ATTORI E SPETTATORI di Anna Fermo | Nell’ultimo ventennio si potrebbe dire che sia davvero accaduto di tutto: le crisi economiche non sono mai mancate, di biennio in biennio, con un terrore sull’andamento dello spread che di fatto terrorizzava chiunque, anche senza sapere di che si trattasse. E’ stata poi la volta del Covid-19 dei cui strascichi economici risentiamo ancora oggi seppur tramortiti dal terrore di una Guerra Russia-Ucraina che sta per costringerci al riarmo e ad affrontare nuovi equilibrismi di politica internazionale complici anche di un Presidente USA del tutto o quasi, fuori linea NATO. Ecco, ci mancavano i Dazi e dopo di questi, solo un “meteorite”, mi verrebbe da dire, per evitare il richiamo all’atomica! Ad ogni modo, i tempi che corrono non piacciono a nessuno ed anche se è una riflessione su scala globale, cosa che in parte dovrebbe farci sentire meno sfigati, di fatto, resta preoccupante!
La settimana dei mercati, ieri, si è aperta davvero male, come male si era chiusa quella scorsa, a causa dei dazi imposti dagli Stati Uniti al resto del mondo. Donald Trump l’ ha definita una “cura necessaria”, ma a cosa, alla sua “capa malata”? Tutto lascia intendere che gli svantaggi ci saranno anche per gli americani oltre che per il resto del mondo e dopo la visita alla Casa Bianca del premier israeliano Netanyahu, probabilmente a breve ci sarà anche quella di Giorgia Meloni, sicuramente per discutere di dazi e per Donald Trum, per tentare di monetizzare l’annuncio di mercoledì. “Questa settimana ho parlato con molti europei, asiatici, in tutto il mondo. Stanno morendo dalla voglia di fare un accordo”, ha detto non a caso il presidente USA, “voglio risolvere il deficit che abbiamo con la Cina, l’Unione Europea e altre nazioni, e dovranno farlo. E se vogliono parlarne, sono aperto a parlare”.
Ieri la nostra premier ha incontrato i vicepremier e i ministri dell’Economia, delle Imprese, dell’Agricoltura e degli Affari europei per valutare le ricadute sui vari settori dei dazi del 20 per cento entranti in vigore sulle esportazioni europee negli Stati Uniti ed a Lussemburgo si è riunito il Consiglio Affari Esteri con i ministri competenti per affrontare l’escalation doganale con due focus, sugli Stati Uniti e sulla Cina.
Di fatto, i dazi a stelle e strisce, di giorno in giorno stanno sempre più minando la stabilità delle borse di tutto il mondo. Ieri mattina (7 aprile) prima in Asia, e poi in Europa, le borse sono partite in caduta libera, seguendo il tracollo iniziato con l’annuncio dei dazi americani del 2 aprile al resto del mondo.
“I mercati finanziari europei hanno aperto la settimana in pesante discesa, dopo aver chiuso il 4 aprile la peggiore ottava dal marzo 2020. Sulla scia del crollo di Wall Street di venerdì (con una perdita totale del valore di 5 trilioni di dollari nel mercato azionario globale) e delle borse asiatiche per le tariffe di Trump, i listini europei sono di nuovo scivolati pesantemente: il Dax di Francoforte ha perso il 10 per cento, il Cac 40 di Parigi il 6,6 per cento, l’indice Ftse Mib di Milano il 7,6 per cento. Pesanti anche Londra, che perde il 5,2 per cento, e Madrid (-4,66 per cento). Il mercato finanziario inglese sembra reggere meglio, complice la minore entità dei dazi ( 10 per cento). In tre ore di contrattazioni sono stati bruciati 890 miliardi di euro. L’indice Eurostoxx 50, che riguarda le 50 maggiori compagnie europee, si avvia a scendere di circa il 4 per cento, il punto più basso degli ultimi 16 mesi. La banca tedesca Deutsche ha già messo in guardia i suoi clienti, mentre la svizzera Swissquote Bank ha parlato di “bagno di sangue“”. A Milano, sopraffatta dall’ondata di vendite in scia per effetto delle tariffe americane, sono crollati i bancari in borsa: il Ftse Mib ha perso il 7,6per cento a 32.050 punti con perdite sopra il 12 per cento per Bper, Popolare Sondrio, dell’11 per cento per Mps, del 10 per cento per Banco Bpm e Unicredit. Tra gli altri Fineco ha perso l’8,7 per cento, Mediolanum il 9,7 per cento, Intesa il 9 per cento. Tra i titoli che hanno avviato le contrattazioni, Generali perde il 7 per cento, Ferrari il 7,95 per cento, Eni il 6,9 per cento.
