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domenica, Maggio 26, 2024

CASSANDRA NON HA NESSUNA COLPA. Accolto l’appello e riformulata la condanna

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I giudici della Corte, accogliendo le motivazioni degli appellanti hanno rimodulato la pena già inflitta alla Cigliano in anni tre, mesi sei e giorni venti. La sentenza di primo grado le aveva concesso l’attenuante del concorso di colpa. L’appello ha stabilito che tale attenuante non poteva essere concessa

Gaetano Di Meglio | La Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza del Gup che aveva condannato Heloise Cigliano per l’omicidio stradale di Cassandra Mele, concedendole però l’attenuante del concorso di colpa, e ha stabilito che tale attenuante non poteva essere concessa.
Era la mattina del 28 giugno 2022 quando il caporalmaggiore dell’Esercito, Cassandra Mele, venne investita mortalmente da Heloise Cigliano ad Ischia, in via G.B. Vico in località “Cappella”. Una morte, quella di Cassandra, 37enne amante della bici e dell’avventura tanto da scegliere la carriera nell’Esercito e in servizio alla “Caserma Berardi” del Terzo Reggimento degli Alpini, che aveva sconvolto l’intera comunità isolana.

L’appello alla sentenza di primo grado, proposto dalle parti civili e dal Pubblico Ministero, è discusso ieri mattina presso il tribunale di Napoli ed è stato accolto. I giudici della Corte, accogliendo le motivazioni degli appellanti, inoltre, hanno rimodulato la pena già inflitta alla Cigliano in anni tre, mesi sei e giorni venti.
Il Giudice dell’Udienza Preliminare, il dott. Sepe, nel marzo scorso, aveva condannato la Cigliano alla pena di anni tre, mesi uno e giorni 10 di reclusione per aver cagionato la morte di Cassandra Mele, in seguito al sinistro avvenuto in Ischia, alla Via G.B. Vico, ma aveva riconosciuto in favore della conducente della Fiat Panda, l’attenuante del comma 7 dell’art. 589 bis c.p., affermando che la Mele, nell’occasione, non aveva osservato l’obbligo di trovarsi il più vicino possibile al margine destro della strada e che quindi aveva concorso nella determinazione del sinistro, nonostante l’imputata, alla guida della sua vettura, avesse invaso l’opposta corsia di marcia.

Le parti civili, rappresentate dall’avv. Cristiano Rossetti e Valerio Izzo, hanno proposto appello contro questa decisione, contestando l’ingiustificata concessione dell’attenuante in favore dell’imputata che aveva comportato il riconoscimento di una seppur minima corresponsabilità da parte di Cassandra, nella misura del 10% e anche il pubblico ministero era addivenuto alla stessa decisione dopo la lettura delle motivazioni e, quindi, aveva poi proposto appello per gli stessi motivi.
Secondo la difesa di parte civile la conclusione cui era pervenuto il Gup era del tutto erronea e illogica. Lo stesso giudice di primo grado aveva infatti riconosciuto che Cassandra Mele, al momento dell’impatto, si trovava ad una distanza dal margine destro della strada pari a 55 cm., come sostenuto dal consulente tecnico delle parti civili, e non si poteva certamente ritenere che questa distanza non fosse effettivamente prossima al margine della strada come esige il codice della strada.

Nell’appello, in particolare, l’avv. Cristiano Rossetti ha evidenziato, a ragione, che alla conducente di una bicicletta che affronta una curva in discesa non si può richiedere di procedere tenendosi ad una distanza dal margine destro della strada inferiore a quella accertata nell’occasione, ovvero 55 cm.. La traiettoria della curva, infatti, e la necessità di garantire l’equilibrio e la stabilità della bicicletta, così come le comuni regole di prudenza, impongono al conducente di un veicolo a due ruote leggero, come una bicicletta da corsa, di tenere una certa distanza dal marciapiede e dalla canalina di scolo delle acque, pure presente su quel tratto di strada, anche per evitare possibili ostacoli e finire fuori strada.

E la distanza rispetto al marciapiede alla quale procedeva Cassandra, specie se si considerano le particolari condizioni della strada e del mezzo che conduceva, non può non essere considerata il più vicino possibile al margine della strada come prescritto. Diversamente, considerata pure la presenza della canalina di scolo delle acque, avrebbe rischiaro di mettere in pericolo la sua incolumità.
Rossetti, inoltre, ha poi sostenuto che nella determinazione del tragico evento è stata del tutto irrilevante la posizione della bicicletta rispetto al margine della strada poiché l’impatto è avvenuto indiscutibilmente nella corsia di marcia della bicicletta ed esclusivamente in ragione della invasione di corsia da parte della imputata.

Pur se Cassandra Mele non si fosse tenuta “il più vicino possibile” al margine destro della carreggiata, ma pur sempre nella propria corsia, tale circostanza è stata del tutto ininfluente nella determinazione del sinistro e non può in alcun modo qualificarsi come un concorrente comportamento colposo.
Peraltro, la Cassazione ha affermato il principio, ha affermato più volte come non possa essere ravvisata alcuna responsabilità concorsuale nella determinazione del sinistro da parte del conducente di un veicolo per la violazione dell’obbligo previsto dall’art. 143 C.d.S., laddove il sinistro sia stato determinato dall’invasione della corsia di marcia da parte di altro veicolo proveniente dalla direzione opposta, escludendo in tal caso la possibilità di riconoscere l’attenuante di cui al comma 7 dell’art. 589 bis c.p..
La Corte d’Appello, all’esito della discussione di ieri, ha accolto le deduzioni difensive della parte civile e quelle del Procuratore Generale, escludendo l’attenuante concessa dal primo giudice e rideterminando la pena inflitta all’imputata. Ha così escluso qualsivoglia corresponsabilità di Cassandra nella determinazione del tragico sinistro in cui ha perso la vita.

In attesa del possibile ricorso per Cassazione, tuttavia, però, una riflessione va fatta. La decisione della Corte di Appello ha ristabilito, solo in parte, una verità che non fa vincere nessuno. Il dolore della morte di Cassandra, la ferita che ha lasciato nel cuore di quanto le volevano bene non si riduce se si elimina questa attenuante del 10%. Non c’è nessuna attenuante che tenga, così come non c’è nessuno che vince. C’è solo, forse, un modo per dire “Riposa in Pace” senza colpa. Che per chi continua a vivere e a volere bene significa tutto.

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