Ci sono viaggi che hanno un inizio, ma non una fine. Non una fine definita, almeno. E viaggi che hanno un nome, anche: “Rumbo mediterraneo” è quello scelto da Sergi Rodriguez Basoli, il catalano trentunenne che sta girando l’Italia in kayak, un guardaroba minuscolo e una piccola vela ad assecondare il vento, quando c’è. Con una compagna d’eccezione, trovata cammin facendo: Nirvana, un cagnolino che ha imparato ad accucciarsi nei lunghi tragitti e a cercare ombra e coccole, quando la piccola imbarcazione approda nei porti o nelle calette. O in spiaggia, come accaduto ieri alla “Mandra”, dove il viaggiatore indefesso partito due anni fa da Barcellona è arrivato con un sorriso a 32 denti, facendosi largo tra i bagnanti curiosi di conoscere la sua storia. «No che non ha una fine, questo viaggio. Perché io guardo la tappa più vicina, non mi chiedo quale possa essere l’ultima. Perché ho deciso di partire? Mettetevi comodi, ve lo racconto». E lo racconta a tutti, Sergi il catalano in kayak, che su Facebook e sul suo sito (rumbo-mediterraneo.com) condivide una foto al giorno, svelando quanto possa essere bello viaggiare sul mare, a filo d’acqua.
«Mi sono laureato in ingegneria (nel settore delle energie rinnovabili, n.d.r.), avevo già un contratto e un posto sicuro. Però mi sono detto: davvero voglio che la mia vita sia già così inquadrata, una linea retta da percorrere?». E allora ha preferito, alla linea retta, le onde che lo accompagnano in questo pazzo viaggio che lo vedrà circumnavigare l’Italia, isole comprese.
Era iniziato tutto il 22 luglio 2013, certe date restano scolpite nella memoria: «Prima, non è che avessi contezza di cosa fosse realmente il mare. Poi, impari a conoscerlo standoci a contatto, fino a 15 ore al giorno». Gli si affollano davanti medici in bermuda e casalinghe affascinate, bambini ronzano tutt’intorno sognando già di ripercorrere le orme dell’uomo che gira l’Italia in canoa. E mentre s’addensano nuvoloni grassi a rendere ancor più avventuroso l’unico giorno che Sergi dedicherà a Ischia, dopo aver fatto tappa a Procida e prima di proseguire per la Costiera e poi giù fino in Sicilia (neanche fosse un gioco da ragazzi pagaiare fino alla punta dello Stivale, e poi risalire per l’Adriatico), diventa quasi un eroe dei giorni nostri – nell’improvvisato palcoscenico delle spiagge di Ischia – il ragazzone barbuto e longilineo dagli occhi dolci che viaggia accampandosi sulle spiagge di tutta Italia, raggiunte senza affanno con l’inseparabile kayak.
«Monto la mia tenda – racconta, e sembra quasi un rito, che avrà ripetuto mille volte dalla Sardegna all’isola d’Elba – e dormo dove capita. Quando va bene, soprattutto d’inverno, trovo anche un letto: gli italiani sono ospitali. Al mattino, vedo com’è il mare: partiamo all’alba, il viaggio è ancora lungo». E’ lungo, già. Ma non si sa quanto. Potrebbe finire a Venezia, chissà. O proseguire oltre: Croazia, Grecia e tutto il Mediterraneo, novello Ulisse alla ricerca non già di Itaca (la sua casa è a Granollers, una manciata di chilometri da Barcellona) ma di un sogno: sensibilizzare le persone sulla necessità di evitare che il mare raggiunga uno stato più critico, e contribuire con impegno e responsabilità alla protezione e conservazione delle regioni costiere e marine del Mar Mediterraneo. Pagaiare dev’essere meno difficile, benché non manchino difficoltà e la stanchezza faccia capolino, di tanto in tanto, nel viaggio senza soste dell’avventuroso catalano dal pollice verde. Prima di tuffarsi nel periplo dell’Italia, aveva coperto il perimetro della Spagna in kayak: ci aveva impiegato sei mesi, un ottimo allenamento.
