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venerdì, Maggio 3, 2024

Daniele Serappo: «Il caso Spalletti è destinato a fare giurisprudenza. Lacco? La politica decida»

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Intervista sui temi che infiammano l’estate: dal calcio al porto di Lacco Ameno: «Una situazione anomala, se non altro perché non si era mai verificata prima. Ma con la Figc siamo abituati a vivere sempre e comunque di deroghe rispetto alle regole…». L’approdo turistico del comune del Fungo: «Un problema politico. La politica è fatta per risolvere i problemi, per dare equilibrio. Ma qualunque schieramento, ad oggi, la parola fine al porto non è riuscita a metterla e questo denota comunque incapacità di fare politica»

Incontriamo Daniele Strappo per raccontarci un po’ quest’estate particolare. Un viaggio tra la Nazionale di calcio, la Figc, ma anche il porto e il Comune di Lacco Ameno, provando un po’ a mescolare le varie problematiche.

– Partiamo dalla valutazione di quello che è un po’ il tema del giorno: la questione Spalletti in nazionale e Figc. È normale che la Figc paghi la penale per un allenatore? Io ti pongo solo questa domanda, ma tu riuscirai sicuramente a farci capire di più di questa vicenda. E poi ho letto pure le tue parole dolci dedicate al presidente Gravina. Diciamo che sei rimasto sulla sponda del fiume aspettando che poi Gravina scendesse…
«Il presidente Gravina ha parecchi fiumi da cui scendere… Sulla questione Spalletti ovviamente dobbiamo un attimino distaccarci da quella che può essere semplicemente una questione o un pensiero personale, altrimenti la nostra chiacchierata sarebbe vana nel voler coinvolgere poi anche il tuo pubblico. Senza ombra di dubbio non dobbiamo dimenticare una cosa: le norme federali, innanzitutto, consentono ad un tecnico tesserato e contrattualizzato con una società affiliata di lavorare con una propria rappresentativa, qualunque essa sia. Abbiamo avuto più casi in Italia, anche in Campania, una decina d’anni fa con il collega Maranzano. Ma la storia ci dice che addirittura è successo negli anni ‘60 con Herrera e l’Inter, Quindi la cosa non dovrebbe stupire nessuno a livello di possibilità.

E’ diverso il discorso delle opportunità, cioè se è opportuno che la Federazione, che ha la possibilità di scegliere sicuramente tra tanti tecnici preparati, voglia ostinatamente prendere un tecnico che in questo momento è legato al Napoli. Comunque una situazione anomala, se non altro perché non si era mai verificata prima, considerato che senza ombra di dubbio non è che si possa parlare apertamente di concorrenza quando si parla di Nazionale rispetto ad una squadra di club. Tuttavia è innegabile che la scelta può comunque incidere, perché si potrà comprendere che se il tecnico legato al Napoli voglia convocare o non convocare i calciatori del Napoli, questo incide o non incide sul valore della rosa del Napoli e questo sicuramente può alterare gli equilibri. Così come può succedere che un calciatore del Napoli convocato possa essere poi soggetto a un infortunio. Sono situazioni non semplici, e anche la Federazione al contrario potrebbe fare una scelta di opportunità».

I PROBLEMI DI MANCINI

– Perdonami se faccio una riflessione da persona che segue poco il calcio, davvero poco. Però mi sono reso conto che Mancini, dopo il momento di gloria ed esaltazione, ha vissuto un periodo nero nerissimo per la Nazionale. Siamo usciti dai Mondiali, abbiamo fatto brutte figure. Spalletti invece è il simbolo dell’allenatore che riesce a vincere e a conquistare uno scudetto, magari in una piazza che non era favorita.
«Anche questo è vero, ma rimane un problema di fondo. Noi non conosciamo i dettagli e quindi, come si insegna Coverciano, senza conoscere i dettagli ci muoveremmo comunque nel buio e rischieremmo di fare un buco nell’acqua. Ma se è vero che Mancini si è dimesso perché si è visto esautorato, si è visto modificato quello che era il suo staff, allora è da ritenere il comportamento di Mancini assolutamente legittimo. Questo perché viene insegnato che un tecnico deve avere la forza di giocare, di rischiare con quelle che sono le proprie scelte. Mancini giustamente ha detto: Gravina verrà ricordato perché è stato quello che ha vinto l’Europeo; io sarò ricordato, magari, perché sono quello che non si è qualificato per i Mondiali.

