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domenica, Maggio 5, 2024

Vincenzo Acunto, “Mettiamoci in mano ai santi”

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Vincenzo Acunto | La scorsa settimana, parlando di S.Angelo e del pericolo che vive quella comunità, ove il piazzale di cava grado che ospita il terminale degli autobus rischia di sprofondare a mare, visto che ricorrevano i festeggiamenti del santo patrono, scrissi S.Michele pensaci tu.

Manco chiusi i festeggiamenti che, all’altro capo dell’isola, succedeva un evento che non ha provocato una catastrofe, perché la fortuna ci ha messo una pezza. Mercoledì 3 ottobre, intorno alle ore 18,00, un grande motoscafo prendeva fuoco mentre era ormeggiato nel porto di Ischia nei pressi del ristorante “u purticciull”. Le foto mostrano che una barchetta, sorvegliata dalla SAR della guardia costiera, traina fuori dal porto il motoscafo in fiamme, ove affonderà a seguito dei copiosi versamenti di acqua che un elicottero gli scarica sopra. Tutto bene quel che finisce bene. La conclusione non nefasta dell’evento è stata salutata con omaggi sperticati a chi aveva preso la decisione di portare fuori dal porto il mezzo in fiamme come se si poteva decidere diversamente stante l’inesistenza di sistemi antincendio. E’ vero che la piaggeria è la prima componente dell’ indole del cameriere che quasi tutti gli ischitani hanno; e non essendone portatore, non ho condiviso gli elogi sperticati profusi dagli organi di stampa. Compreso il nostro. L’aver evitato una catastrofe ad Ischia non è segno della capacità o perizia umana ma che S.Giovan Giuseppe della Croce ha steso la sua mano protettrice sul paese di cui è patrono.

Le disposizioni relative ai sistema di sicurezza antincendio,nei porti, sono tante e non stò qui ad elencarle. Si va dalla progettazioni alla esecuzione ed alla gestione, individuando precisi interventi, impianti e figure di responsabilità. Senza portarla troppo per le lunghe i sistemi antincendio sono composti oltre che da un certo numero di estintori proporzionato al numero delle barche anche dalla cosiddette cassette a muro munite di manichette-idranti collegate a pompe di una certa gittata da poter essere, prontamente, utilizzate in caso di emergenza. Esistono sul porto di Ischia? Possono essere utilizzati?. Chi è l’addetto all’uso che con celerità può far fronte ad una emergenza?. La legge dimensiona gli impianti in relazione al grado di pericolo al quale essi devono rispondere. Il porto di Ischia per la classe di riferimento, per il numero di movimentazione di navi e di imbarcazioni che raccoglie, per il contorno abitativo e umano che custodisce, rientra tra i complessi ad alto rischio che impone un sistema antincendio che va oltre il piccolo estintore. Le foto che un amico mi ha mandato manifestano in modo chiaro la superficialità nell’organizzazione dei sistemi antincendio. Benché sembri che nell’ultimo periodo sia stato fatto un adeguamento del sistema elettrico.

Ci sono delle piccole colonnine con la gomma per rifornire di acqua e di elettricità le barche ma degli idranti e delle pompe non si vede traccia. Il lettore riesce immaginare quante tonnellate di sostanze infiammanti galleggiano nel catino di Ischia? E, riesce ad immaginare, se nel tempo resosi necessario, per slegare il motoscafo in fiamme, trovare la barchetta per  allontanarlo e portarlo fuori del porto, le fiamme si fossero estese ad altre barche cosa sarebbe successo? Pensiamo che il traghettatore scortato dal SAR della guardia costiera avrebbe fatto più viaggi o che sarebbe successo un ecatombe?. Di queste cose si dovrebbe discutere non della bravura o meno di chi non poteva fare altro che far trasportare fuori del porto la barca in fiamme. Gli ischitani devono sapere chi ha firmato il collaudo di quelle banchine e dei sistemi antincendi e se chi dovrebbe controllare il loro funzionamento l’abbia fatto o meno. Nel caso di Ischia appare dimostrato che non hanno funzionato o addirittura non ci sono. Sarebbe interessante sapere se, al di là dello spettacolo delle fiamme, qualcosa poi è stato fatto per la sicurezza. Sembrerebbe di no visto che, andando al porto, si nota che tutto è rimasto come prima. A Viareggio, il treno del gas transitava come un convoglio normale nella stazione e tra le case e nessuno ci faceva più caso. Un giorno per il cattivo funzionamento di qualche componente, non controllato, si determinarono delle scintille ed il gas esplose. Una carneficina. Una catastrofe? No incuria umana. Per l’incuria dell’uomo tante persone morirono bruciate. Come per l’incuria dell’uomo tante persone sono morte a Genova e tante ne moriranno altrove se non incominciamo a diventare seri. Agli italiani non servono i processi o sapere, dopo le catastrofi, quali leggi non sono state rispettate ma che si faccia il necessario per la sicurezza di ognuno.  Al momento, per Ischia, mi sento di dire “S.Giovangiuseppe della Croce pensaci tu”

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