martedì, Dicembre 10, 2024

Il Vescovo Pascarella: “Ora è il tempo della vicinanza e della condivisione”. L’omelia ai funerali di Eleonora e Salvatore

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Sorelle e fratelli carissimi, nel mare di dolore, in cui questi nostri fratelli, colpiti dalla visita improvvisa della morte di loro cari, è difficile pronunciare parole che esprimano e leniscano la loro sofferenza in questo momento.  In questo evento drammatico, che tutti ci ha scossi e che, in particolare, ha aperto in loro ferite profonde e ha provocato domande anche rivolte a Dio, le nostre parole rischiano di diventare vuote, inopportune.

Cercherò di lasciare spazio alla Parola di Dio sui cui si fonda la nostra speranza. La nostra presenza qui nella chiesa è per pregare. Ci fidiamo delle promesse di Gesù. Egli agli apostoli, preoccupati perché aveva detto loro che doveva andare via, ha promesso: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io» (Gv 14, 1-3). Quale è la casa del Padre? Il paradiso!

Siamo qui per chiedere per la nostra sorella Eleonora e il nostro fratello Salvatore il paradiso. Essi non hanno più bisogno di cose, solo di preghiere. Ed è nella preghiera, soprattutto nell’Eucarestia, che possiamo continuare la comunione con loro. Con le lacrime agli occhi, con il cuore ferito, vogliamo rinnovare la nostra fede: credo la vita eterna, credo la comunione dei santi, aspetto la risurrezione dei morti. La fede non toglie il dolore, che la morte porta con sé, fonda la nostra speranza: un giorno potremo riabbracciare le persone che abbiamo amato e ci hanno amato.

Il papà di Eleonora con accanto la moglie, che ho incontrato nella chiesa dove erano deposte le salme dei morti ritrovati, si è avvicinato e mi ha detto: “Ora sono sposi per sempre?”. Eleonora e Salvatore dovevano sposarsi! Mi sono venute in mente le parole di un libro della Bibbia: «… forte come la morte è l’amore, le sue vampe sono vampe di fuoco, na fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo» (Ct 8, 6-7).

Il dolore e la morte sono veramente “un enigma”. Nessuno di noi li vorrebbe! Sono ferite sul nostro essere stati creati a “immagine e somiglianza di Dio”, sono frutto del peccato! La fede apre spiragli di luce su questo enigma, che ci opprime. Cristo “con la sua morte ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita” (cfr. Gaudium et spes). Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, ha condiviso la nostra storia, ha assunto tutta la nostra umanità, è sceso fino negli abissi profondi della morte. Egli in quel grido lancinante, rivolto verso il Cielo, che abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato?”, ha fatto sue tutte le nostre domande, i nostri perché. Egli ha condiviso i nostri perché, dandogli un senso. È sceso negli abissi dell’abbandono, della solitudine, del buio, della morte per dirci che anche lì c’è Lui e come la sua storia non termina con la sua morte drammatica sulla croce così la nostra vita non termina con la morte.

La nostra destinazione finale non è il nulla e il vuoto assoluti, ma il paradiso! Come Gesù ha condiviso il nostro dolore così anche noi siamo chiamati a condividere le sofferenze dei nostri fratelli, che in modo improvviso e drammatico si sono ritrovati senza più la vicinanza fisica di persone che amavano e da cui erano amati. Rimane un vuoto. La morte delle persone care è come un taglio sul crudo della nostra carne, ci vuole tempo perché si rimargini e rimarrà sempre un segno. C’è il tempo per ogni cosa! – dice la Sacra Scrittura. Ora è il tempo di piangere con coloro che piangono, di condividere il loro dolore. Chi è sommerso dal dolore della perdita di propri cari e anche chi ha perso la sua casa o l’ha vista gravemente danneggiata ha sentito alcune valutazioni a caldo sulla posizione delle loro abitazioni, come recita un proverbio popolare, “sul cotto l’acqua calda”!

C’è, poi, il tempo delle analisi e degli interventi per prevenire che si ripetano altri disastri. Ora è il tempo della vicinanza e della condivisione.

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