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giovedì, Maggio 16, 2024

Barba e capelli per il “Barbiere” di Lacco Ameno La vendetta di Perrella è un piatto freddo

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L’Amministrazione di Giacomo Pascale incassa una dura punizione dal Tar Campania. Il Comune aveva rigettato la richiesta di “Marina del Capitello” per visionare documenti relativi all’attività “Onda Blu” della famiglia dell’assessore Ciro Calise. Un chiaro tentativo di celare irregolarità sui titoli abilitativi e le concessioni demaniali. Ma il Tar ha accolto il ricorso ordinando che a Perrella sia consentito l’accesso a tutti gli atti. In caso di ulteriore “resistenza”, è stato nominato commissario ad acta il segretario comunale di Ischia

L’Amministrazione e gli uffici comunali di Lacco Ameno incassano una brutta bacchettata dal Tar Campania, di quelle che fanno male. Ma soprattutto la incassa il “Barbiere”, uomo di punta della maggioranza di Giacomo Pascale. Negando l’accesso agli atti richiesti da Giuseppe Perrella per “Marina del Capitello”, si era cercato in tutti i modi di tenere nascoste le magagne e gli interessi correlati dei congiunti di Ciro Calise, prima consigliere comunale e oggi assessore del Comune del Fungo. Una vicenda che verte sull’attività “Onda Blu”, appunto di proprietà della famiglia Calise, di cui Perrella voleva conoscere la posizione esatta quanto a titoli abilitativi, irregolarità e concessioni demaniali. Un diritto che gli era stato negato, ma che ora i giudici amministrativi gli hanno riconosciuto. E ne esce una severa bocciatura per l’azione messa in campo dagli uffici comunali al fine di tenere “sotto chiave” i segreti del “Barbiere” & family. Calpestando palesemente, per motivi di opportunità politica, la normativa in materia.

Il legale rappresentante della “Marina del Capitello” aveva presentato ben due ricorsi. Il primo avverso il silenzio formatosi sulla sua istanza di accesso agli atti risalente a giugno scorso. Il ricorso per motivi aggiunti era invece per ottenere l’annullamento del provvedimento adottato successivamente dal Comune di Lacco Ameno e che rigettava l’istanza. A costituirsi in giudizio è stato il solo Ente amministrato da Pascale.

PRIMA IL SILENZIO, POI IL RIFIUTO

Con la richiesta di accesso agli atti “Marina del Capitello” intendeva «prendere visione ed estrarre copia delle concessioni demaniali marittime, dei titoli edilizi (anche in sanatoria), paesaggistici e igienico-sanitari, dei provvedimenti demolitori e sanzionatori relativi alla società Onda Blu».

Come detto, prima che il ricorso potesse essere discusso, giungeva il provvedimento di rigetto «con il quale, mutuando le controdeduzioni presentate dalla controinteressata Onda Blu, ha rigettato la richiesta di accesso». E’ ben chiaro il tentativo di tenere celate situazioni “scabrose”.

Ma quali motivazioni avevano addotto gli uffici comunali per respingere al mittente l’istanza di Perrella? Il collegio della Settima Sezione del Tar le riporta in sentenza: «Poiché “il presupposto di ammissibilità dell’istanza di accesso civico generalizzato è rappresentato dalla tutela di un interesse generale e non di un interesse privato”; per “il carattere manifestamente oneroso” dell’istanza di accesso civico generalizzato, così come formulata; per la genericità dell’istanza, se esaminata alla luce dell’articolo 22 della legge n. 241 del 1990, “non avendo ad oggetto una specifica documentazione in possesso dell’Amministrazione … e riguardando dati ed informazioni generiche relative ad un complesso non individuato di atti di cui non si conosce con certezza neppure il contenuto e l’effettiva esistenza”».

Chiaramente, alla luce del rigetto, il ricorso introduttivo sul silenzio del Comune non aveva più ragione di esistere e dunque è stato dichiarato improcedibile.

IL DIRITTO DI ACCESSO

Discorso ben diverso per il ricorso per motivi aggiunti, giudicato fondato. Tutte le tesi del Comune, che si era “arrampicato sugli specchi” pur di tutelare i familiari di Calise, sono state fatte a pezzi.

Il collegio innanzitutto ricorda la normativa che disciplina l’Accesso civico a dati e documenti: «L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.

Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti.

L’esercizio del diritto non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione…

Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali». Quest’ultimo passaggio per rispondere all’assurda tesi del «carattere manifestamente oneroso» della istanza di “Marina del Capitello”…

E «il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti» dalla norma.

