venerdì, Marzo 7, 2025

CARCERE 4.0 . Dal “manicomio” al carcere

Gli ultimi articoli

Iscriviti alla nostra newsletter

Resta informato e non perderti nessun articolo

il Prof. Leone Melillo ha incontrato, presso il Ministero della Giustizia, il Sottosegretario, Sen. Avv. Andrea Ostellari.
L’attenzione si è soffermata sui soggetti affetti da disturbo mentale, a prescindere dall’imputabilità, sulla loro compatibilità con il regime carcerario e, quindi, sulla posizione di “controllo e garanzia”, che investe gli psichiatri.

Il soggetto affetto da disturbo mentale, a prescindere dall’imputabilità (totale o parziale capacità o totale incapacità di intendere e di volere al momento del fatto reato) è incompatibile con il regime carcerario, secondo il dettato giuridico, in quanto negli istituti penitenziari, al momento, non è possibile offrire le stesse cure (che non prevedono solo la terapia farmacologica, ma anche percorsi trattamentali riabilitativi), assicurati al di fuori del carcere ai liberi cittadini, dalle Unità Operative di Salute Mentale: servizi psichiatrici territoriali (C.S.M.); Strutture Residenziali Intermedie (S.I.R.); Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.), dove operano delle equipe multi-professionali, nell’ottica della multi-disciplinarità imprescindibile per la presa in carico. Inoltre, un soggetto affetto da disturbo mentale non è scontato che, prima o poi venga periziato, sopratutto se non ha la possibilità di potersi permettere un avvocato di fiducia, che molto spesso propone all’A.G. la perizia psichiatrica, oltre al fatto che possono trascorrere anni prima che un folle reo venga sottoposto ad essa, con la pretesa di accertare la capacità di intendere e di volere al momento di un fatto reato dopo che sono passati due anni, per esempio.

Nel frattempo il soggetto, sottoposto a terapia farmacologica, verosimilmente si è compensato. Infine la gestione allocativa del malato di mente da parte dei magistrati di sorveglianza ha generato, in non pochi casi, criticità ulteriori che sono ricadute sulla sanità, in particolar modo sulla psichiatria. Basti citare ad esempio un recente caso di cronaca, un extracomunitario, senza fissa dimora, utilizzatore di sostanze stupefacenti (l’utente tipo che finisce in carcere), che per resistenza a pubblico ufficiale, in evidente stato di scompenso psicotico, prima venne condotto in Spdc (struttura del DSM allocata in ospedale, dove si effettuano i ricoveri), poi il magistrato di sorveglianza decise che fosse troppo pericoloso per stare in Spdc, quindi il reo venne tradotto in carcere, dove, in ogni caso non è presente uno psichiatra h24, per cui la consulenza specialistica venne richiesta solo dopo che il detenuto con un morso amputò la falange della mano di un altro detenuto, mangiandosela (cannibalismo).

Il giorno successivo allertato lo psichiatra gli fu praticata una terapia farmacologica per la grave agitazione psicomotoria ed eteroaggressività, in soggetto affetto da grave scompenso psicotico, verosimilmente slatentizzato dall’utilizzo di sostanze stupefacenti, con la stabilizzazione clinica dell’assistito nei giorni successivi. A quel punto l’A.G. decise, una volta rientrata la situazione psichiatrica, che il folle reo fosse troppo pericoloso per stare in carcere e lo riallocò in Spdc – follia istituzionale -. Alla fine il detenuto è stato periziato, in quanto ormai era diventato un caso di cronaca, prosciolto per totale infermità di mente e destinato alla REMS. Molti di questi soggetti affollano le carceri, ma finché non ne parlano i mass e social media resta occulto ciò che sta accadendo nelle carceri italiane con l’ingresso dei malati di mente autori di reato.

Infine, non per importanza, se il paziente fosse stato visitato dallo psichiatra prima di agire l’atto cannibalico, dal momento che è poi stato prosciolto, la sua colpa sarebbe stata attribuita allo psichiatra, in virtù della posizione di “controllo e garanzia”, per cui gli psichiatri sono chiamati a rispondere dei comportamenti dei malati di mente o presunti tali, spesso tossicodipendenti e/ o criminali, con una legge sulla responsabilità medica, penale e civile, (legge Gelli), che non tiene conto del fatto che la medicina non è una scienza esatta e la psichiatria è la più empirica delle scienze mediche, per cui ogni caso clinico è un eccezione, motivo per il quale pur rispettando i protocolli e le linee guida il medico rischia, in ogni caso, di essere incriminato, all’indomani di una disgrazia, comunque abbia agito, riproponendo il simbolo dell’agnello sacrificale per assolvere l’intera collettività

Autore

  • Articolo realizzato dalla Redazione Web de Il Dispari Quotidiano. La redazione si occupa dell'analisi e della pubblicazione fedele degli atti e dei documenti ufficiali, garantendo un'informazione precisa, imparziale e trasparente. Ogni contenuto viene riportato senza interpretazioni o valutazioni personali, nel rispetto dell’integrità delle fonti e della veridicità dei fatti.

    Visualizza tutti gli articoli
contenuti sponsorizzati da Geozo

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Gli ultimi articoli

Stock images by Depositphotos