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giovedì, Maggio 2, 2024

Bentornato, “Cratere del Naufragio”: Villa Arbusto riabbraccia il suo reperto a cinque stelle

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Il reperto ha impreziosito l’esposizione al Palazzo Reale di Milano: era uno dei “pezzi forti” della mostra “Mito e natura, un viaggio dalla Grecia antica a Pompei”

Pasquale Raicaldo | Contende alla celebre Coppa di Nestore, che custodisce uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica, la palma di reperto più prezioso del Museo Archeologico di Villa Arbusto. E ora che ha ripreso il suo posto nel percorso espositivo, c’è da sperare che “Il cratere del Naufragio” catturi – eccome – l’attenzione dei nostri turisti, ai quali si rivolge il progetto di rilancio di una realtà maiuscola, e sin qui poco valorizzata, il Museo che custodisce i primi e fondamentali tasselli della storia dell’isola.
E’ tornato alla base proprio ieri, reduce dall’esposizione al Palazzo Reale di Milano, dove ha costituito uno dei pezzi forti della mostra “Mito e natura, un viaggio dalla Grecia antica a Pompei”, ideata in occasione di Expo, aperta il 31 luglio scorso e chiusasi il 10 gennaio. Circa duecento opere d’arte greca, magnogreca e romana che hanno raccontato aspetto poco noto del mondo classico, e certamente molto suggestivo, quello della rappresentazione della natura e l’azione dell’uomo sulla realtà naturale e sull’ambiente: tra queste, insieme con opere provenienti dall’archeologico di Atene e dal Kunsthistoriches Museum di Vienna, dal British Museum di Londra e dal Louvre di Parigi, anche il nostro prezioso reperto, considerato l’oggetto di maggior pregio artistico in assoluto tra tutti quelli prodotti a Pithekoussai.
E non a caso. E’ un vaso dell’VIII secolo avanti Cristo, proveniente dalla necropoli dell’antica Ischia: sopra, ecco raffigurata una scena di naufragio. Suggestiva, certamente drammatica: la nave è capovolta, priva dell’albero, della vela e dei remi. Il mare popolato da pesci, esattamente venti: caos puro. Gli uomini dell’equipaggio cercano disordinatamente una salvezza. E ben prima di Melville e Collodi – e stavolta apparentemente senza scampo – un enorme pesce divora la testa di un naufrago.
Ci sarebbe da perdersi, in questo reperto che – come racconta l’archeologo Francesco Castagna, uno dei volontari che hanno ridato vita al Museo, in attesa che l’amministrazione di Lacco Ameno studi le modalità di un vero rilancio – «non è stato rinvenuto in un corredo tombale, ma in frammenti sparsi in un’area di 80 metri quadrati, in parte al di sotto di alcune sepolture. Si tratta di un cratere di fabbricazione locale ma di forma tipica dei coevi modelli corinzi databile all’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C». Ma soprattutto è il primo caso di una scena figurata completa dipinta su un vaso in Italia. «Non solo – aggiunge Castagna – si tratta anche di un caso unico di rappresentazione completa di un naufragio nell’arte tardo-geometrica greca. Rappresenta il dramma di una nave capovolta con tutt’attorno pesci e sei naufraghi in cerca di scampo (il nocchiero e i cinque uomini della ciurma)». A realizzarlo, non fu un pithecusano qualsiasi insomma. «No, anzi. Denota un livello molto elevato e dell’estro, che fa posizionare l’autore su un livello vicino a quello dei maestri delle maggiori scuole greche coeve».
Insomma, cari ischitani: intanto, impariamo noi – con estrema umiltà – l’importanza di quello di cui siamo custodi, spesso incauti, quasi sempre distratti e poco orgogliosi. E dietro i numeri insolitamente bassi per un Museo che pure custodisce pezzi unici, ancor prima delle mille contraddizioni di una politica in altre faccende affaccendati ci siamo noi. Che ci guardiamo bene dal suggerire ai nostri turisti, tra una giornata alle terme e una ai Maronti, una visita alla Mortella e una al Castello, una capatina tra le antichità della più antica colonia della Magna Grecia d’Occidente, quella alla quale – per inciso – il British Museum di Londra dedica una tavola ad hoc.
Sarebbe certo assai deludente se il “Cratere del Naufragio”, reduce dai mesi di notorietà a Milano, qui sull’isola tornasse a prendere polvere, lontano dai flash dei fotografi e dalla curiosità di un turismo colto e intelligente, che certo apprezzerebbe non poco la lettura della drammatica immagine riportata su quel vaso millenario.
Chissà, allora, che il percorso ufficialmente intrapreso dal Comune di Lacco Ameno, attraverso la spinta propositiva dell’assessore alla Cultura, Cecilia Prota, e con la competenza e la passione dell’archeologa Mariangela Catuogno e del team di volontari non riesca ad accelerare l’auspicata svolta per un bene per cui la scorsa estate si era addirittura vociferata una cessione – comunque improbabile – ai privati.
E del resto in questa ottica va letto il protocollo firmato lo scorso 16 dicembre da Comune di Lacco Ameno e Fondazione William Walton, quella dei Giardini La Mortella, che – forti dei sessantamila visitatori annui (a fronte degli appena seimila che scelgono il Museo) si impegna a collaborare per la promozione e la valorizzazione del patrimonio culturale rappresentato dal Museo Archeologico di Pithecusae attraverso l’esposizione di materiale informativo e pubblicitario presso i Giardini La Mortella. Dal suo canto il Comune di Lacco Ameno si impegna a riservare ai visitatori che esibiranno il biglietto dei Giardini La Mortella uno sconto del 10% sul prezzo del ticket intero previsto per l’ingresso al Museo.
«Il protocollo d’intesa – aveva gonfiato il petto il sindaco Pascale davanti a Costanza Gialanella della Soprintendenza Archeologica della Campania – rappresenta un importante esempio di sinergia pubblico/privato per avviare una politica condivisa che sappia valorizzare e ampliare l’offerta culturale dell’isola d’Ischia». Il tutto in attesa di un servizio navetta e, soprattutto, di un circuito culturale che abbracci – magari con un biglietto unico – più beni del nostro territorio. Pubblici e privati.
Il tempo dirà se la strada intrapresa è quella giusta, ma certo il “successo” in terraferma di alcuni dei nostri reperti (nel 2014 la Coppa di Nestore è stata esposta presso le scuderie del Quirinale, a Roma, e poi ad Atene) dovrebbe indurci a puntare senza mezzi termini
Con il malcelato auspicio che il Naufragio riportato sul vaso millenario non si riveli essere visione profetica della cultura ischitana. Ci sarebbe da piangere.

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