giovedì, Ottobre 10, 2024

Arrivederci padre Mario

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Elena Mazzella | Padre Mario non dimenticarti di noi. E’ la toccante frase pronunciata spontaneamente da un timido bambino che, avvicinatosi a padre Mario dopo la messa, lo abbraccia affettuosamente.

Per una strana casualità del destino, il padre francescano, guardino della chiesa di Sant’Antonio tempio custode delle spoglie di San Giovan Giuseppe, ha celebrato la sua ultima messa proprio in occasione dei festeggiamenti dedicati al più bel fiore di Aenaria, patrono d’Ischia, prima di lasciare la sua parrocchia definitivamente.

Dopo nove anni il guardiano della Chiesa di Sant’Antonio ad Ischia, lascia il suo incarico.

L’ischitano fra Mario partirà infatti per la sua nuova missione che lo vedrà vestire il saio come parroco presso la chiesa di San Pasquale al Granatello, a Portici. Ieri sera, circondato dalla sua numerosa e commossa comunità, ha lasciato il suo messaggio di commiato durante la celebrazione della sua ultima eucarestia nel tempio dedicato a Sant’Antonio, risalente all’undicesimo secolo.

Nove anni, dicevamo, durante i quali la comunità di Sant’Antonio, grazie alla sua nuova guida spirituale, ha rispolverato le vecchie tradizioni irrorandole di nuova luce con un tocco di fresca modernità.

Dalla restaurazione totale del tempio duecentesco con organo antico annesso, all’introduzione del Presepe a grandezza d’uomo sull’altare con riferimenti alla vita dei pescatori del borgo della Mandra, padre Mario si è letteralmente rimboccato le maniche per portare agli antichi splendori la chiesa francescana e restituirla alla comunità più bella e nuova che mai. Tante le novità apportate alla festa in onore di Sant’Antonio (il giorno tredici di giugno), che ha inizio il primo giorno di giugno con la vestizione della cotta e della stola al Santo, durante la quale ha reintrodotto, con il coinvolgimento e l’aiuto di tutta la comunità, manifestazioni culturali di alto spessore artistico.

Di grande importanza e rilevanza l’arrivo ad Ischia, lo scorso 15 febbraio in occasione del Triduo della Lingua di Sant’Antonio, del busto del Santo direttamente da Padova per ben quattro giorni.

Incontriamo padre Mario dopo la sua ultima messa e lo troviamo intento ad abbracciare affettuosamente i tanti fedeli, tra i quali tanti bambini, accorsi per salutarlo.  

Padre Mario, come si sente all’indomani della sua partenza, di nuovo, dalla sua isola?

Ero pronto. Non potrò mai dimenticarmi di Ischia e degli ischitani. Sono figlio di questa terra e qua ritornerò sempre. Sapevo già da tre anni ormai che sarei stato trasferito una volta ultimati i lavori alla Chiesa. Sono passati ormai i miei nove anni come guardiano della Chiesa di Sant’Antonio e, come vuole la norma della nostra Costituzione, non possiamo avere lo stesso incarico che si rinnova ogni tre anni, oltre i nove anni. Questo è anche bello perché così facendo non ci si impossessa dei ruoli: oggi siamo qua e non si sa fra nove anni dove potremmo essere. Fino ad oggi sono stato guardiano, da domani sarò parroco in altra comunità. Niente ci appartiene, siamo forestieri e non è importante quello che facciamo ma ha la sua valenza il come lo si fa. Posso dire con grande soddisfazione di aver avuto tanto affetto e tanto aiuto dalla gente di Ischia.

C’è un profondo dispiacere fra i membri della sua comunità per l’imminente partenza. Comunità che è andata via via aumentando in questi nove anni, testimonianza del fatto che ha lasciando un segno tangibile.

Si, questo mi riempie il cuore di gioia ma io posso solo dire che è il Signore che ha operato attraverso di me, perché da solo non avrei potuto fare niente. Io come persona non sono niente. Porto in Chiesa le mie fragilità i miei limiti e se avessi fatto tutto da solo sarebbe stato un disastro. Invece grazie a Lui abbiamo potuto fare tante cose, e attraverso me e nonostante me abbiamo potuto fare grandi cose, operando bene.

