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sabato, Maggio 4, 2024

Affidamento degli ormeggi al porto di Lacco Ameno, è iniziato il processo a Perrella e Grasso

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Inchiesta portuale. Sul banco degli imputati Gaetano Grasso e Giuseppe Perrella. Le ipotesi sono di concorso in abuso d’ufficio e di violazione delle norme del Codice della navigazione. Secondo il pubblico ministero si è proceduto all’affidamento senza indire una gara pubblica. Il tribunale, nel rinviare il dibattimento, ha preannunciato che alla prossima udienza accusa e difesa dovranno presentare i mezzi di prova per dare il via al primo esame del testimone della Procura

 

Si è aperto e si è subito chiuso con un rinvio il processo per affidamento di uno specchio d’acqua con annessi attracchi del porto di Lacco Ameno. Dove sono stati rinviati a giudizio dal giudice dell’udienza preliminare l’allora responsabile dell’Ufficio Demanio del Comune di Lacco Ameno Gaetano Grasso ed il responsabile della società che aveva ottenuto la concessione, Giuseppe Perrella. Il pubblico ministero delle indagini ipotizza il concorso in abuso d’ufficio ed una violazione delle norme del Codice della navigazione.

Il tribunale ha dovuto prendere atto che in questa fase dibattimentale (siamo alla prima udienza) si procede solo per la “incanalizzazione” del processo, al fine di consentire successivamente alle parti di affrontare i mezzi di prova su cui poi si procederà alla verifica della verità giudiziaria. Ossia se da parte dell’amministrazione pubblica (per il tramite del Grasso) ci sono stati o meno dei favoritismi tali da consentire alla società in capo al Perrella di ottenere una corsia preferenziale. Concedendo l’area demaniale ad una sorta di “trattativa privata”. Non percorrendo la strada più congeniale di un bando pubblico affinché tutte le società interessate potessero concorrere ad una gara per l’assegnazione degli ormeggi dello specchio d’acqua del comune di Lacco Ameno. Questa fase sarà affrontata il prossimo anno, allorquando il pubblico ministero chiederà al giudice l’autorizzazione per l’approvazione della lista dei testimoni che sono stati già elencati e soprattutto un cospicuo numero di documenti al fine di dimostrare quali sono stati i rapporti intercorsi tra il Grasso in qualità di funzionario dell’Ente pubblico e la società che aveva poi infine ottenuto l’autorizzazione.

Dall’altro l’altrettanta lista di testimoni della difesa al fine di chiarire la legittimità della procedura intrapresa. In particolare sulla possibilità che la legge consente di trovarsi un “partner” per svolgere un servizio di pubblica utilità, avendo questa società un rapporto che va al di là della sfera privatistica e di collaborazione con lo stesso Comune di Lacco Ameno. Tant’è che gli avvocati dei due imputati hanno già raccolto una serie di sentenze della Suprema Corte di Cassazione che ha affrontato nodi simili e che hanno avuto un percorso alquanto travagliato nei primi due gradi di giudizio. Con sentenze altalenanti, tali da indurre i giudici della legittimità a fare chiarezza. In particolar modo per le partecipate dei Comuni a cui venivano assegnati senza gara d’appalto alcuni servizi di rilevanza sociale. In questi particolari casi i difensori avevano sostenuto che questo tipo di scelta era stata in qualche modo imposta, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, proprio per scongiurare infiltrazioni di società collegate indirettamente con organizzazioni criminali. Capaci di eludere i controlli della stessa magistratura e delle forze di polizia.

Su quest’assegnazione c’è stata all’epoca una forte contrapposizione nell’ambito della politica locale e con alcuni imprenditori che avrebbero voluto tentare la scalata per aggiudicarsi una buona fetta del turismo da diporto. E a fare baccano erano stati proprio quegli esponenti politici che oggi si ritrovano tutti nella stessa maggioranza che governa Lacco Ameno e a quel tempo all’opposizione. Sindaco in quel periodo era Carmine Monti.

Il pubblico ministero, con l’ausilio della polizia giudiziaria, ha di fatto vivisezionato la società “Marina del Capitello S.C.A.R.L.” e riguardava soprattutto cinque pontili che consentivano di avere diversi approdi e di ottenere delle cospicue entrate finanziarie capaci di far fronte alla massa delle richieste che provengono soprattutto nel mese di agosto. Dagli accertamenti svolti sarebbe emerso in questa fase che il Grasso sarebbe stato l’affidatario delle concessioni, mentre il Perrella l’istigatore per ottenere dalla Pubblica Amministrazione quanto richiesto. Una ipotesi di abuso d’ufficio perché in questo caso si sarebbe realizzato un vantaggio patrimoniale per la “Marina del Capitello” e indirettamente al suo legale rappresentante: «Perché Grosso Gaetano, in qualità di Responsabile dell’Ufficio Demanio Marittimo del Comune di Lacco Ameno nonché di esecutore materiale del reato, in concorso con Perrella Giuseppe, in qualità di rappresentante legale della società Marina del Capitello S.C.A.R.L. – richiedente con stanza del 22 aprile 2015 l’affidamento in gestione per ‘esercizio 2015 (maggio – ottobre 2015) dell’intero approdo turistico di Lacco Ameno – e di istigatore del reato, nell’esercizio delle sue funzioni a abusando del suo ufficio pubblico, su istigazione del Perrella (che determinandolo concorreva nel reato), rilasciava in data 5 giugno 2015 l’autorizzazione ex art. 45-bis Codice della Navigazione alla società Marina del Capitello S.C.A.R.L.senza l’esperimento di alcuna procedura di evidenza pubblica – alla “gestione degli approdi e specchi acquei riguardanti i  pontili A, B, C, D, E, F e gli approdi esterni a nord” ed in tal modo intenzionalmente procurava alla suddetta  società un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nell’ottenimento del predetto affidamento per il periodo dal 5 giugno al 31 ottobre 2015, in violazione delle seguenti norme…».