«Sia chiaro: ogni tanto mi prendo qualche giorno di riposo. Per esempio, a Natale ho lasciato in kayak in un porto e sono volato in Spagna dai miei. Poi, però, il viaggio ricomincia da dove si era interrotto. E vado avanti, con entusiasmo, in cerca di nuovi mari, nuovi luoghi meravigliosi, nuovi volti». Volti, già. Il contatto con la gente è parte di questo immaginifico viaggio che conquista quanti si trovino sulla strada di Sergi. Chi lo sostiene gli dà un piccolo obolo: graziose, le collanine con le conchiglie, ma qui si tratta soprattutto di abbracci veri, di messaggi universali («Non c’è un’età per girare il mondo, né una condizione fisica: quando ho visto un uomo senza mobilità alle gambe, di cinquant’anni, andare più veloce di me in canoa ho capito tante cose»), di signore che ti assaltano, te e il tuo taccuino, intimandoti quasi di scrivere che «queste sono le storie belle, non quelle che sentiamo al telegiornale». Lo sono, altroché, e non c’è bisogno di appuntarlo sul block-notes, mentre Sergi addenta la zingara di Brunone, alla Mandra, e sorseggiando il bicchiere di vino rivela: «Quest’isola è magica. Sono contento di aver deviato dalla costa, prima toccando Procida, poi approdando qui. Ma domattina si riparte». Nirvana cerca improbabili coni d’ombra, dopo aver apprezzato i croccantini: «L’ho trovata in Sardegna, era randagia. All’inizio, beh, ha faticato a entrare in sintonia sul kayak. Ora, le sembra naturale viaggiare con me». Da Castelvolturno a Ischia, tutto d’un fiato. Stamattina, si parte verso la Costiera.
Sullo sfondo di quest’impresa dei giorni nostri – che ricalca peraltro quella della famiglia Simonsen, una coppia di danesi partita da Copenaghen e diretta a Istanbul, figli al seguito, a bordo di due trimarani – si staglia il grande grande progetto ambientalista di cui Sergi è promotore. L’ambiente, prima di tutto: si chiama “Mednet”, è legato all’associazione Oceana, una organizzazione non governativa che si occupa di tutelare gli oceani del pianeta e che ha come obiettivi a breve quelli di aumentare le superficie delle aree marine protette per preservare gli habitat della flora e della fauna marina. Verrebbe da raccontagli che qui l’Area Marina Protetta è commissariata, ma questa ha tutta l’aria d’essere una fiaba, gli orchi cattivi (o incapaci) lasciamoli fuori. Certo, quando nel suo viaggio in kayak  incontra lidi inquinati e arenili pieni di immondizia, il sorriso del catalano scompare come per incanto e anche Nirvana sembra, ahilei, voltare il muso altrove. Ma questa è – hanno ragione le signore che ci assaltano, durante l’incontro con Sergi – una storia improntata all’ottimismo. «Ho visto gente bellissima, solare, aperta. Soprattutto al sud» confessa lo spagnolo, che parla anche l’orgoglioso catalano, un ottimo italiano, tedesco e inglese. Ma soprattutto la lingua del mare, una lingua universale che gli consente di essere accolto a braccia aperte un po’ ovunque. Così, mentre medita un passaggio alla Grotta del Mago, mentre apprende della baia di Sorgeto («Ci andrò, ma non è che l’acqua calda farà sciogliere il kayak?»), mentre osserva le minacce dell’orizzonte, fulmini e trombe d’aria nel cuore di un capriccioso agosto, mentre fa tutto questo, Sergi  sorride. «Non voglio dare nessun consiglio, ma alla fine siamo tutti padroni delle nostre vite. E non ci vuole molto per cambiarle, purché davvero lo si voglia». Con o senza kayak, naturalmente. Con il desiderio di conoscersi e conoscere, che è poi il fine ultimo di ciascuno viaggio. Con una data di inizio certo, meno quella di ritorno. Nirvana ha trovato l’ombra, Sergi però le fa cenno: è ora di ripartire, scroscia un applauso sincero mentre salgono, l’una e l’altro, su quel kayak piccolo piccolo impreziosito da due peluche portafortuna. «Sarà anche piccolo, ma c’è tutto. Non mi serve altro, ho tutto qui» sorride Sergi. E poi via, verso l’orizzonte scuro e gravido di pioggia. Non basterà a fermarlo: c’è un messaggio da portare ovunque, in Italia e oltre. «Guardate questo mare e proteggetelo. Ne va del nostro futuro». Buon viaggio, Sergi.

[foto miro iacono]

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