Lei si è reso ambasciatore della parola del Vangelo, facendo in modo che essa arrivasse in maniera diretta al cuore dei fedeli e lo ha fatto con un linguaggio semplice e comprensibile.

Il sacerdote è il ministro della parola per cui noi non dobbiamo fare valutazioni su tante cose, ma ci dobbiamo limitare a portare la parola di Dio nella quotidianità. Il pensiero personale interessa a pochi, quindi credo che quando la gente viene in chiesa, ci viene per ascoltare la parola di Dio. Oggi si parla troppo e spesso a sproposito per le strade, in tv, sui social, per cui dare questa vera e propria boccata di ossigeno che è la parola di Dio alle persone significa infondere speranza e consolazione, proprio perché la parola di Dio è quella e basta e va accettata senza mezzi termini. Del resto anche S. Antonio, che noi vediamo raffigurato dolce con il bambino in braccio e con il giglio, è stato chiamato il martello degli eretici: quando c’era da gridare e da puntare il dito su ingiustizie lui lo faceva senza mezzi termini. Bisogna recuperare il coraggio della parola, soprattutto della parola scomoda, ma pur sempre parola. Del resto a Gesù l’hanno messo in croce per questo, perché la sua era una parola scomoda. Ora non dico che dobbiamo essere come Lui perché sarebbe un’impresa troppo ardua, ma almeno seguire la strada che ha tracciato per noi.

Padre Mario, sin dal giorno della sua venuta come guardiano alla chiesa di Sant’Antonio, si è distinto per la sua capacità di unione e aggregazione, grazie alla quale ha avvicinato tantissimi fedeli alla chiesa e fondato una comunità molto affiatata che comprende persone di tutte le età.

Si, ma ribadisco che da solo non avrei potuto fare niente. Il Signore si è servito di me in questo, anche perché essendo ischitano ho avuto la possibilità di avere una porta aperta. Devo dire che ci sono stati tanti ritorni nella comunità e mi auguro che con la mia partenza non ci sia una sorta di diaspora. Mi auguro veramente di no, perché quando si lascia un bel segno, quel segno deve rimanere in quanto tale e non legato alla figura della persona. Il sacerdote è una figura che si paragona ad un ponte in quanto collegamento, e in questo caso egli è il mezzo che collega a Dio.

Abbiamo creato una comunità di persone che ritrovavano il senso dello stare insieme in maniera semplice. Ad Ischia c’è tanto individualismo soprattutto sia inverno, stagione in cui si tende a chiudersi dentro, che in estate periodo in cui si pensa al lavoro e non ci si vede mai. Il fatto di poter stare insieme e condividere tanti momenti anche di festa è stato per me molto importante.

Padre Mario, che messaggio vuole lasciare alla sua comunità?

Mi auguro che le tante persone che sono ritornate a vivere la Chiesa e la parola di Dio non scappino. Se questo dovesse accadere mi dispiacerebbe molto perché significherebbe che tutto sia stato legato solo legato alla mia figura. Il messaggio che voglio lanciare è proprio questo: che si continui a vivere la comunità con il senso di unione e di appartenenza, indipendentemente dalla figura fisica.

Voglio dire a tutti gli isolani che è stato bello stare con voi ritornare nella mia terra, in cui sono tornato dopo trent’anni e dalla quale vado via dopo nove anni. Voglio dire un sentito grazie che parte dal cuore, non mi sono mai sentito solo in tutti questi anni, mi avete sempre fatto sentire una presenza incisiva ed efficace. Vi porto nel cuore, tutti, e vi accomando alle vostre preghiere come io farò per voi e per tutta l’isola d’Ischia. Continuiamo a volerci bene, sempre, perché il bene sorpassa il mare, abbatte le distanze e ci fa sentire tutti vicini.

E chissà, forse un giorno potremo rivederci, grazie a tutti di cuore.

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