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giovedì, Maggio 2, 2024

Querela sbagliata, prosciolto l’avv. Alfredo Baggio

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Paolo Mosè | A volte un piccolo errore, una dimenticanza, il non aver seguito la procedura rischia di rendere inutile qualsiasi denuncia. Querela sbagliata ed il giudice del dibattimento, chiamato a verificare quanto prodotto dalla parte civile nella fase delle indagini preliminari, emette sentenza di non doversi procedere per mancanza delle condizioni di procedibilità. E’ quanto è accaduto pochi giorni fa dinanzi al giudice che di fatto ha dichiarato che nei confronti dell’avv. Alfredo Baggio non vi erano mai state le condizioni per procedere nei suoi confronti per il reato di diffamazione. Aggravata per aver pubblicato su Facebook una lunga e articolata valutazione nei confronti di un personaggio foriano. Il quale, vistosi chiamato in causa in modo esplicito, aveva presentato querela tramite il suo difensore di fiducia. In modo erroneo e la circostanza è stata immediatamente evidenziata dall’avv. Antonio Trani, difensore del collega che il pubblico ministero aveva ritenuto aver posto in essere un’azione diffamatoria.

E in questo confronto tra difesa, pubblico ministero e giudicante si è andati avanti per alcune udienze. Perché nel frattempo il giudicante è cambiato. Nella prima istanza presentata dall’avv. Trani, questa improcedibilità per difetto di querela non era stata ritenuta così grave da emettere sentenza di cessato contenzioso. Riproposta all’atto del cambio del giudice, questa volta il confronto si è basato perlopiù sugli aspetti tecnici della vicenda e sulla esatta interpretazione data in più riprese dalla Suprema Corte di Cassazione, che si è riunita per discutere di fatti analoghi.

Soddisfatto l’avv. Alfredo Baggio ed altrettanto il suo difensore avv. Antonio Trani, che sin dall’inizio ha sempre dichiarato che anche nel merito non vi erano le condizioni per portare questa vicenda dinanzi al tribunale. Era una polemica tra due persone che risiedono nel comune di Forio e si sono confrontate su tematiche che interessano un po’ tutta la vita sociale di Forio. Baggio più determinato a far prevalere le proprie ragioni anche con argomenti forti, che hanno infastidito – si presume – il denunciante. Un personaggio conosciuto per essere un imprenditore che per un certo periodo ha avuto un importante successo nella gestione degli affari.

I MESSAGGI SU FACEBOOK
L’accusa si poggiava su un capo d’imputazione in cui si facevano anche degli apprezzamenti sulla parte offesa e in particolare sulle attività svolte dalla presunta vittima. Così riassunte dal sostituto procuratore della Repubblica Luigi Santulli: «Perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, offendeva il decoro e la reputazione del denunciante pubblicando più messaggi diffamanti nella stessa giornata all’interno dello spazio sociale cosiddetto Facebook aperto a tutti, costituiti dalle testuali parole: “ti rispondo. Hai fatto morire (omissis) per droga rubandoti la sua proprietà. Avevi truffato una vedova cercando di rubarti il negozio che non ho acquistato e non so nulla. Ti sei rubato 400.000 euro al gioco… hai un’amante e tua moglie ti dà da mangiare. Hai rubato sempre e morirai disperato”».
Ma non è finita qui, la verve poetica dell’imputato si è spinta oltre, dando ulteriori risposte nei post su Facebook. Scrivendo: «Adesso rispondi alla coscienza, ladro. Io, contrariamente a te, lavoro, studio e mai approfitterei degli altri».

E’ andato giù pesante e queste righe che abbiamo riportato dimostrano che molto probabilmente tra le parti i rapporti non erano più idilliaci come un tempo? Il seguito è altrettanto per così dire significativo: «Io ti ho chiamato per nome e ho riportato il nome del giovane che depredato e fatto morire per droga. E’ risaputo da tutti. Sei ripugnante e anche tuo fratello ti ha allontanato e ripudiato perché sei inaffidabile. Non rispondo più alle tue calunnie. Chi fa morire attenda la stessa sorte».
L’ultimo colpo è altrettanto pepato e lo si afferma nella primissima battuta: «Sei un ladro. Ma un ladro deficiente che si fa scoprire. Devi dire un solo caso che ho rubato o raggirato, uomo di niente. Non insistere perché ricordati che le colpe dei padri ricadono sui figli».

E in ultimo un bel presentat’arm: «Attento».
Il pubblico ministero Santulli, di fronte a tutta una serie di frasi pesanti, ha contestato la circostanza aggravante dell’attribuzione di fatti determinati. E’ chiaro che il tribunale in questa fase e con questa pronuncia non è mai entrato ad esaminare e valutare quanto scritto dall’imputato durante il confronto con la parte offesa, che tra l’altro non ha mai inteso costituirsi parte civile. Una questione che si è chiusa nei preliminari, sul corretto iter seguito dal denunciante e dal suo difensore, che a quanto pare era stato “autorizzato” a svolgere determinati compiti, ma non quello di sostituirsi nel deposito della querela in Procura.

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