Anche questo non è corretto, ma non è corretto nemmeno ritenere che il lavoro di Spalletti o chi per esso, che magari non sarà Spalletti, possa essere lo stesso che al Napoli, è una cosa completamente sbagliata, perché il lavoro del tecnico che va quotidianamente sul campo a lavorare è diverso da quello del selezionatore, che fa un lavoro di sintesi. Infatti è un commissario tecnico, è sbagliato definirlo allenatore. Si fa un lavoro di sintesi con ragazzi che hanno chiaramente un livello di preparazione tattica decisamente evoluto e in pochi giorni si preparano determinate gare. Tanto più che comunque Spalletti o chi verrà al posto di Mancini, avrà gli stessi problemi in ruoli chiave che aveva anche Mancini».

– La questione De Laurentiis è la posizione: io voglio la penale. L’ho ridotta, ovviamente…
«Da quello che si legge io penso che la posizione di De Laurentiis sia assolutamente legittima. Però è anche vero che il legale di De Laurentiis ha espresso perplessità, legando la cosa al fatto che non era certamente stata ipotizzata una nazionale o una selezione. Questo è un discorso che va senza ombra di dubbio tenuto in considerazione e sicuramente farà giurisprudenza. Per quanto, come dice sempre anche De Laurentiis, non è l’unico caso. Lotito dice, riprendendo la frase di Giolitti, che le norme esistono ma vengono applicate per i nemici e interpretate per gli amici. De Laurentiis va oltre, ma è comunque un corollario. Mi sembra un paragone calzante. Noi comunque con la Figc siamo abituati a vivere sempre e comunque di deroghe rispetto alle regole e anche questo non va bene. Alla fine del percorso ne sapremo di più. Sicuramente la prossima volta la Federazione da una parte, le società dall’altra, faranno molta attenzione anche a rivedere bene questi patti che le riguardano alla fine del percorso lavorativo».

IL CASO JUVENTUS

– Per concludere questa parte dell’intervista sportiva, tu sei stato uno dei protagonisti di una pagina particolare, soprattutto giudiziaria, insieme alla Figc. Ma l’altra importante questione giudiziaria su cui volevo un tuo commento è quella delle plusvalenze Juve e l’esclusione dalle coppe nazionali. Che idea ti sei fatto?
«L’idea che io mi sono fatto è questa. Innanzitutto il problema riguarda il fatto che la plusvalenza in sé non può essere assolutamente individuata come reato, perché di fatto non è possibile innanzitutto stabilire realmente la problematica e la fattispecie e senza ombra di dubbio il sistema è un sistema comunque tossico. Bisogna individuare un metodo per poter porre rimedio a questo, ma è sicuramente molto difficile. Il problema, nel caso della Juventus, è che il sistema in quanto tale era evidente e quindi in qualche modo andava senza ombra di dubbio frenato, almeno in quell’ambito, quel contesto, quella fattispecie specifica.

Va detto, ma è un pensiero mio, che la questione Juventus rientra in un ambito decisamente molto più grande che riguarda la Uefa, che riguarda la coppa che volevano fare Juventus, Real Madrid, Barcellona e sicuramente la Juventus. Non è stato il fine, ma è stato il mezzo per poter colpire Agnelli. Dispiace comunque, alla fine, sempre per i tifosi in assoluto. Qualunque sia la franchigia che il tifoso difende a spada tratta, ha sempre comunque il diritto di sapere che la squadra per cui fa il tifo ha vinto o ha perso per situazioni oggettive di campo. E purtroppo questa è una situazione che allontana molto dal calcio».

LACCO AMENO E LA RISORSA PORTO

– A due passi da noi c’è il porto turistico di Lacco Ameno, che vive da anni una situazione di complessità, anche legislativa, una complessità complessiva. Senza entrare nella vicenda che vede protagonisti l’Amministrazione comunale e l’attuale gestore, tu hai il polso anche della situazione turistica. Quanto incide l’insicurezza, se incide, su quella che è l’attività? Per poi farti una seconda domanda successiva su quello che stiamo vivendo nel porto di Lacco Ameno dal tuo osservatorio…
«Qualunque parte, ovviamente, non può pensare di essere tutelata nei confronti di uno schieramento politico piuttosto che di un altro, tanto più che spesso elementi dell’una trasversalmente sono emigrati nell’altra, e così via. Il porto è senza dubbio cruciale, ma non solo nell’immediato, soprattutto nella prospettiva di un piccolo paese che poi non è che abbia chissà quali grandi possibilità per attingere e fare eventualmente altri tipi di investimenti. Il porto è un problema senza dubbio politico, nel senso che la politica, in quanto tale, qualunque sia lo schieramento e il soggetto coinvolto, dovrebbe essere in grado di risolvere il problema.

