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giovedì, Maggio 2, 2024

Domenico, la polvere e Ischia

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Non so fino a che punto Domenico Di Meglio avrebbe accettato, in vita, la prospettiva di ricevere l’intitolazione post mortem di una pubblica piazza. Domenico era un uomo di sostanza, un pragmatico per eccellenza al quale i fronzoli davano decisamente fastidio. Ricordo bene, ogni qualvolta gli si prospettava un invito “mondano”, quanto si sperticasse –seppur in segreto- per evitare a tutti i costi di parteciparvi. Nella qualità di direttore del Golfo era facile: bastava delegare un redattore e la presenza era garantita; ma nella sfera privata gli diventava più difficile, riuscendo tuttavia a circoscrivere i suoi impegni extra-giornale e casa a qualche mangiata con gli amici di sempre.

Il figlio Gaetano, nostro direttore, sul suo profilo Facebook, ha sottolineato con ironia l’assenza di tanti “pubblicisti”, che solo grazie a suo padre hanno ottenuto la possibilità di fregiarsi di tale titolo. In effetti, ieri mattina la Sala Consiliare di Ischia avrebbe meritato, oltre ad una pulita al tavolo dei relatori (il cui alto strato di polvere è stata l’ennesima testimonianza della sciattezza di chi oggi –e speriamo ancora per poche settimane- regge le sorti malcapitate del nostro Comune),  molti partecipanti in più dei circa cinquanta presenti: tra di essi, molti amici sinceri di Domenico (tra i quali sento di annoverarmi) e pochi addetti ai lavori. Si sa, lo ripeto spesso: la riconoscenza è il sentimento della vigilia, ad Ischia più che altrove; e in questo mondo le amnesie verso la gratitudine sono sempre più ricorrenti.

Il problema, però, è un altro: il post di Gaetano ha ignorato l’aspetto più grave ed evidente delle potenziali defezioni di ieri. Se infatti, da una parte, l’amministrazione comunale che sta per lasciarci ha completato un progetto sicuramente lodevole, dando merito e lustro alla personalità del nostro unico giornalista-paladino popolare di sempre, dall’altra è proprio la collettività ischitana che ancora una volta, difronte ad un evento pubblico di indiscutibile spessore che riguarda un suo Concittadino meritevole di tale onorificenza, ha preferito fare spallucce, pensando come e più di sempre ai cazzacci propri.

Mi posso permettere certe valutazioni alla luce di una innegabile vicinanza a Domenico (unica foto, la sua, presente nella mia cabina armadio e in cui, gioco forza, mi imbatto almeno due volte al giorno), a Gaetano (un prezioso fratello minore) e alla sua famiglia. Ecco perché non temo smentite anche quando affermo che la morte di Domenico e l’evoluzione (?) professionale di Gaetano da grafico pubblicitario e sviluppatore web a direttore di testata giornalistica locale ha in qualche modo smascherato molte delle sedicenti amicizie del suo papà. In tanti si sono professati tali, nel corso del tempo, salvo poi imbattersi in un figlio che, senza particolari timori reverenziali, metteva le cose in chiaro tenendo conto della “storia” e dei “fatti”, tutt’altro che temendo un’eredità tanto scomoda quanto ingombrante. Troppo facile rifugiarsi nelle più classiche delle espressioni di circostanza, tipo: “Nun ha pigliat proprio nient r’u padr”, oppure “Chist chi se crer r’èssr”, o ancora “nun è nisciun rispett a Domenico”: è come il gioco del gatto che non può arrivare al lardo perché puzza. Nessuno più di me può sapere quanto Gaetano aborrisse la prospettiva di fare il giornalista e, a maggior ragione, quanto odiasse quel lavoro dopo che gli aveva sottratto buona parte del tempo paterno anche prima che Domenico morisse. Ecco, quindi, il più classico esempio d’incapacità di rispettare il cane per il padrone, anche e specialmente quando proprio l’esperienza di chi è più anziano e, presumibilmente, più maturo, avrebbe dovuto dettare l’azione di buon senso mirata a modellare le pur difficili sfaccettature caratteriali di un autentico figlio d’arte.

Ma Ischia è così, non c’è nulla da fare! Un’isola tanto bella quanto inimitabile, patria di grandi talenti in ogni settore e sirena ammaliatrice di chiunque le rivolga lo sguardo per la prima volta, ma purtroppo anche madre di un popolo stolto e retrogrado che proprio non riesce a superare personalismi, pregiudizi, invidia, egoismo e luoghi comuni. Ieri, mentre il giornalista Mimmo Falco parlava alla cerimonia per Domenico di “unirsi oltre l’appartenenza partitica e gli steccati ideologici per gettare le basi di un paese migliore”, il mio sguardo si è incrociato con quello del vicesindaco Enzo Ferrandino il quale, dall’alto di un’onestà intellettuale che, nonostante tutto, gli riconosco, ha “capuzziato” più volte sorridendomi, testimoniando così il disagio di chi già si sente tradito dai propri compagni di cordata, prima che da potenziali o dichiarati avversari.

Forse anche per questi motivi, che di fatto relegano il post di Gaetano in un inevitabile alveo ironico-satirico, figure come quelle di Domenico Di Meglio, di Angelo Rizzoli, di Enzo Mazzella, di Vincenzo Telese, di Roberto Fiore, di Gaetano Altieri e di tanti altri ischitani autoctoni e d’adozione, contraddistintisi per aver “lasciato il segno” ad una comunità che tuttora dimostra di non esserseli meritati, oggi mancano da morire a chiunque abbia conservato un briciolo di buon senso e di amore per la propria terra. Tutto questo, in un momento in cui le cosiddette “proposte per il futuro” (e parliamo di un futuro quanto mai prossimo), sia in termini di uomini che di programmi, non lasciano presagire proprio nulla di buono. Chi vivrà, vedrà!

 

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