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sabato, Maggio 18, 2024

Gelormini inquina le indagini, finisce a Poggioreale. Si indaga sulle “vie del mare” dei rifiuti

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A quanto pare il Gelormini, oltre a mandare messaggi criptati al proprio collega isolano per evitare che alcuni documenti finissero nelle mani delle fiamme gialle, ha avuto contatti anche con altri soggetti. Molti dei quali in procinto di essere sentiti dal pubblico ministero. Spingendosi a dare consigli impropri, ma al solo scopo di salvaguardare la sua persona.

Paolo Mosè | Non è finita qui! L’aggravamento della misura cautelare dagli arresti domiciliari al carcere disposta dal giudice per le indagini preliminari De Angelis si basa sul tentativo di inquinamento del quadro probatorio. Il commercialista napoletano Alessandro Gelormini è stato quindi prelevato dalla sua abitazione e tradotto nella casa circondariale di Napoli Poggioreale. E’ ciò che voleva il sostituto procuratore della Repubblica John Henry Woodcock, che nella prima richiesta aveva chiesto il carcere per tutti. Ma nell’occasione il giudice ritenne di confermare di fatto la detenzione nelle quattro mura domestiche ove il Gelormini era già detenuto nell’ambito dell’inchiesta madre condotta dalla Procura di Napoli Nord. Il provvedimento cautelare scaturì dalla decisione del tribunale del riesame di rimettere gli atti da Napoli Nord a quella partenopea, per essersi il reato di corruzione consumato nel capoluogo campano. E precisamente nell’ufficio al centro direzionale del Gelormini. A quel tempo monitorato da una “cimice” che consentiva agli investigatori di ascoltare tutto ciò che si dicessero nello studio privato.

Nell’edizione del 12 ottobre scorso, preannunciavamo che il pubblico ministero Woodcock avrebbe fatto qualcosa di significativo e lo ha fatto. Appena venuto a conoscenza che il proprio indagato dalla sua abitazione cercava di governare alla meglio tutto ciò che ruotava intorno alla sua attività professionale, che continua a passare sotto la lente d’ingrandimento dell’autorità giudiziaria. Un’attività illecita non avendo alcuna autorizzazione per comunicare con l’esterno, allo scopo di tentare di alleggerire la propria posizione, di nascondere tutto ciò che non era stato ancora rinvenuto dalla polizia giudiziaria. In particolare ciò che era nella disponibilità di un consulente finanziario che opera anche nel comune di Forio e che era diventato negli anni una sorta di persona di fiducia del Gelormini. E’ stata intercettata tra l’altro una lettera che lo stesso Gelormini avrebbe inviato all’armatore Salvatore Di Leva, un imprenditore di Sorrento che è socio in alcune tratte con il gruppo Lauro. Seppur adottando alcune precauzioni, quelle informazioni, quelle telefonate, non sono passate inascoltate. Anzi, hanno trovato gli investigatori preparati ed hanno informato il pubblico ministero Woodcock, il quale senza alcun tentennamento è partito lancia in resta e ha chiesto l’arresto, o meglio l’aggravamento della misura, immediatamente accolto dal gip.

LA CORRUZIONE DEI FINANZIERI
Una misura che se l’aspettava la difesa, alla luce di ciò che era stato “scoperto”. A quanto pare il Gelormini, oltre a mandare messaggi criptati al proprio collega isolano per evitare che alcuni documenti finissero nelle mani delle fiamme gialle, ha avuto contatti anche con altri soggetti. Molti dei quali in procinto di essere sentiti dal pubblico ministero. Spingendosi a dare consigli impropri, ma al solo scopo di salvaguardare la sua persona. Appalesando che dichiarazioni di convenienza potessero mettere al riparo anche il testimone costretto a sedersi di fronte ai finanzieri o dinanzi a Woodcock. E’ stata una corsa e una indagine a centottanta gradi e questo modo di operare o di porsi, non è affatto una novità. A quanto pare proprio alcuni giorni dopo l’esecuzione dell’ordinanza agli arresti domiciliari disposti dal gip del tribunale di Napoli Nord, l’indagato avrebbe tentato di aggiustare il tiro. Avendo letto nell’ordinanza che lo riguardava di sue mosse ed in particolare una che lo disturbava particolarmente. La famosa mazzetta versata ai due finanzieri che erano stati incaricati di eseguire un accertamento nei confronti di un imprenditore cliente del Gelormini. Riuscendo a convincere i due pubblici ufficiali di scrivere una informativa un po’ diversa, che escludesse una rilevanza penale. Racchiudendo la violazione solo nell’ambito amministrativo. Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto di Napoli Nord Domenico Airoma, il Gelormini avrebbe chiesto al cliente imprenditore un versamento di 6.000 euro che avrebbe poi girato ai due finanzieri. Mentre in realtà ne consegnò soltanto 4.000 di euro, i restanti 2.000 finirono nelle sue tasche. E tutto questo movimento è stato registrato durante la conversazione che venne tenuta nel suo studio privato, inconsapevole che in qualche nascondiglio della stanza era stata piazzata la microspia.

