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mercoledì, Maggio 8, 2024

Premio Aenaria. Una bella sala per “Io speriamo che me la cavo”

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Si apre il sipario sul premio Aenaria. Tanti applausi per la compagnia “Colpi di scena” di Gravina

Gianni Vuoso | Comincia così questa terza stagione teatrale del Premio Aenaria, che ha riscosso davvero un grande successo, sull’isola e oltre i suoi confini. Un evento sbalorditivo che si è imposto fra gli appuntamenti nazionali, al punto che ormai gli altri guardano al Premio Aenaria come al miglior festival del teatro amatoriale, a quello meglio organizzato, al più rappresentativo. Tanto che la corsa per accaparrarsi la partecipazione sta diventando sempre più affannosa. Da tutta Italia le compagnie sperano di essere scelte, di sbarcare ad Ischia, di essere insignite di un premio, di una segnalazione. E scusate se è poco.
Un lavoro, quello di Corrado Visone con la collaborazione di Enzo Boffelli, Cenzino Di Meglio e pochi altri, che deve essere segnalato con il più profondo rispetto, perché ad Ischia sono poche le iniziative nate e seguite con tanta attenzione, con tanta serietà, con una continuità encomiabile e soprattutto, con la certezza di andare lontani e con la concretezza di aver creato un volano estremamente interessante dal punto di vista culturale, economico, sociale, turistico; un’occasione per aggregare masse di giovani, per andare oltre il teatro in sé, per trasformare la vita di tutti i giorni, la società, i problemi di un paese in un ingranaggio perfetto che mette insieme tanti pezzi, con un sincronismo apparentemente misterioso, ma in realtà emotivo e razionale.

 

