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domenica, Aprile 28, 2024

Demolizione degli abusi della nonna di Dante De Luise, arriva il commissario ad acta

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L’insediamento per l’ottemperanza della sentenza del Tar in favore di Caterina Ciannelli. Dopo la diffida al Comune di Lacco Ameno, Regione e Soprintendenza caduta nel vuoto, il ricorso accolto dai giudici amministrativi. Sancendo l’obbligo di provvedere «ponendo in essere le attività necessarie e adottando espressi provvedimenti, entro il termine di novanta giorni…». A fronte della reiterata inerzia il commissario ing. Fabio Menditto ha convocato la prima riunione per avviare l’iter del procedimento

L’inerzia di Pascale per tutelare gli abusi della nonna del presidente del Consiglio comunale Dante De Luise al palazzo Ciannelli subisce un duro colpo. Il commissario ad acta nominato dal Tar Campania si è insediato ed è pronto ad attivarsi per procedere alla ottemperanza della sentenza dei giudici amministrativi emessa il 19 aprile. Che accoglieva il ricorso presentato a gennaio da Caterina Ciannelli dopo che la sua diffida di novembre a Comune, Regione e Soprintendenza era rimasta lettera morta. E nessun Ente si era attivato per l’esecuzione delle ordinanze di demolizione emesse dal Comune. Tra l’altro, di recente proprio il Tar ha respinto il ricorso presentato dai Rocchi-Calise per l’annullamento della ordinanza del 2020.

Nella sentenza di aprile, considerata l’inerzia delle Amministrazioni interessate, il collegio della VI Sezione del Tar nominava un commissario ad acta nella persona del «Provveditore Regionale alle opere pubbliche della Campania, Molise, Puglia, Basilicata, con facoltà di delega a un dirigente o funzionario dotato di adeguata qualificazione professionale, il quale, su istanza dell’interessata, provvederà nei successivi sessanta giorni».

Il delegato quale commissario ad acta è il funzionario ing. Fabio Menditto, che si è ora insediato e avviato l’iter. Convocando il primo incontro telematico al quale hanno partecipato per il Comune di Lacco Ameno gli architetti Alessandro Dellegrottaglie e Vincenzo D’Andrea, rispettivamente responsabili dell’Ufficio Tecnico e del Settore Lavori Pubblici, l’arch. Annamaria Roffo in rappresentanza della Direzione Generale per il governo del territorio della Regione Campania, l’avv. Alessandro Barbieri, difensore di Caterina Ciannelli, e l’avv. Antonio Iacono, legale dei Rocchi. Come si legge nel verbale, «scopo della riunione è l’insediamento dello scrivente presso il Comune di Lacco Ameno e il conseguenziale avvio del procedimento di cui in oggetto. A tal fine lo scrivente commissario, al fine di intraprendere le pertinenti attività, ha rivolto alcune domande ai presenti ed in particolare ai due legali riguardanti la sentenza N° 2408/2023».

LA DIFFIDA

Una vicenda, come è noto, che va avanti dal 2015. Ma a seguito del terremoto del 2017 «l’immobile in titolarità della ricorrente subiva danni strutturali (come accertato dalla Protezione Civile) soprattutto in corrispondenza dei carichi determinanti dagli abusi edilizi commessi dai sig.ri Rocchi e Calise».

L’ultima diffida di novembre faceva espresso riferimento alla prevenzione del rischio sismico, «in ragione sia dell’omesso deposito dei calcoli al Genio Civile sia gli eventi sismici che hanno colpito il territorio di Lacco Ameno in data 21.08.2017».