La corruzione è quella che fa più male e da qui il sostituto Woodcock è partito, “annusando” che il filone si sarebbe allargato a macchia d’olio e per individuare e incastrare altri eventuali personaggi tendenzialmente favorevoli alle attività illecite già dalla fine del luglio scorso sono partite autorizzazioni per ottenere delle intercettazioni telefoniche di diverse utenze mobili. Per i più esposti e per i personaggi più succulenti è arrivato a chiedere l’installazione del trojan. Una infernale applicazione che consente di ascoltare tutto ciò che avviene anche quando il telefonino è spento in un raggio d’azione di diversi metri da dove viene riposto. E su questo sistema Woodcock ha messo seriamente in ginocchio la Consip, che è una struttura voluta dal governo per gestire tutti gli appalti pubblici degli Enti nazionali e sovranazionali.

INTERROGATO TRUDA
Nelle prossime ore Gelormini verrà sentito durante l’interrogatorio di garanzia ed assistito dall’avvocato di fiducia Giuseppe Fusco. E senza dubbio il giudice gli contesterà alcune telefonate, registrazioni che si sono dimostrate indispensabili per ottenere l’aggravamento della misura coercitiva. Ed a queste sono associate delle dichiarazioni rese da alcuni testimoni o coindagati che sono stati convocati in una stanzetta particolare per chiedere delucidazioni su alcuni episodi.

Altro particolare che balza all’attenzione è che mentre la Guardia di Finanza e la Capitaneria di Porto procedevano all’esecuzione della misura nei confronti del Gelormini, nella mattinata di ieri veniva sentito dal pubblico ministero Woodcock l’altro concorrente nella corruzione dei due finanzieri, Francesco Truda, anche lui sottoposto agli arresti domiciliari per aver di fatto consegnato i 6.000 euro a Gelormini per corrompere i due finanzieri Giuseppe Muriello e Saverio D’Avanzo. Uno detenuto in casa e l’altro ospite del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. A quanto pare un interrogatorio sollecitato dalla difesa dell’imprenditore napoletano, che ha una voglia impellente di uscire nel più breve tempo possibile da questa indagine. Disponibile a trattare con la pubblica accusa un patteggiamento di pena che possa essere contenuta. Ma l’ipotesi è complessa e di non facile soluzione. Il sostituto Woodcock non è certamente malleabile al ribasso per una pena che consenta di non superare la soglia dei due anni. L’altro ostacolo che si frappone è che il Truda ha già due sospensioni condizionali per altrettante sentenze e diventa non percorribile una terza “benevolenza”.

