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lunedì, Maggio 20, 2024

Non facciamoci scappare Don Bechele!

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Conserva, integro, tutto il candore e la genuinità del bambino che, partendo dal suo piccolo villaggio etiope, affrontava tutti i giorni un cammino di decine di chilometri per andare a scuola. Ha studiato, ha maturato la vocazione, è stato, infine, ordinato sacerdote. Un sorriso che mette buonumore. Veste da sacerdote, pensa da sacerdote, parla da sacerdote, vive da sacerdote. Oramai è un membro a pieno titolo della bella famiglia che gravita sotto il glorioso campanile della Parrocchia di Santa Maria di Montevergine in Forio.

Sempre disponibile, forse solo un po’ timido, discreto e riservato. A dispetto della mole imponente e massiccia, è leggero e agile, essenziale, gioviale, sorridente. Don Bechele rappresenta la conferma di come la Provvidenza, in tempi di vocazioni poche e povere, non fa mai mancare la sua assistenza. Ora, però, tocca (toccherebbe) agli uomini fare la propria parte: al Vescovo, ai presbiteri della nostra Diocesi, agli stessi fedeli. Non facciamoci scappare Don Bekele Biru Koraga! In un’epoca, la nostra, che taluni studiosi hanno definito “liquida”, altri addirittura “gassosa”, nella quale cioè tutto – e a iniziare proprio dai rapporti umani- è all’insegna del momentaneo, del precario, del provvisorio e del fugace, almeno la Chiesa dovrebbe lavorare per le cose che restano, che durano, che resistono, che cioè non hanno “date di scadenza” come le buste di latte perché sono prodotte, impastate, costruite e pensate dall’Eterno.

Cristo stesso, fondando la Sua Chiesa, ha parlato di “roccia”, non di fumo che vola via col vento. Ha esortato ad essere pastori, guide, testimoni, non ballerine che volano di qua e di là come fossero delle quagliette qualsiasi… Gli uomini, i giovani, gli anziani anche quelli di oggi, anche quelli che se ne stanno lontano dalle chiese e dalle sacrestie, dalle sale conferenze e dai convegni, dai sinodi e dalle tavole rotonde… hanno bisogno, mai come in questa ora di confusione, di punti di riferimento stabili non traballanti, reperibili non deperibili. Identificabili e distinguibili. Hanno bisogno di ascolto, vicinanza, fiducia, confidenza. Hanno bisogno di essere a loro volta conosciuti e riconosciuti.

Vale per tutti gli uomini, anche per quelli che vivono nella contrada dello Scentone a Forio. Ascolto e vicinanza: due concetti molto cari al nostro attuale Vescovo Carlo Villano che, tuttavia, sembra non avere in agenda la nomina del nuovo parroco per questa porzione di chiesa che è in Ischia. E, allora, ci si chiede, in che modo sarà mai possibile assicurare compassione, ascolto, prossimità senza quella necessaria presenza fisica sul territorio, senza quella disponibilità totale e radicale che caratterizzava i cattivissimi, antipaticissimi e “antiquaticissimi” preti di una volta? Consentitemi una chiosa personale per giocare di anticipo con i soliti soloni che si stanno precipitando a darmi la lezioncina di catechismo moralisteggiante.

Mi pare già di sentirli: ecco la solita polemica di chi tiene sempre da ridire… ecco il solito che dimentica la crisi delle vocazioni, il dovere dell’obbedienza verso il Vescovo e della carità verso i fratelli. Ma va là! Sia chiaro che, come sempre, parlo a titolo personale, anzi mi scuso se provocherò qualche imbarazzo nei gli altri, infinitamente più di me, assidui e autorevoli parrocchiani (che non frequento, ma che stimo e ammiro).
Come sempre firmo con il mio nome e cognome, anche perché profondamente schifo chi si trincera dietro l’anonimato, o le firme apocrife. No, non mi interessa la polemica. Scrivo, mi agito, protesto, mi indigno solo ed esclusivamente per amore della verità, dei miei figli e delle mie adorate “vecchine coi rosari”.

Soprattutto, non ho bisogno di fare il “protagonista”, anche perché “i miei temi” i miei “argomenti” (e specialmente questo dei preti e delle vecchine coi rosari) sono fuori tempo massimo, non rendono, non creano consenso, simpatie, approvazioni. Voglio cioè dire che sono mosso unicamente dall’amore per le cose in cui credo. Come oggi, come ieri e come sempre. E non guardo in faccia a nessuno. Se sbaglio e se il tribunale degli uomini mi condannerà, confido ugualmente nella misericordia di chi tutto sa valutare, vagliare, giudicare.

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