La politica è fatta per questo, per risolvere i problemi, per dare equilibrio. Ma qualunque schieramento, ad oggi, la parola fine al porto non è riuscita a metterla e questo denota comunque incapacità di fare politica. Qui noi abbiamo una serie di grandi problemi che riguardano il porto nuovo, strutturali. Faccio notare sempre che non abbiamo una pensilina per far attendere. La gente aspetta sotto l’acqua, sotto il sole per le gite turistiche. Non abbiamo servizi pubblici, spogliatoi, docce. Però si continua a parlare di turismo di qualità. Io non capisco come si faccia a parlare di turismo di qualità. Io non so nemmeno se queste persone abbiano mai fatto una visita in altre località. Io qualche sera fa ero ospite altrove e dicevo: non è che posso chiedere a tutti di andare a vedere come funziona l’imbarco sull’imbarcazione che collega Tahiti a Bora Bora in Polinesia, ma magari basterebbe anche solo fare un salto alle Baleari per vedere come vengono gestiti centinaia di migliaia di passeggeri, inclusi i bagagli, e dove è tutto perfetto, preciso.

Noi qui invece al porto siamo veramente poca roba. Questo è il rammarico, cioè la incapacità della politica di riuscire a risolvere un problema. Anche una delle frasi storiche che ci insegnano, che quando non riesci ad abbattere il tuo nemico, allora fattelo amico, anche in questo non si è riusciti a trovare un percorso che potesse legittimare l’interesse comune a noi personalmente come azienda. E non la nomino perché è un discorso generale. Noi non abbiamo un particolare ritorno personalmente dal porto, però pensiamo ai nostri bar e pensiamo anche alle attività come i supermercati, i chioschi, chi vende frutta, piuttosto di chi vende souvenir. Sicuramente avrebbero auspicabilmente il diritto di poter vedere premiato il proprio impegno commerciale con un qualcosa di diverso».

IL TURISMO CHE CAMBIA

«Tu mi chiedevi della stagione turistica. Noi abbiamo dei numeri fortemente in calo. Sono numeri spesso ampiamente a doppia cifra. Va detto comunque che è un problema di tutta l’Italia e non possiamo assolutamente indirizzarlo solo ed unicamente su Ischia, se i numeri della domanda sono in calo a doppia cifra rispetto all’estate 2022, che è stata quella anomala rispetto al 2019.

Dobbiamo analizzare il dato, perché nelle estati in cui ha imperversato il Covid, ricorderemo come con il mondo chiuso l’italiano è rimasto in Italia e quindi con la riapertura delle frontiere ha sfondato qualunque ipotesi, anche la migliore che potessimo ovunque immaginare. Per quanto è vero che gli italiani possono recarsi all’estero, gli stranieri che si muovono nel mondo sono molti di più e quindi c’era chiaramente la possibilità di implodere in quelli che potevano essere poi non solo i numeri.

Oggi è cambiato completamente il turismo in sé, l’albergo tradizionale, che è una peculiarità di Ischia, non è più un ricercato, e i turisti non si indirizzano più nemmeno sui bed and breakfast, quanto sulle case vacanze, addirittura. Per cui è tutto veramente diverso. Ma noi a Ischia paghiamo anche il fatto che ci sono una marea di dati che non si sa se sono dati reali, oggettivi e soprattutto non abbiamo un osservatorio, a mio modo di vedere, in grado di elaborarli e di poterne fare tesoro per poter sviluppare una sana politica turistica, chiaramente di sistema.

Perché Ischia, come dicevo prima, non è solamente l’isola in sé. Tu puoi avere un grande prodotto, ma se poi ai porti di terraferma non riesci a interagire con questi altri soggetti perché il pubblico possa avere solamente il piacere di attendere un traghetto per venire a Ischia, perché anche loro fanno parte del nostro prodotto, piuttosto che avvalersi di quello che li aspetta solo in attesa di un imbarco, è chiaro che c’è qualcosa che non torna. Dobbiamo imparare a ragionare, trasferire il ragionamento sull’oggi. Ma come sistema noi siamo sempre e comunque quelli che non siamo riusciti a dare lavoro e a rinvigorire, ristorare i 500 posti letto del La Pace, il che comunque rappresenta per il paese e per tutta l’isola un gravissimo danno».

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