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E ci voleva Mario Draghi? | #4WD

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Daily 4ward di Davide Conte del 11 settembre 2024

Per chi non lo sapesse o, forse, ritenesse di non doversi fidare di quanto raccontato dal sottoscritto, riporto fedelmente la definizione di “Piano Marshall” tratta da Treccani.it:
Progetto di vasta ricostruzione dei Paesi europei devastati dalla Seconda guerra mondiale, messo in atto dagli Stati Uniti. Il 5 giugno 1947, all’Università di Harvard, il segretario di Stato statunitense G. Marshall tenne un celebre discorso in cui annunciò la decisione del Paese di intraprendere il piano che da lui prese il nome. Il piano M. rappresentò una svolta nella politica americana per la ricostruzione, con il superamento dell’approccio disorganico che aveva caratterizzato i programmi di sostegno alimentare – messi in atto con il Government Aid and Relief in Occupied Areas – e la definizione di una strategia effettiva per promuovere la ripresa economica del continente europeo. Inizialmente rivolto all’URSS e ai Paesi dell’Europa orientale, il piano di aiuti venne limitato, in seguito al rifiuto sovietico, ai Paesi dell’Europa occidentale e alla Germania Ovest. Nell’aprile del 1948 il presidente statunitense H. Truman istituì l’Economic Cooperation Administration (ECA), ente incaricato di definire le politiche di aiuto, e l’European Recovery Program ( ERP), che aveva il compito specifico di gestire gli stanziamenti all’interno di ciascun Paese. Il piano venne avviato nella primavera del 1948 e si concluse formalmente nel giugno 1952, anche se, di fatto, terminò la propria attività nella primavera del 1951. Si ebbero risultati positivi nel rilancio dell’iniziativa imprenditoriale, nel consolidamento di una logica concorrenziale e nell’apertura commerciale, nonché nella promozione dell’integrazione tra le economie europee. Per rispondere alle pressioni provenienti dagli USA a favore di una maggiore integrazione, i governi europei beneficiari del programma istituirono nel 1948 l’Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea ( OECE). Sotto il profilo quantitativo, il piano comportò uno stanziamento di 17 miliardi di dollari, che vennero erogati nell’arco di un quadriennio.”

Ecco il mio commento: provate ad attualizzare diciassette miliardi di dollari dal 1952 ad oggi e troverete già difficile compararli con gli ottocento miliardi di euro invocati da Mario Draghi nel suo rapporto sul futuro della competitività europea presentato pochi giorni fa, in quanto importo di gran lunga superiore al valore corrispondente. 

Ma quel che mi chiedo più di ogni altra cosa è se, per invocare un così considerevole finanziamento a favore dell’UE a fronte di motivazioni tanto scontate quanto proclamate, occorresse scomodare (si fa per dire, se pensiamo a quanto sarà stato pagato) l’ex presidente della BCE.

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