La prima norma affrontata dalla procura della Repubblica riguarda la buona gestione della cosa pubblica che necessita soprattutto trasparenza, rapporti chiari tra le Amministrazioni locali, come in questo caso, e le parti private che intendono svolgere servizi che interessano l’intera comunità. Il richiamo del decreto legislativo serve, per l’accusa, ad evidenziare che nel caso del porto di Lacco Ameno si sia operato al di là di questa norma approvata dal legislatore: «Art. 30, co.3 del D. Lgs. 163/2006, secondo cui “La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto de principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criter selettivi”

– Art 3 co 1 e co 5. del Decreto Dirigenziale n. 133 del 5 ottobre 2010 della Regione Campania rubricato “Trasparenza e concorrenza nell’ipotesi dell’art. 45-bis cod. Nav secondo cui: “1. In omaggio ai principi di trasparenza non discriminazione parità di trattamento, concorrenza e libertà di stabilimento tra soggetti interessati all’occupazione e l’uso di aree demaniali marittime e specchi acquei, i concessionari che intendano essere autorizzati, ai sensi dell’articolo 45 bis cod. Nav, ad affidare ad altri soggetti la gestione delle attività oggetto della concessione devono manifestare detta volontà nell’istanza di rilascio o di rinnovo della concessione demaniale marittima.(…)».

L’altro elemento su cui si basa l’ipotesi di abuso d’ufficio è perché nel caso di specie sarebbe stata violata una norma del Codice della navigazione che di fatto disciplina i rapporti dei Comuni con soggetti terzi: «I concessionari qualificabili come enti pubblici e soggetti analoghi, quali organismi di diritto pubblico o imprese pubbliche, qualora chiedano, nell’ipotesi disciplinate dai precedenti, commi, l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 45 bis Cod. Nav ad affidare ad altri soggetti la gestione delle attività oggetto della concessione, devono individuare il soggetto affidatario con procedure ad evidenza pubblica, dandone comunicazione nella relativa istanza»

L’ultima contestazione che viene mossa al Perrella e al Grasso è quella specificata al Codice della navigazione avendo, secondo il pubblico ministero, rilasciato la gestione di un bene pubblico in modo illegittimo e per aver consentito successivamente di occupare arbitrariamente le aree demaniali: «Perché Perrella, in qualità di amministratore della società Marina del Capitello S.C.A.R.L. e di esecutore materiale de reato, in concorso con Grasso, in qualità di Responsabile dell’Ufficio Demanio Marittimo del Comune di Lacco Ameno e di agevolatore, in forza dell’autorizzazione per l’affidamento della gestione dei servizi di nautica da diporto illegittima in quanto rilasciata in violazione o disposizioni normative di cui al capo 1. arbitrariamente occupava gli approdi e gli specchi acquei riguardanti i pontili A, B, C, D, E ed F, gli approdi esterni a nord del porto di Lacco Ameno, spazi del demanio marittimo».

Questa vicenda riporta alla mente qualcosa di più clamoroso accaduto diversi anni fa. Tra il 2006 e i 2007, quando un’indagine del sostituto procuratore della Repubblica Catello Maresca sconvolse la piccola comunità politica ed amministrativa. Allorquando si stava procedendo alla realizzazione dei lavori per il riassetto e la riqualificazione dell’intera area del porticciolo. Per renderlo più funzionale e consentire un agevole ormeggio di barche da diporto di tutte le dimensioni. E guarda caso tutto accadeva nel periodo estivo con sequestri degli specchi d’acqua, dei cantieri dove si procedeva con una certa determinazione a creare quelle strutture indispensabili. Con l’apposizione sugli specchi d’acqua dei pontili galleggianti. Tutti ovviamente sequestrati dapprima da un provvedimento del gip su richiesta della Procura. E poi dissequestrati dal tribunale del riesame dopo una forte ed incessante battaglia in sede giudiziaria al fine di far emergere che i lavori che si stavano eseguendo erano nella piena legittimità di gestione e finanziamento da parte dell’Ente comunale. Realizzandosi una maxi-indagine che si estese poi alla società “Lacco Ameno Servizi”, che oltre a gestire la raccolta dei rifiuti, si occupava del mantenimento del verde e di parte degli approdi marittimi. Con sequestri e dissequestri a ripetizione fino a che non si giunse alla “resa dei conti” con la richiesta di rinvio a giudizio. Conclusasi solo pochi mesi fa con una decisione del giudice Alabisio che di fatto dichiarava molti di questi reati prescritti, altri con sentenza perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato. Solo per due imputati c’era stato il rinvio a giudizio, ma riguardava fatti non inerenti al comune di Lacco Ameno, bensì ai lavori del porticciolo di Sant’Angelo.

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