Comune, Regione e Soprintendenza venivano chiamati «a adottare tutti gli atti di propria competenza, e, in particolare, chiedeva che provvedessero all’adozione dei doverosi provvedimenti sanzionatori e ripristinatori: ovvero con riferimento all’intero piano secondo – oggetto di domanda di condono prot. 3075/1986 rigettata con provvedimento del 03.09.2019 ad opera del comune di Lacco Ameno con espresso parere negativo reso dalla Soprintendenza – abusivamente realizzato dai sig.ri Rocchi e Calise; con riferimento alla ristrutturazione abusiva del piano primo realizzata, in assenza dei necessari titoli edilizi, paesaggistici e calcoli strutturali; all’adozione di nuova ordinanza di demolizione per tutte le opere declinate alla successiva lett. d); all’esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 2/2016 con specifico riferimento alla demolizione delle seguenti opere e anche con riferimento al pagamento della somma di € 20.000,00
05 dell’ordinanza di demolizione n. 9/2020 con la quale si è ingiunta la demolizione di “Una maggiore superficie coperta”
06 dell’ordinanza di demolizione n. 8/2020; a porre in essere ogni attività, ai sensi del combinato disposto della L.R.C. 9/1983 e del relativo Regolamento di attuazione n. 4/2010 (artt. 1, 6, 7 ed 8), tesa alla vigilanza, al controllo ed alla repressione sulle opere abusivamente realizzate ai fini della prevenzione del rischio sismico in ragione sia dell’omesso deposito dei calcoli al Genio Civile sia gli eventi sismici che hanno colpito il territorio di Lacco Ameno in data 21.08.2017; alla trasmissione, ai sensi dell’art. 10 L.R.C. 10/2004, al Presidente della Giunta Regionale delle ingiunzioni alla demolizione, degli accertamenti di inottemperanza, nonché di tutti gli atti ed accertamenti eseguiti dal Comune ai sensi del D.P.R. 380/2001 afferenti la proprietà sopra individuata».

E si chiedeva anche la trasmissione alla procura della Repubblica di «specifica notizia di reato con riferimento alle false dichiarazioni e false rappresentazioni grafiche rese dai Rocchi-Calise in sede di integrazione della domanda di condono funzionali a sostenere la corrispondenza tra la domanda di condono originaria e quanto accertato in loco fino a ricomprendervi entrambi i piani e le superfetazioni».

IL RICORSO

Di fronte al silenzio, arrivava l’ennesimo ricorso accolto dal Tar. Rimarcando che «La repressione degli abusi in materia edilizia, infatti, costituisce attività vincolata, cui l’Amministrazione non può sottrarsi, essendo preordinata alla tutela del corretto uso ed assetto del territorio, di modo che, una volta ingiunta la demolizione dei manufatti abusivi, il Comune può (e deve) finanche sostituirsi ai privati inadempienti mediante la acquisizione delle opere abusive e la loro rimozione in danno dei responsabili».

Chiedendo al Tar Campania, previo l’annullamento del silenzio di «dichiarare l’obbligo del Comune di Lacco Ameno, della Regione Campania e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli di provvedere sulle richieste avanzate dal ricorrente con l’atto di diffida e messa in mora comunicato a mezzo pec in data 18.11.2022; condannare le amministrazioni intimate all’adozione dei provvedimenti richiesti trattandosi di attività vincolata e per la quale non residuano ulteriori margini di discrezionalità; condannare il Comune di Lacco Ameno e la Regione Campania e la Soprintendenza BB.CC.AA. al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza del termine di conclusione del procedimento».

Muovendo precise accuse ai tre Enti: «Il comune di Lacco Ameno è venuto meno al suo generale obbligo di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizio e al suo obbligo di dar corso ai provvedimenti repressivi già emessi, dovendo l’ente locale curare il seguito amministrativo e l’esecuzione dei propri provvedimenti ed essendo tenuto a verificare la sussistenza di abusi edilizi denunciati; la regione Campania, pur diffidata a verificare la corretta esecuzione della procedura repressiva, ha omesso di esercitare i suoi poteri sostitutivi in materia ed ha violato i suoi obblighi di vigilanza e di controllo con riferimento alla disciplina volta alla prevenzione del rischio sismico; la competente soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Napoli e provincia non ha esercitato i poteri di repressione delle opere edilizie abusive in area soggetta a vincolo in ragione di quanto previsto all’art. 27 Testo Unico Edilizia».

LA SENTENZA DEL TAR

Nella sentenza che ha poi nominato il commissario ad acta il Tar evidenzia: «La ricorrente è, dunque, titolare di un interesse giuridicamente rilevante che la legittima a compulsare l’esercizio dei poteri accertativi e repressivi da parte delle amministrazioni competenti e può pretendere, se non vengano adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con la conseguenza che il silenzio serbato sull’istanza e sulla successiva diffida integra gli estremi del silenzio rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente».

