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domenica, Maggio 5, 2024

Morte di Sara Castigliola, il pm chiede l’incidente probatorio ma la difesa insorge: “inammissibile”

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Le dettagliate deduzioni dell’avv. Massimo Stilla, difensore del dott. Rando. Una richiesta inammissibile essendo ormai chiuse le indagini preliminari. L’ordinanza di archiviazione del gip disponeva un supplemento investigativo mediante consulenza medico-legale al fine di dirimere i contrasti tra la relazione dei periti della Procura e quella dei periti delle parti offese. Invece il pubblico ministero vorrebbe nominare un collegio peritale a cui sottoporre ex novo quesiti non indicati dal gip

Gaetano Di Meglio | La tragedia di Mamma Sara, la giovane Castigliola non ha bisogno degli interventi di egotrofici in cerca di visibilità. LA tragedia di questa mamma e il destino di una ragazza nata senza la sua mamma merita tutta la serietà, tutto il riserbo e tutta la delicatezza del caso che non può essere calpestato dalle smanie di chi cerca il feticcio di un personaggio da vestire. Questa storia non ha bisogno di uomini con la tutina blu e la S stampata sul petto che hanno paura solo della criptonite.

E ora torniamo alla vicenda perché emergono ulteriori aspetti nella vicenda giudiziaria che ruota intorno alla morte, appunto, di Sara Castigliola. Come è noto, accogliendo le tesi esposte nell’opposizione dai difensori delle parti offese, gli avvocati Di Meglio e Poli, i familiari della giovane donna deceduta al “Rizzoli” nel dare alla luce una bimba, il gip Giovanni De Angelis aveva respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm Ciro Capasso. Ordinando nuove indagini e soprattutto una nuova consulenza medico-legale, essendo venute alla luce evidenti discrepanze tra quanto dedotto dai periti del pubblico ministero e quelli delle parti offese. Un contesto che esige assoluta chiarezza, dunque, al di là di interpretazioni e polemiche assolutamente fuori luogo in questa triste storia.

Sta di fatto che qualche giorno dopo l’ordinanza del gip, il pm Capasso ha richiesto al dott. De Angelis l’incidente probatorio. Nella sostanza, il rappresentante della Procura vuole nominare un collegio di periti a cui sottoporre ulteriori quesiti.
Una decisione che non trova d’accordo l’avv. Massimo Stilla, difensore del dott. Francesco Rando, indagato per omicidio colposo insieme ai colleghi Domenico Loffredo, Mariantonia Galano, Silvia Galletti, Marcella Marino e Roberto Buonanno.
Dunque il legale ha presentato al giudice per le indagini preliminari le proprie deduzioni chiedendo il rigetto della richiesta di incidente probatorio.
Innanzitutto l’avv. Stilla riporta le ultime due fasi salienti di questo procedimento: «Proposta opposizione da parte delle persone offese, codesto Giudice ha ordinato al P.M. la prosecuzione delle indagini, con particolare riferimento “espletamento di consulenza medico-legale officiando esperti diversi, tesa a dirimere i contrasti che emergono raffrontando la relazione di consulenza tecnica depositata dal P.M. con quella presentata dalla P.O. con formulazione” di alcuni quesiti».
Dopodiché, «Con richiesta di incidente probatorio, ex art. 392, comma 2 c.p.p., del 13 giugno 2023, notificata in data 15 giugno 2023, il P.M. ha chiesto alla S.V. di procedere a perizia medico-legale mediante nomina di un Collegio di periti ai quali sottoporre una serie di quesiti indicati nella medesima richiesta e ai quali si rinvia».

LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE
Una situazione completamente nuova che per il difensore del dott. Rando è inammissibile in quanto non prevista in questo caso dal codice di procedura penale.
E nelle deduzioni ne spiega ampiamente i motivi. Ricordando che «l’art. 392 c.p.p. consente al P.M. e alla persona sottoposta alle indagini di richiedere, nel corso delle indagini preliminari, al G.I.P. l’assunzione anticipata di prove tassativamente indicate.
La Corte Costituzionale con sentenza del 10 marzo 1994, n. 77, ha esteso la possibilità di richiedere l’incidente probatorio anche in udienza preliminare.
In altri termini, il richiamato art. 392 c.p.p., dopo l’intervento dei giudici delle leggi, stabilisce che si possa ricorrere all’assunzione anticipata delle prove ivi indicate nel corso delle indagini preliminari e in sede di udienza preliminare».
Nel caso del procedimento per la morte di Sara, non si rientra però in tali possibilità: «Ciò detto, deve osservarsi che nel caso di specie il P.M., con atto del 9 gennaio 2023, ha chiesto al Giudice per le indagini preliminari l’archiviazione del procedimento a carico degli indagati, in relazione al decesso della signora Costagliola Sara avvenuto il giorno 30 ottobre 2021 presso l’Ospedale A. Rizzoli di Lacco Ameno dove era ricoverata. La richiesta di archiviazione ha determinato la chiusura delle indagini preliminari».

L’avv. Stilla entra maggiormente nel dettaglio: «Infatti il P.M., compiuta l’attività investigativa deve procedere ad una delibazione dei relativi esiti per stabilire se sussistono i presupposti per l’archiviazione ovvero se per contro si rende necessario il rinvio a giudizio.
In sostanza, il P.M. alla conclusione delle indagini preliminari si trova di fronte all’alternativa di richiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione.
Le due richieste sono tali da escludersi reciprocamente in logica, in fatto e in diritto, presentando però un denominatore comune in quanto atti conclusivi delle indagini preliminari: devono essere formulati entro un determinato periodo di tempo».

L’INCIDENTE PROBATORIO
Il nocciolo della questione è che le indagini preliminari non sono state affatto riaperte dalla ordinanza del gip e dunque non era più possibile richiedere l’incidente probatorio: «Nel caso di specie, come si è già detto, il P.M. ha concluso le indagini preliminari e in data 9 gennaio 2023 ha formulato richiesta di archiviazione, ritenendo che gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna.
Come anticipato in premessa, avverso la richiesta di archiviazione hanno presentato opposizione le parti offese e, all’esito dell’udienza camerale, questo Giudice ha ritenuto necessario la prosecuzione delle indagini, con particolare riferimento “espletamento di consulenza medico-legale officiando esperti diversi…”.
E’ evidente che il supplemento investigativo disposto dal Giudice non riapre le indagini – che si sono ormai concluse – ma impone solo all’Organo dell’accusa di sviluppare il tema di indagine indicato».

In proposito, a sostegno della propria tesi, l’avv. Massimo Stilla cita la giurisprudenza in materia, a partire da una sentenza della Corte Costituzionale, che ha indicato l’unico caso in cui tale richiesta può essere accolta: «E’ manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 24 e 111 cost., la q.l.c. degli art. 392 e 393 c.p.p., nella parte in cui non prevedono che la richiesta di incidente probatorio possa essere presentata anche dopo la scadenza del termine stabilito dall’art. 405, comma 2, c.p.p. per la conclusione delle indagini preliminari e prima dell’inizio dell’udienza preliminare, durante la quale, invece, in applicazione della sentenza della Corte cost. n. 77 del 1994, è consentita la richiesta di incidente probatorio, in quanto, premesso che la “ratio” dell’estensione operata dalla citata sentenza consiste nell’esigenza di “garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta ove la necessità di assicurare una prova indifferibile sorga per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio, e che pertanto è il pericolo della perdita irrimediabile della prova a imporne l’assunzione anticipata”, sarebbe palesemente incongruo differire la “vocatio in ius” per l’assunzione di una prova, come una perizia, per la quale non sia ravvisabile alcun pericolo nel ritardo, giacché ne conseguirebbe una profonda alterazione dei rapporti tra la fase delle indagini preliminari e il giudizio, nonché una irragionevole dilatazione della durata delle indagini e, quindi, dei tempi del procedimento».

