Pasquale Raicaldo | Dovremo metterci d’accordo, tutti e sessantunomila: un incendio per volta, evitare di far allagare il proprio appartamento a Fiaiano se, in contemporanea, c’è un corto circuito al Fango. Perché l’isola lancia un Sos, e stavolta non ci sono i Vigili del fuoco a raccoglierlo. Anzi, l’Sos è proprio questo: non ci sono più i pompieri.
E’ il dazio che Ischia paga, più del resto d’Italia, alla spending review, il mantra di questi anni difficili: le quattro unità che si alternano sul nostro territorio, una per ogni turno di servizio, perderanno un uomo ciascuna. Professionalità che hanno dedicato al corpo dei Vigili del Fuoco decine di anni di vita, e che ora si vedono messi alla porta.
In un momento complesso, in cui – per esempio – il mare proibitivo ha costretto una squadra a un turno di servizio ininterrotto e umanamente inaccettabile: dalle 8 del mattino di giovedì alle 8 del mattino di sabato. La squadra che avrebbe dovuto darle il cambio non è riuscita ad imbarcarsi: così, i nostri pompieri hanno dovuto fare – è il caso di dirlo – gli straordinari.
Il punto è che dallo scorso 31 dicembre sono scomparsi i cosiddetti precari, i cosiddetti “discontinui” che, richiamati in servizio all’occorrenza, per sei mesi all’anno, riuscivano a compensare le lacune di organico delle varie caserme, coprendo circa il 25% dell’intero corpo nazionale, sono stati mandati a casa.
Coloro che hanno fatto sopravvivere i distaccamenti periferici, compreso quello di Ischia, onnipresenti nelle grandi sciagure di un territorio fragile, esposto a piogge torrenziali d’inverno e a incendi devastanti d’estate, non ci sono più. Quelli ai quali è andata bene, sono declassati a posti di guardia, in servizio solo nelle ore diurne.
I numeri inquadrano un problema di organico che non nasce certo il primo gennaio e che conferma come la nostra isola, neanche a dirlo, sia figlia di un dio minore: secondo gli standard europei, occorrerebbe – per la tutela dell’incolumità pubblica – un vigile del fuoco, in media, ogni mille abitanti. In Italia, la media nazionale si aggira sul vigile del fuoco ogni 2500 persone. A Ischia il rapporto è di uno ogni 8 mila. Su un territorio che, in virtù della sua insularità, è meno raggiungibile di altri, o comunque in tempi tendenzialmente più lunghi e in maniera giocoforza vincolata alle condizioni meteomarine.
L’unica squadra in servizio a salvaguardia di una popolazione di 61 mila abitanti è composta, infatti, da un numero base di sei unità, che a volte si amplia a otto. Sei persone gestiscono così le emergenze dell’intera isola. In quattro, precari, hanno dato loro una mano – all’occorrenza – negli ultimi 20 anni. Non accadrà più. E se il prezioso ausilio della protezione civile più d’una volta s’è rivelato opportuno e indispensabile, l’indice non può che essere puntato contro uno Stato che, non tenendo conto delle peculiarità del nostro territorio e della sua intrinseca fragilità (frane e smottamenti sono frequenti, con le piogge torrenziali le richieste di intervento si moltiplicano e d’estate, soprattutto ad agosto, capita di assistere anche a incendi in contemporanea in punti diversi dell’isola) non sembra preoccuparsi non di rafforzare il servizio, ma quanto meno di evitare di indebolirlo.
Altro che progetto “Italia in 20 minuti” (il claim che richiama interventi celeri in caso di necessità, con i Vigili del fuoco che non impieghino più di 20 minuti), insomma.
Occorrerebbero 50 mila unità per dare concretezza a quell’obiettivo, oggi i vigili del fuoco permanenti sono invece appena 32 mila, a cui si aggiungono per l’appunto i ventimila “discontinui”, che pure garantivano il servizio di soccorso tecnico urgente.
E’ questo, dunque, il nuovo Tallone d’Achille. Insieme con i caschi scaduti e gli stivali riciclati e le divise in prestito. Automezzi e caserme vecchie e malandate (a Ischia, c’è addirittura uno sfratto in corso), fornitori che storcono il naso per via dei crediti che ancora vantano, spesso da tempo immemore. Per tacere dei tagli alla spesa per i permanenti: stipendi bloccati, ferie congelate e quant’altro. Criticità in serie, ma oggi il nervo scoperto è legato agli organici. Ovunque, a Ischia di più.
E aleggia persino lo spettro di un harakiri senza precedenti, con il declassamento di alcuni distaccamenti a posto di guardia: nel qual caso, le caserme periferiche resterebbero aperte e operative solo di giorno, mentre di notte sarebbero operative quelle centali, distanti anche decine di chilometri. Pronte a inviare uomini e mezzi sul luogo dell’intervento, con tempi di arrivo naturalmente dilatati e caricando di ulteriori moli di lavoro il personale chiamato a intervenire.
Surplus di lavoro per i permanenti, automezzi semivuoti e squadre incomplete: l’Italia rischia di andare in questa direzione e non mancano le accorate proteste.
Il tutto mentre l’isola, che pure era scesa energicamente in piazza per difendere il sacrosanto diritto a conservare la sezione distaccata del tribunale di Ischia, si mostra superficialmente distratta nei confronti di un tema, quello della sicurezza, che dovrebbe essere di imprescindibile importanza.
«Oggi – ci raccontano preoccupati alcuni operatori, e conferma l’Associazione Vigili del Fuoco Discontinui Napoli – sull’isola la squadra dei vigili del fuoco, a causa dei tagli sui precari, può gestire un unico intervento alla volta. Se la squadra sta operando a Forio ed una macchina brucia a Casamicciola, la stessa squadra deve raccogliere le proprie cose dall’intervento di Forio e correre a Casamicciola ed una volta ultimato lo spegnimento dell’auto ritornare a Forio per ultimare l’intervento precedentemente messo in stand-by.» Non per nulla, ad oggi decine di precari stanno protestando a più latitudini del paese. Non farà eccezione il comando di Napoli. Alcuni tagli vanno osteggiati, sulla sicurezza non si scherza. E l’isola d’Ischia, territorio già particolarmente fragile, non può essere disposta ad abbassare la guardia.

 

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