Richiamando poi la “famosa” sentenza del Consiglio di Stato: «Si evidenzia, poi, che il Consiglio di Stato con sentenza n. 6748 del 2022 ha annullato “l’ordinanza di demolizione n. 2/2016 del 29.3.2016 nella parte in cui coincide nell’oggetto con l’istanza di condono presentata in data 01.04.1986” e che ha fatto comunque “salvi gli ulteriori atti dell’amministrazione di rinnovazione dell’atto di demolizione alla luce del sopravvenuto rigetto del condono” e che questo Tar, con sentenza n. 6194 del 2022, ha ritenuto che l’attività del commissario ad acta nominato nell’ambito del giudizio r.g. 3696/2018 per dare esecuzione della sentenza n. 1917/2018, non potesse continuare, avendo rilevato che “l’effetto indiretto della combinazione “annullamento dell’ordinanza di demolizione del 2016/ reiezione della istanza di condono/ esistenza di provvedimenti sanzionatori di ulteriori abusi” non può essere contestato, nel senso che l’immobile alla luce di queste sopravvenienze finisce per trovarsi in una situazione di non conformità alla normativa urbanistico-edilizia diversa e più grave e radicale rispetto a quella implicata e presupposta dall’atto di diffida che ha dato origine alla presente controversia e dalla sentenza che ha accolto il ricorso sul silenzio. Di qui la conclusione che, da un lato, la situazione sulla cui base è stato dichiarato l’obbligo di provvedere da parte della sentenza che ha accolto il ricorso sul silenzio è ormai completamente mutata in modo non compatibile con la prosecuzione della esecuzione da parte del commissario e, dall’altro, che anche i compiti delle amministrazioni resistenti – ciascuna per quanto di sua competenza – sono mutati in corrispondenza della necessità di riconsiderare alla luce delle sopravvenienze la situazione dell’immobile dei controinteressati e la sua sorte”.

Il comune di Lacco Ameno, invero, oltre ad aver adottato in relazione all’immobile in questione l’ordinanza di demolizione n. 2 del 29 marzo 2016, poi annullata dal Consiglio di Stato nei termini sopra richiamati, ha respinto la domanda di condono presentata dai controinteressati (prot. 3075/1986) con provvedimento del 3 settembre 2019, provvedimento che non risulta sospeso in via cautelare, e ha adottato due successive ordinanze di demolizione relative ad ulteriori abusi (ord. n. 8 e n. 9 del 2020), che ugualmente non risultano sospese».

Aggiungendo: «Tanto premesso, si rileva che il comune di Lacco Ameno non ha dato alcuna risposta alla diffida della ricorrente del 18 novembre 2022 e che è rimasto illegittimamente inerte, non curando il seguito amministrativo relativo alla vicenda dell’immobile Calise – Rocchi, come emergente dal complesso degli atti e delle sentenze soprarichiamate, e ciò in violazione dell’obbligo di provvedere sussistente a suo carico sulla base dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 e di quanto previsto dalla normativa di settore in materia di vigilanza sull’attività edilizia, accertamento e repressione degli abusi. Illegittima, poi, è l’inerzia della Regione Campania, non risultando che abbia svolto concrete verifiche sul rispetto della disciplina in materia antisismica né che si sia attivata per l’esercizio dei poteri sostitutivi. E anche la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli è rimasta inerte omettendo di esercitare il proprio potere di tutela delle aree soggette a vincolo.
Il ricorso, quindi, in tale parte è da ritenersi fondato, essendo venute meno le amministrazioni intimate all’obbligo di provvedere espressamente sulla istanza/diffida della ricorrente».

Concludendo: «Nei limiti e termini di cui sopra, pertanto, il ricorso va accolto e va ordinato alle amministrazioni intimate, ciascuna per quanto di propria competenza e salve le opportune iniziative per un’azione coordinata di esse, di provvedere sulla istanza/diffida presentata dalla ricorrente in data 18 novembre 2022 ponendo in essere le attività necessarie e adottando espressi provvedimenti, entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica di parte, se anteriore, della presente sentenza». Ovviamente è stato necessario l’intervento del commissario ad acta Menditto, che farà passare notti insonni a Giacomo Pascale…

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