LA “DISPERSIONE” DELLA PROVA
Un principio avallato sia dalla giurisprudenza di legittimità che dai giudici del merito. La Suprema Corte di Cassazione ha infatti sentenziato che «L’incidente probatorio può essere richiesto anche dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari e prima dell’instaurazione dell’udienza preliminare solo se finalizzato all’acquisizione di una prova per cui sussista il concreto pericolo di dispersione».
Mentre altra sentenza del tribunale recita: «E manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 24 e 111 cost., la q.l.c. degli art. 392 e 393 c.p.p., nella parte in cui non consentono, nei casi previsti dall’art. 392 c.p.p., che l’incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito, nella ipotesi di procedimenti con citazione diretta a giudizio, anche successivamente alla scadenza del termine per le indagini preliminari, fino alla emissione del decreto di citazione, in quanto, come precisato anche dalla sentenza n. 249/2003 della Corte costituzionale, la ratio dell’estensione dell’incidente probatorio alle fasi successive alla chiusura delle indagini – ed in particolare alla fase dell’udienza preliminare, come stabilito dalla sentenza n. 77/1994 della Corte costituzionale – deve essere individuata nell’esigenza di garantire l’effettività del diritto delle parti alla prova di fronte al pericolo della perdita irrimediabile della prova medesima, con la conseguenza che si determinerebbe una irragionevole dilatazione della durata delle indagini rispetto alla fase del giudizio ove si ammettesse tale possibilità anche in relazione alle prove non esposte al rischio di dispersione».

NUOVA CONSULENZA AUTOPTICA
Nel caso in esame la prova non poteva andare “dispersa”. Ed infatti l’avv. Stilla scrive: «Non vi è dubbio che, nel caso di specie, la richiesta di incidente probatorio del Pubblico Ministero è stata avanzata ai sensi del coma 2 dell’art. 392 c.p., ovvero nell’ipotesi in cui se la perizia fosse disposta nel dibattimento ne determinerebbe una sospensione superiore a sessanta giorni e, non nel caso in cui la prova di cui si è chiesta l’assunzione risulti oggettivamente a rischio di dispersione».

Ma non è questa l’unica contestazione. Infatti, evidenzia il difensore del dott. Rando, il pubblico ministero è andato ben al di là di quanto disposto dal gip, decidendo di sottoporre ai nuovi periti dei quesiti da lui stesso formulati: «Fermo quanto innanzi, la richiesta di incidente probatorio è, altresì, inammissibile anche perché la S.V., con l’ordinanza di prosecuzione delle indagini del 7 giugno 2023, ha ordinato al P.M. di procedere mediante l’espletamento di consulenza medico-legale al fine di “dirimere i contrasti che emergono raffrontando la relazione di consulenza tecnica depositata dal P.M. con quella presentata dalla P.O. con formulazione dei seguenti quesiti”.
Orbene, dalla lettura della richiesta di incidente probatorio emerge che il Pubblico Ministero vorrebbe affidare l’elaborazione della perizia ad un collegio di periti composto da un medico-legale, un anatomopatologo, uno specialista in Anestesia e Rianimazione, uno specialista in Ginecologia e Ostetricia, ed un Genetista e Tossicologo Forense, al fine di porre loro, ex novo, un elenco di quesiti che non hanno nessun nesso con i dicta disposti con l’ordinanza del 7 giugno 2023, ovvero di “dirimere i contrasti che emergono raffrontando la relazione di consulenza tecnica depositata dal P.M. con quella presentata dalla P.O.”».
Concludendo che «In tal caso, contrariamente a quanto disposto con la predetta ordinanza del 7 giugno 2023, non saremmo al cospetto di “attività di ricognizione peritale che non comportano una sospensione superiore a sessanta giorni della eventuale udienza dibattimentale”, ma davanti ad una nuova consulenza autoptica, seppur nelle forme della perizia».
Di qui la richiesta di rigetto dell’incidente probatorio «per carenza dei presupposti di legge». Spetterà ora al gip De Angelis decidere in merito.

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