si è compreso che i bambini, sia pure angosciati, possono non cadere nel panico quando gli adulti di riferimento riescono ad essere presenti, garantendo loro supporto e sostegno psicologico e a permettere alla fiducia di divenire un buon alleato. In queste condizioni, sono di grande aiuto per i bambini, tutte le attività creative che in qualche modo attivano le loro capacità immaginative: disegnare, giocare, parlare, ma anche piangere rappresentano un vero e proprio modus operandi che gli permette di tollerare questo livello di turbolenza emotiva.

Gli adolescenti, che riflettono e comprendono quello che sta accadendo, anche loro traumatizzati da un’aggressione crudele e incomprensibile, cercano di reagire. Difronte al vuoto esistenziale generato dal profondo senso di impotenza, reagiscono sul campo opponendosi ai militari, organizzandosi in gruppi per contrastare l’avanzata russa: un modo per non farsi inghiottire e soverchiare dal senso di impotenza di fronte al dramma dei morti, alla distruzione dei centri abitati e al rischio di perdere la loro identità soggettiva e sociale. L’impatto traumatico peggiore dal punto di vista psicologico è infatti la sensazione di non poter fare nulla, l’impotenza che alimenta il pensiero di restare completamente inermi dinnanzi agli eventi. Per molte vittime, sarà un’esperienza destrutturante che lascerà purtroppo ferite anche emotive importanti, alimentando in loro la spinta a vendicarsi. Psicologicamente ognuno reagisce in modo soggettivo, attivando le proprie capacità innate e apprese durante il ciclo di vita.

E’ ovvio che, in generale, tutti abbiamo avvertito un profondo senso di spaesamento, di confusione e schiacciamento emotivo. Ma il fatto grave è stato causato anche dalla velocità del susseguirsi degli eventi, dal passaggio repentino da nazione sicura e accogliente a bersaglio geopolitico. Per i bambini, in modo speciale, la sofferenza aumenta proprio perché viene colpita la loro costruzione identitaria e quindi il complesso sistema del senso di fiducia. La guerra non è un gioco, si può spiegare ma l’età fa la differenza, per i più piccoli è meglio tenerli lontani dalla tv, dove spesso vengono trasmesse scene di bombardamenti, palazzi che crollano e anche cadaveri, persone ferite, bambini come loro in piena disperazione.

Le immagini hanno un impatto immediato sulla psiche e di grande suggestione superiore alle parole. Quindi è preferibile evitare di instillare paure e ansie che non possono risolversi in azioni costruttive e difensive, in primo luogo si cerca di avviare un dialogo aperto, cercando di capire che cosa hanno visto e sentito, e quali sentimenti provano, poi si può spiegare che la guerra è pericolosa e dannosa, ma sono in minoranza le persone che la causano e sono molte di più coloro che la evitano, privilegiando il confronto e il dialogo. Un modo per supportare un momento di forte impatto emotivo è lo spostamento del discorso dal conflitto bellico alla pace.

Questo intervento psicologico può invogliare la volontà di poter reagire, di poter fare attivamente qualcosa. Subito dopo l’evento scioccante, è essenziale confrontarsi e supportare i più piccoli attraverso le parole giuste, in questa modalità si trasmette la sensazione di esercitare un qualche controllo sugli eventi e che la pace è possibile. Spiegare che esiste una collettività che aiuta e che favorisce l’attivazione di iniziative utili per salvaguardare la sopravvivenza di tutti, questo pensiero supporta il concetto che “aiutare gli altri aiuta se stessi”. Con i ragazzi si lavora a mente aperta, favorendo l’apertura verso l’idea che tutti possiamo agire perseguendo la pace. Diviene importante il confronto con i sentimenti e le loro opinioni, si può simulare anche una tattica di intervento sul campo, dove tutte le parti sono chiamate ad agire, guardando verso la risoluzione del conflitto. Si parla dei luoghi in cui avvengono gli scontri e delle strategie che vengono usate da entrambe le parti. Ciò che fa la differenza tra chi guerreggia e chi pacifica è la capacità animica di coloro che intendono la vita il bene prezioso unico e inalienabile, che tutti noi esseri umani abbiamo il compito di tutelare per il bene universale che rispetta tutte le creature che sono ospitate sulla madre Terra.

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