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giovedì, Aprile 25, 2024

Disposto il processo immediato per il giudice Alberto Capuano

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Il gip di Roma De Robbio firma la richiesta avanzata dalla procura della Repubblica. «Non esiste questione nella quale egli abbia rifiutato di entrare o corruzione alla quale abbia mostrato, se non distacco morale, almeno disinteresse…»

Paolo Mosè | E come era prevedibile arriva puntualmente il decreto di giudizio immediato nei confronti dell’ex giudice della sezione distaccata di Ischia Alberto Capuano. A firmare il provvedimento è il giudice per le indagini preliminari Costantino De Robbio, lo stesso che ha firmato il 27 giugno scorso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, accogliendo la richiesta della procura della Repubblica del sostituto Varonecon il coordinamento del procuratore aggiunto Paolo Ielo.

Il gip ha anche fissato la prima udienza dinanzi al tribunale in conformazione collegiale per il prossimo dicembre. La mossa della Procura era prevedibile, avendo la necessità di portare l’imputato in stato di detenzione, come molti esperti del settore pronosticavano. Ad emettere una sentenza i giudici del tribunale di Roma, competenti nel giudicare reati commessi dai magistrati in servizio nell’ambito del tribunale di Napoli. Insieme a lui dovranno comparire alla stessa data gli altri imputati detenuti, vale a dire Antonio Di Dio, Giuseppe Liccardo e Valentino Cassini, che sono anche loro ininterrottamente posti nella casa circondariale di Napoli Poggioreale.

E fino ad ora tutte le iniziative portate avanti dai difensori per modificare l’attuale stato in una misura meno afflittiva non hanno trovato alcuna valutazione favorevole. A quanto si sa, tutte le ipotesi di reato sono state confermate dal pubblico ministero e che non ha trovato alcuna obiezione da parte del giudice De Robbio. Anche in relazione a ciò che il tribunale del riesame si era espresso, ritenendo che alcuni episodi non fossero meritevoli di una misura coercitiva. Tant’è che anche per quelle accuse ove per i giudici della “libertà” non sussistevano i gravi indizi di colpevolezza, la Procura ha voluto lo stesso che gli imputati comparissero dinanzi al tribunale per difendersi da episodi verso i quali la difesa riteneva che non dovessero finire in dibattimento. Né il giudice per le indagini preliminari ha voluto modificare il suo convincimento, andando dritto per la sua strada.

LA SCELTA DELLA DIFESA

A questo punto per la difesa si pone una scelta fondamentale e al tempo stesso delicata: prendere atto della volontà della pubblica accusa e iniziare il processo a dicembre; oppure accorciare i tempi e chiedere che il Capuano (o anche per gli altri imputati, se lo decideranno i difensori) possa affrontare la sua storia giudiziaria scegliendo il rito abbreviato. In questo caso gli atti torneranno nuovamente all’attenzione dell’ufficio gip, ma sarà un altro giudice ad emettere eventualmente la sentenza. In quanto il collegio difensivo, formato dagli avvocati Furgiuele e Lojacono, potrebbe chiedere il rito abbreviato condizionato. Che equivale ad una richiesta di sentire qualche testimone, un accertamento che vada alla ricerca della verità, deposito di documentazione nuova che possa anche fondarsi su indagini investigative della difesa, eccetera. A quel punto il giudice, di fronte ad un abbreviato condizionato, potrebbe anche respingere la richiesta e gli atti in quel caso ritornerebbero al tribunale.

Consentendo alla difesa di riproporre la medesima istanza e anche qui è necessario il consenso del giudicante. E’ una valutazione delicata, come si vede, in quanto la sentenza verrebbe emessa sulla base degli atti raccolti dal pubblico ministero ed eventualmente sulle osservazioni documentali del collegio difensivo. Ma siamo in una ipotesi tutta da concretizzarsi. E in quella sede il pubblico ministero certamente riuscirebbe nell’impresa di dimostrare la penale responsabilità, avendo dalla parte sua più elementi da porre all’attenzione del giudice. Il rito abbreviato è quindi rischioso e la difesa azzarda a percorrere questa strada solo nel caso in cui ha elementi forti per convincere il gip ad emettere una sentenza di assoluzione. Nell’altro caso si sceglie questo rito anche quando vi sono condizioni di responsabilità pregnanti e che serve alla difesa per ottenere uno sconto di un terzo della pena.

Stesso ragionamento dovranno fare i difensori degli altri imputati, che si trovano a dover raggiungere insieme a Capuano il traguardo dei quattro mesi di detenzione. La data è del prossimo 3 novembre. E se dovessero convincersi che l’unica strada praticabile è quella di finire in dibattimento per rivisitare le accuse con l’esame testimoniale, la loro permanenza in carcere sarebbe di sicuro fino a quando non inizierà il processo. Ma anche in questi casi il tribunale, prima di modificare lo stato detentivo, attende qualche udienza ed ascolta i primi testimoni della pubblica accusa.