Segue dopo la gallery di Valentina Lucilla di Genio

 
E’ quel teatro che offre un palco sul quale ognuno può esprimersi, perché il proprio sogno possa diventare realtà, perché le proprie ansie individuali possano tradursi in messaggi collettivi; un palco sul quale non si muove solo l’attore ma anche li pubblico e dove insieme sia possibile costruire un nuovo mondo capace di sciogliere certe contratture mentali e comportamentali.
Il teatro amatoriale soprattutto, offre queste suggestioni, permette di inoltrarsi su tali percorsi: perché “è il veicolo più diretto per avvicinare il piccolo ed il grande pubblico ad un’arte antica, ma sempre attuale” come afferma nell’intervista rilasciata alla nostra brava collega Anna Lamonaca (il dispari del 29 settembre) Michele Mindicini, il regista della commedia musicale “Io speriamo che me la cavo” andata in onda il 1 ottobre, in apertura della terza edizione del Premio Aenaria.
L’introduzione alla terza edizione è stata affidata ovviamente, al Presidente degli Amici del Teatro Enzo Boffelli ed all’ideatore della manifestazione Corrado Visone. Entrambi hanno registrato “in tre anni, una crescita che non si ha neppure in trenta anni”. Sono i frutti di una buona programmazione- hanno precisato- di un progetto eccezionale e la migliore partecipazione la si nota soprattutto nella sottoscrizione degli abbonamenti, segno che si sta vivendo una buona svolta. Anche il contatto con la scuola dimostra che si sta vivendo davvero una nuova stagione.
“La disponibilità di una sala 24 ore su 24- ha concluso Boffelli- offre l’occasione di usufruire di uno spazio comune e vi garantisco che non è facile poter dare tanto”.
Apriamo ora il sipario su questa prima esibizione.
Bella la sala, con tante poltroncine occupate. La risposta concreta alla scelta di aver strutturato la nuova edizione del Premio con “lavori buoni per tutti i palati”, come dice Visone? Sembra proprio di sì. Forse, lo scorso anno le tematiche erano troppo impegnative per il pubblico ischitano, tanto che qualche sera gli spettatori si contavano appena sulle dita di due mani. Ma è acqua passata, ora andiamo avanti.
Sipario e luci su una scenografia molto essenziale.. Chi si aspetta di vedere gran parte del film di Villaggio, maestro di “Io speriamo che me la cavo”, deve prendere atto che si tratta di una interpretazione molto più libera del lavoro di Marcello D’Orta. La scuola c’è, la “San Giovanni Bosco”. C’è un’aula con qualche banco ed alcuni alunni. C’è un maestro trasferito dal nord al suo sud, perfino alla scuola frequentata da bambino, dove ritrova nella bidella, una vecchia amica di famiglia. C’è il camorrista. Insomma gli ingredienti ci sono tutti, ma impastati con una diversa mano. Il lievito è rappresentato dal gruppo di alunni, giovani ballerini e francamente, è l’ingrediente migliore. Gli alunni sono stati i migliori, tanto che la giuria ha ritenuto opportuno aggiungere la loro esibizione fra quelle richieste dalla scheda di valutazione. Ragazzi di scuola media, avviati da qualche anno al teatro; alcuni già con le idee chiare, decisi a intraprendere l’accademia teatrale appena adolescenti, padroni della lingua con corsi di dizione alle spalle, esperti dello spazio scenico, precisi e puntuali nelle battute, ben coordinati fra loro. Forse uno dei meriti maggiori di Mindicini è stato proprio questo: di aver curato con la massima attenzione, la struttura generale, i dialoghi, le movenze, evitando sbavature, confusioni, nonostante un gruppo di ben venti persone.
Di Marcello D’Orta, il lavoro di Ciro Villano ha conservato pochi stralci di temi. E’ così che abbiamo riascoltato, tra l’altro, che “i guai sono un po’ molti al sud”. Inevitabile qualche indicazione nel rapporto con la famiglia e la scuola: “Il compito degli educatori e dei genitori è quello di dare un futuro radioso ai giovani”! Sì ma come? Con il Job Acts? Il sindaco di Napoli De Magistriis direbbe “con la fantasia, recuperando spazi per fare cultura”, come ha affermato l’altra sera ad “Italia”, la prima puntata di Santoro. Un’affermazione di speranza, che ovviamente non possiamo trascurare, ma la realtà è ancora molto dura.
Non mancano i luoghi comuni sul nord e sul sud, che il maestro trasferito snocciola mentre attraversa da solo il palco, con passi pesanti e goffi, che dovrebbero ricordare quelli del tipico meridionale indolente, lontano dal dinamico uomo del nord.
Non è il caso di sottolinearli. Ci sembra invece interessante ricordare quanto afferma il maestro in un momento di riflessione, a colloquio col pubblico: Secondo me, dice ai bordi del palco, il sud se l’è inventata la violenza, così come ha inventato tanta monnezza, proprio per apparire nei telegiornali, per essere protagonista di tanti capolavori. Una “invenzione” per sognare. Infatti, aggiunge il maestro, solo col teatro si può tornare a sognare. E il Sud vuole sognare di essere altro, pur conservando la propria identità.
Sulla scena Mindicini è stato bravo, come regista e come attore, preoccupato in primo luogo, di essere espressione di un popolo particolare, quello napoletano, che non è facile imitare, nemmeno da “cugino” pugliese. Ma a conti fatti, ci è riuscito con la sufficienza piena.
Bravi i giovanissimi alunni, lo ripetiamo; brava la bidella; forse, un risultato più fiacco quello conseguito dagli altri. Complessivamente, il lavoro è stato piacevole, vivace nel testo, nelle musiche, nei balletti, nei costumi e sono stati molto meritati gli applausi prolungati, così come merita senz’altro, di continuare il tour intrapreso che vedrà la compagnia esibirsi più volte in Calabria, a Siena, a Grumo ed in altre città.
“Sono soddisfatto- dice l’architetto regista-attore Mindicini- soprattutto di questi ragazzi che mi seguono, insieme alle loro famiglie e stanno crescendo sui palchi di tante zone d’Italia”.
Una bellissima occasione certo e a parlare con loro te ne accorgi. Sono aperti, sicuri di sé, decisi, chiari, si ritengono già uomini che vivono di teatro pur sapendo che c’è tanto da imparare, come afferma il loro Maestro.
In futuro? “Sono innamorato di un grande autore come Luigi Lunari- risponde Mindicini- di lui ho letto con particolare attenzione L’uomo che incontrò se stesso, tratta del tema della morte, ma serpeggia sempre quel suo umorismo che ti permette di affrontare problematiche avvincenti”.
Non ci resta che fargli i più sinceri auguri, magari con la speranza di vederli all’opera.

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