IL CONSORZIO
La presenza della Capitaneria di Porto sta a significare che il sostituto John Henry Woodcock, come abbiamo preannunciato in modo palese nel servizio del 12 ottobre scorso, sta indagando anche nell’ambito degli imprenditori del trasporto marittimo e non è da escludere che già da tempo si origlino le comunicazioni di tutti coloro sui quali si sono accesi i riflettori della ribalta. E come sempre abbiamo detto il 12 ottobre scorso, già l’attenzione era alta nei confronti del Gelormini, anche perché è emerso dalle stesse indagini già sviluppate dalla Procura di Napoli Nord il suo incarico alla presidenza del consorzio Co.Tra.Sir. Altro non è che la creazione di una sigla in cui compaiono come soci gli imprenditori più importanti che si occupano del trasporto dei rifiuti solidi urbani e delle merci cosiddette pericolose e che avevano creato questo monopolio dopo che tra loro si era scatenata una guerra senza esclusione di colpi per accaparrarsi il maggior numero di clientela. E alcuni di questi personaggi, per combattere l’imprenditore nemico, vomitavano costantemente mitragliate di denunce per mettere in difficoltà l’altro armatore. Una situazione che avrebbe prodotto certamente gravi ripercussioni al settore e richiamato l’attenzione della Capitaneria di Porto e certamente della procura della Repubblica. In questo scenario il Gelormini figurava divenire il garante di tutti gli interessi e la creazione del consorzio si mostrava l’unica strada percorribile. Ma di fatto si era resa possibile la creazione di un tariffario molto salato per chi era obbligato ad utilizzare queste navi per il trasporto dei rifiuti e delle merci cosiddette pericolose.

E molti di questi imprenditori erano costretti a subire le imposizioni, non avendo alternative. A chi si era dimostrato nel passato poco disponibile, era stato richiesto il pagamento anticipato per imbarcare i propri automezzi. Sono notizie che la polizia giudiziaria ha raccolto e sta vagliando. Ecco perché vi è la presenza della Capitaneria di Porto in questa indagine e che è risultata essere attiva nella esecuzione della misura cautelare in carcere per il Gelormini. Ciò sta anche a significare che la procura della Repubblica ha già monitorato alcune situazioni legate alla gestione di compagnie di navigazione che hanno avuto un rapporto molto stretto con il commercialista Gelormini. Non dimenticando, tra l’altro, che nell’inchiesta di Napoli Nord compare il noto imprenditore foriano Nicola D’Abundo che nel passato è stato il maggiore azionista della compagnia di navigazione Medmar prima che venisse ceduta interamnete al figlio e alla sua ex consorte. Si stanno quindi valutando alcune operazioni sulla creazione di alcune società e il travaso o meno di alcuni beni di una certa consistenza. Tutto viene svolto nel massimo riserbo. E senza dimenticare che lo stesso D’Abundo si ritrova con il sequestro giudiziario di una parte del Castello Aragonese, ovverosia il maschio, che è stato utilizzato come bene di garanzia per alcune banche, e che la proprietà è passata molto spesso da una società all’altra con il solo travaso delle quote societarie detenute.

LA STRATEGIA DELLA PROCURA
E’ quindi un’indagine non affatto conclusa e i nuovi filoni accantonati, ma mantenendo lo stesso numero di iscrizione e la tecnica che viene molto spesso utilizzata dai pubblici ministeri è chiudere determinati filoni. Compiere una serie di stralci e mandare velocemente dinanzi al giudice alcuni indagati. Soprattutto quelli sottoposti a misura cautelare, che possono essere giudicati e rapidamente sottoposti alla verifica del giudice del dibattimento. Con una procedura snella e con rinvii da un’udienza all’altra molto stretti che possono condurre a una sentenza passata in giudicato anche nello spazio di qualche anno. In modo che chi viene condannato debba obbligatoriamente scontare ciò che è stato statuito dal collegio giudicante. E nel frattempo continuare le indagini su altri filoni ove compaiono altri soggetti e tra questi potrebbero essere chiamati a difendersi anche coloro che nel frattempo sono dinanzi ad un giudice per altri reati.

L’arresto per l’aggravamento della misura era prevedibile. Non avendo il Gelormini mostrato una volontà chiara ad una “collaborazione” con il pubblico ministero in modo da far luce su alcuni altri episodi e velocizzare di molto l’inchiesta, attirando nel calderone altri indagati che non erano ancora stati individuati o scoperti dalla polizia giudiziaria.
Quale sarà l’atteggiamento del Gelormini quando comparirà dinanzi al giudice De Angelis che sarà accompagnato dal sostituto Woodcock? La detenzione in carcere non è la stessa di quella domiciliare. E’ molto più tosta. E rimanere un bel po’ in una cella non fa certamente piacere e può sfiancare anche chi ha una personalità capace di affrontare gravi disagi.

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