LA LUNGA DETENZIONE

Diciamolo francamente che la detenzione così lunga per il giudice Capuano è diventata quasi ingiustificabile. Una punizione troppo evidente e determinata, in quanto si basa esclusivamente sulle esigenze, che a quanto pare non sussistono più. Essendo le indagini ormai concluse già da prima del decreto di giudizio immediato con la notifica della chiusura delle indagini preliminari (il famoso 415 bis codice di procedura penale). Inoltre il Capuano è stato sospeso dalle funzioni di magistrato con delibera approvata dal Consiglio superiore della magistratura; gli altri imputati si ritrovano nelle medesime condizioni e quindi non vi è possibilità di incontro o di inquinamento probatorio. Essendo tutte le prove ritenute valide dall’accusa state raccolte già da un bel po’ di tempo. E negli ambienti giudiziari si sussurra, si sottolinea che mantenere la custodia cautelare in carcere in questo momento non è giustificabile e che in questa fase sussistono tutte le condizioni per la concessione quantomeno della detenzione domiciliare. E lo dicono eminenti avvocati e gli stessi magistrati in servizio nell’ambito del distretto della Corte di Appello di Napoli. Quali sono le ragioni di mantenere lo status quo? Mostrare i muscoli con un collega per dire che anche nell’ambito della magistratura l’azione è determinata, anche nei confronti di colleghi che si macchiano di responsabilità e di atteggiamenti sbagliati.

E allora resta inalterato ciò che hanno scritto oltre tre mesi fa e notificato agli interessati. Anzi la Procura ritiene che siano stati provati altri episodi sui quali è necessario svolgere un approfondimento immediato per accertare la sussistenza della penale responsabilità di un magistrato che avrebbe avuto rapporti troppo leggeri con gli altri soggetti che sono tuttora insieme a lui in stato detentivo. E lo si spiega nella misura cautelare, in cui si osserva che a Napoli alcuni personaggi cercano canali preferenziali per ottenere dalla giustizia risposte che a loro interessano. E’ un aspetto che, però, ha trovato dura risposta non solo dalla classe forense, ma soprattutto da alcuni rappresentanti della stessa magistratura partenopea che hanno rispedito al mittente certe osservazioni del gip romano. Il quale ha evidenziato che «Chiunque è costretto, suo malgrado, ad avere rapporti con gli uffici giudiziari del distretto interessato sembra poter usufruire, qualora lo voglia, di un canale sotterraneo per deviare il corso del procedimento in cui è interessato: è sufficiente contattare Di Dio perché questi vagli la questione e procuri il collegamento, reale o il più delle volte (si spera, ma le indagini sono tutt’altro che terminate) fittizio con un esponente della magistratura giudicante o requirente.

La sua capacità di piegare la pubblica funzione a fini privati sembra non conoscere confini: procedimenti penali, civili e fallimentari, nonché i concorsi per l’accesso in magistratura e per allievi ufficiali dei Carabinieri».

IL MOSAICO ACCUSATORIO

E che tale attività illecita avrebbe travalicato i confini della magistratura per intaccare i vertici delle forze dell’ordine, come è raccontato dallo stesso giudice, per consentire l’arruolamento di alcune persone sponsorizzate da uno degli attuali imputati, vale a dire il consigliere della Municipalità di Napoli: «Si tratta di un’attività con carattere seriale, come dimostra l’eloquente affermazione secondo cui uno dei suoi tramiti illeciti, il comandante della Capitaneria di porto, oltre a poter distorcere il concorso per allievi ufficiali dei Carabinieri, “ha fatto entrare mezza Napoli in Finanza”.

Nel suo caso, così come per gli altri indagati di cui si dirà, più che di “pericolo” di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per i quali si indaga sembra più corretto parlare di assoluta certezza che ciò che avverrà: il Di Dio è il principale protagonista di un sistema corruttivo che va avanti con impressionante cadenza da diversi anni e che potrà essere arrestato solo con l’adozione immediata della misura cautelare personale».

E secondo l’accusa tale comportamento sarebbe stato posto in essere dal giudice partenopeo in servizio presso la sezione distaccata di Ischia: «Considerazioni analoghe devono essere svolte per Alberto Capuano; il giudice del tribunale di Napoli ha mostrato disponibilità a tutte le proposte corruttive che Iovine, Cassini e Di Dio gli hanno avanzato.

Non esiste questione nella quale egli abbia rifiutato di entrare o corruzione alla quale abbia mostrato, se non distacco morale, almeno disinteresse: qualsiasi tentativo di avvicinamento di colleghi e cancellieri gli sia stato prospettato ha trovato in lui una sponda pronta e compiacente, si trattasse della procedura di abbattimento di un umile manufatto di un fabbro o dell’assoluzione di soggetti accusati di far parte della criminalità organizzata e del dissequestro dei loro beni.

Il Capuano ha messo a completa disposizione di chiunque volesse la propria competenza tecnica, offrendosi di visionare fascicoli processuali per suggerire strategie, imponendo la nomina di avvocati e contattando i magistrati assegnatari dei procedimenti per convincerli a decidere non secondo giustizia ma per il perseguimento di fini economici del tutto incompatibili con la funzione rivestita».

Bisognerà soltanto attendere alcuni giorni o al massimo qualche settimana per capire quali saranno le contromosse dei difensori, che ovviamente saranno prese di comune accordo con gli imputati, i quali dovranno attentamente valutare quali possono essere le ripercussioni negative nel caso in cui si dovesse scegliere la strada del rito abbreviato dinanzi ad altro giudice dell’ufficio gip di Roma, che non sono particolarmente pacati nell’emettere le sentenze di condanna.

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