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venerdì, Marzo 29, 2024

I cittadini e gli effetti una giustizia dai due volti

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Bruno Molinaro |  Eboli è un comune della Provincia di Salerno. Ad Eboli, mentre la sua casa veniva demolita perché costruita senza permesso, il proprietario, un umile operaio che vi abitava con la moglie e tre nipotini minorenni, è morto d’infarto.

A Cava dei Tirreni, comune della stessa Provincia di Salerno, si è consumato poco prima un altro grave dramma sociale.

Un Sostituto Procuratore Generale, pur essendo imminente l’approvazione della legge “Falanga”, che garantisce il diritto alla inviolabilità del domicilio, ha fatto demolire e radere al suolo “manu militari” una casa abitata da una povera donna separata con un figlio unico disoccupato, tale Pina Fariello, per giunta in gravi difficoltà economiche.

E’ vero che il P.M. ha agito, in quel caso, sulla base di una sentenza di condanna passata in cosa giudicata e, dunque, con iniziativa legittima sul piano formale e processuale, ma è vero, altresì, che, se la Procura Generale di Salerno si fosse dotata di un “disciplinare” analogo a quello del Procuratore Generale di Napoli Luigi Riello, questa demolizione – come l’altra dell’operaio di Eboli che non ha retto al dolore – non si sarebbe verificata.

È ben noto, infatti, che a Napoli, già da tempo, con un decreto del 10.12.2015, proprio il Procuratore Generale Riello ha introdotto una sorta di disciplina transitoria, anticipando di fatto la legge “Falanga“, che gradua le demolizioni, salvaguardando le case stabilmente abitate, e da allora non è più accaduto che una sola casa abitata sia stata sacrificata sull’altare dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Nel suo decreto, peraltro, il Procuratore Riello ha avuto la sensibilità e l’onestà intellettuale di riconoscere che, “quanto ai beni di rango costituzionale che vengono in rilievo nella materia delle demolizioni, occorre fare riferimento – in un’ottica di valutazione e bilanciamento degli stessi – non solo all’ambiente (art. 9 della Costituzione) e alla salute (art. 32 Cost.) ma anche ad altri beni e principi tutelati dalla Carta Costituzionale, quali l’uguaglianza sostanziale, l’equità, la ragionevolezza e la solidarietà sociale (art. 3 Cost.), il diritto al lavoro (art. 4 Cost.) e la funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.)”.

A Salerno, nelle alte sfere dell’Ufficio Requirente, di un decreto analogo a quello del Procuratore Generale di Napoli nessuno vuol sapere e non solo la gente comune ma anche gli addetti ai lavori fanno fatica a comprenderne il perchè.

Gli addetti ai lavori, in particolare, traducono gli eventi con la locuzione latina “summum ius, summa iniuria”, indicata da Cicerone come espressione proverbiale, il cui significato letterale è “somma giustizia, somma ingiustizia”.

Personalmente mi chiedo: fino a quando potrà essere tollerata e compresa dagli osservatori esterni e soprattutto dai cittadini che ne subiscono gli effetti una giustizia dai due volti?

Una giustizia sempre più simile ad un Giano bifronte, che, all’interno di due distretti territoriali della stessa Regione, esprime differenti valutazioni sul piano della esecuzione penale, può mai ritenersi una giustizia giusta?

Non dovrebbe l’azione del magistrato non solo essere ma anche apparire, per la estrema delicatezza degli interessi in gioco, improntata al rigoroso rispetto dei principi di equità, imparzialità e ragionevolezza?

È possibile che chi ha la fortuna di avere la casa a Napoli si salvi almeno nell’immediato, nel mentre chi ha la sfortuna di abitare a Salerno e dintorni sarà costretto a subire la scure inesorabile della legge e del giudicato?

Credo che in questo stato di cose vi sia ben poco di un paese civile, per di più considerato “culla del diritto“.

Come si concilia tutto ciò con la sentenza della Corte Europea (c.d. “Ivanova“) del 21 aprile 2016, con la quale è stata riconosciuta piena tutela al diritto di abitazione, ritenuto prevalente rispetto all’interesse all’ordinato assetto del territorio e alla integrità del paesaggio, sottolineandosi, fra l’altro, che “gli Stati contraenti sono tenuti ad assicurare un esame giudiziale della complessiva proporzionalità di misure così invasive, come la demolizione della propria abitazione, e a riconsiderare l’ordine di demolizione della casa abitata alla luce delle condizioni personali di chi vi vive da anni ed ha risorse economiche limitate”?

Secondo la Corte, infatti, un conto è proteggere il diritto meramente economico di chi costruisce violando la normativa edilizia ed un altro conto è assicurare che la prima ed unica casa di una persona in difficoltà economica non venga demolita con leggerezza.

In questa babele di norme e comportamenti confusi e contraddittori ritengo che  un riconoscimento speciale debba essere tributato al Senatore Falanga, un parlamentare dal cuore buono e dalla schiena dritta.

Lui è uno che a Roma davvero si batte per i più deboli, mettendo al bando anche i privilegi personali e le ideologie, proprio per evitare che la somma giustizia si traduca, soprattutto nella nostra regione, in somma ingiustizia.

Falanga è come la luce in fondo al tunnel che fa ritenere che non tutto è da buttare nei palazzi-casta della politica italiana.

Menomale!

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