TRASPARENZA CALPESTATA

Una istanza pienamente legittima, dunque. Mentre illegittimo è stato il rifiuto: «Non ha fondamento quanto obiettato dalla controinteressata e dal Comune in ordine al necessario perseguimento di un interesse generale, atteso che “sulla base dei riferiti dati normativi, che hanno completato l’evoluzione, nel nostro ordinamento, “della visibilità del potere” pubblico, segnando il “passaggio dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere”, l’Adunanza plenaria … – con affermazioni relative all’accesso civico “generalizzato”, ma valevoli, a fortiori, per quello “semplice” – ha chiarito che esso “non è sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza”; sicché non sarebbe in linea con il dato normativo e con la riferita interpretazione dell’Adunanza plenaria una pronuncia che ritenesse necessarie l’allegazione e la prova di un interesse proprio della generalità dei cittadini».

Ma anche la famosa legge 241/90 sostiene la richiesta di Perrella, in quanto «qualifica l’accesso ai documenti amministrativi, “attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, … principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”». Una trasparenza di cui non c’è traccia al comune di Lacco Ameno…

E’ necessario dunque «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso». E i giudici amministrativi scrivono: «Nel caso in esame, il Collegio ritiene che la ricorrente abbia adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’accesso. Giova rilevare, al riguardo, che: l’istante è una società che esercita attività turistico-ricreativa di gestione di porti, approdi turistici e punti di ormeggio su beni demaniali marittimi (sul punto, non vi è contestazione)».

ISTANZA LEGITTIMA

E si arriva a quanto sancito in questo ambito dall’Unione Europea sulla libera concorrenza: «Come sancito dalle ultime pronunce dell’Adunanza plenaria, il settore delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, “così nevralgico per l’economia del Paese”, non può in alcun modo “essere tenuto al riparo dalle regole delle concorrenza e dell’evidenza pubblica, sottraendo al mercato e alla libera competizione economica risorse naturali in grado di occasionare profitti ragguardevoli in capo ai singoli operatori economici, … non solo sul piano costituzionale nazionale (dove pure è chiara la violazione dei principi di libera iniziativa economica e di ragionevolezza derivanti da una proroga generalizzata e automatica delle concessioni demaniali), ma, soprattutto e ancor prima,… rispetto ai principi europei a tutela della concorrenza e della libera circolazione».

Quei segreti tenuti gelosamente nascosti non possono rimanere tali e gli “altarini” vanno scoperti. La sentenza è chiara: «I provvedimenti che chiede di conoscere – ove esistenti e non annullati o comunque ritirati – sorreggono e legittimano l’attività commerciale della società concorrente (tale essendo la Onda Blu, sia per le finalità sociali sia per l’ambito geografico in cui opera).

Deve, dunque, ritenersi suscettibile di tutela l’esigenza conoscitiva della ricorrente, della quale emerge un interesse: diretto, perché correlato all’attività economica da essa esercitata; concreto e attuale, perché finalizzato all’acquisizione di dati e informazioni ai quali commisurare le scelte strategiche nell’immediato futuro; strumentale, perché correlato a situazioni soggettive meritevoli di protezione alla luce dei vigenti valori ordinamentali e a informazioni contenute nei documenti richiesti».

Respinta al mittente anche la tesi di una istanza generica o “meramente esplorativa”: «Come rilevato sul punto dalla ricorrente, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che non si possa “pretendere da chi esercita il diritto di accesso (che è situazione giuridica strumentale alla acquisizione di dati e informazioni che evidentemente non si conoscono) l’esatta individuazione di tutti gli estremi identificativi degli atti richiesti; l’istante è tenuto semplicemente a fornire gli elementi occorrenti a individuare gli atti richiesti di cui abbia disponibilità e/o conoscenza”, circostanza che deve ritenersi verificata nella fattispecie in esame».

Una severa lezione per i responsabili dell’Ente lacchese. L’accoglimento del ricorso comporta l’annullamento del provvedimento di rigetto. Al Comune viene dunque ordinata «l’esibizione, con eventuale estrazione di copia a spese della ricorrente, dei documenti richiesti con l’istanza del 7 giugno 2022, nel termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza».

E nel caso gli uffici comunali opponessero ancora resistenza? Come ormai sempre si verifica in questi casi, il Tar ha già nominato un commissario ad acta che dovrà provvedere in caso di inerzia. Individuato nel segretario generale del Comune di Ischia o suo delegato. Il compenso, calcolato in 500 euro, sarà ovviamente a carico del Comune di Lacco Ameno. Che ovviamente è stato anche condannato al pagamento delle spese di giudizio, nella misura di 1.500 euro. Ma non è certamente l’esborso che preoccupa Ciro Calise e Giacomo Pascale, bensì la sonora sconfitta e la necessità di dover “mostrare le carte” a Perrella, che incassa la sua vendetta.

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