Sui mercati asiatici, dove sempre ieri è cominciata la tempesta, Shangai ha aperto in calo di quasi il 4,5 per cento e di oltre il 7,3 per cento in chiusura, Tokyo di oltre 7,8 per cento in chiusura, mentre Seoul ha registrato la peggiore seduta dall’agosto 2024 (-5,6 per cento). La borsa di Taiwan ha registrato la peggiore perdita mai segnalata dal listino di Taipei, chiudendo in calo al 9,7 per cento e con l’indice Taiex che ha bruciato 2,065 punti. Va detto che l’Isola aveva anche già annunciato di non voler rispondere alle tariffe americane con ulteriori dazi. In scia ai contro-dazi cinesi al 34 per cento sull’import dall’America annunciati venerdì in risposta alle tariffe di Trump sul made in China (sempre al 34 per cento), la borsa di Hong Kong è crollata come mai dopo la crisi del 1997, con l’indice Hang Seng che ha ceduto il 13,22 per cento ed i titoli bancari e tecnologici “falcidiati”. Pechino ha chiesto di negoziare con Washington mentre negli Stati Uniti gli investitori hanno cominciato ad accusare il presidente Trump del disastro sui dazi, da Bill Ackman a Stanley Druckenmiller, sottolineando il rischio di inflazione e decrescita economica e chiedendo un intervento della Federal reserve. A Wall Street l’indice Vix (conosciuto anche come “l’indice della paura”), che misura la volatilità e l’incertezza del mercato, ha quasi raddoppiato ieri mattina assestandosi sui 60 punti (il livello più alto dallo scoppio della Pandemia nel 2020). Neanche a dirlo che qui sono crollate anche le criptovalute ed il Bitcoin ha cancellato quasi completamente i guadagni ottenuti dalla vittoria elettorale di Donald Trump all’inizio di novembre. La capitalizzazione totale di tutte le criptovalute è scesa del 10 per cento a 2,54 trilioni di dollari, secondo i dati CoinGecko. Ethereum è crollato a 1,5 dollari, minimo infragiornaliero dall’ottobre 2023.
E pensare che tutto è iniziato nemmeno una settimana fa, precisamente allo scoccare della mezzanotte del 5 aprile, quando è entrata in vigore la tariffa del 10% su tutti i Paesi, mentre dalla mezzanotte di domani, 9 aprile si applicherà all’Ue l’ulteriore dazio del 10%. Il dazio stabilito per i prodotti provenienti dall’Unione è quindi pari al 20%, salvo quanto specificato oltre, tenuto conto che si tratta di aliquote che si applicano in aggiunta a quelle preesistenti. E’ chiaro che i nuovi “dazi reciproci” come li ha chiamati Donald, colpiscono solo alcune categorie merceologiche: acciaio ed alluminio (i dazi rispettivamente del 25% e 10% rimangono invariati); semilavorati tecnologici che potrebbero essere soggetti ad aliquote diverse (tra il 10% e il 15%), a seconda del contenuto tecnologico e della rilevanza sulla sicurezza nazionale statunitense; altri prodotti di importanza strategica per cui sono possibili modifiche o aumenti temporanei di dazi per ragioni di sicurezza nazionale.
Le nostre imprese che esportano verso gli Stati Uniti, dovranno quindi verificare la classificazione doganale dei propri prodotti per comprendere se rientrano nelle nuove aliquote; verificare tramite i propri accordi Incoterms di consegna al cliente se il dazio è a carico del produttore o del cliente; coordinarsi con spedizionieri e operatori doganali per assicurare la corretta applicazione delle procedure di sdoganamento e l’eventuale pagamento dei dazi all’atto dello sdoganamento, prima che la merce sia rilasciata negli USA; monitorare possibili eccezioni o meccanismi di esclusione. Va anche detto che l’amministrazione statunitense potrebbe offrire esenzionia singole imprese o prodotti, specialmente nel caso di importazioni non reperibili a livello domestico Usa.
A livello di BCE, la nuova politica commerciale degli USA ha aumentato le probabilità di un taglio dei tassi di interesse a partire dal 17 aprile. Così, mentre si cerca di uscire da un periodo di inflazione elevata, questa nuova “guerra commerciale” peserà non poco sulla ripresa economica dell’eurozona. L’impatto sull’inflazione al momento non è chiaro, tuttavia i mercati prevedono tagli dei tassi della BCE di 0,25 punti percentuali sia in aprile che in giugno, che porterebbero il tasso di riferimento al 2% entro la fine del secondo trimestre, con la possibilità di un terzo taglio nel corso dell’anno.
“Il piano A è impegno a negoziare e il piano B è la risposta“: questa la contromossa europea, non solo mirata ma anche più muscolare. Per l’Unione europea la chiave è “una risposta graduale”, “una soluzione negoziata che spazzi via il rischio di guerre commerciali” con le ripercussioni economiche e le perdite di lavoro del caso, “questo è quello che ognuno vuole”, e in tal senso si lavorerà. Nella strategia Ue, c’è una lista di prodotti mirati che la Commissione dovrà definire nelle prossime ore per imporre – a partire dal 15 aprile – i primi contro-dazi europei. Alcuni prodotti alimentari (soia, curry, carne di tacchino, salsicce di fegato), alcune categorie di elettrodomestici (forni e stufe) e prodotti simbolo (Harley Davidson e pick-up) potrebbero finire nella ‘lista nera’ europea del ‘made in USA’ da colpire.
Intanto il blocco dei Ventisette, da anche prova di compattezza ed unità: dalla riunione dei ministri è venuto fuori che l’Ue ha proposto un regime di dazi zero reciproco per un primo mercato libero transatlantico almeno per cinque grandi categorie: auto, industria e prodotti farmaceutici, acciaio e alluminio, legname e semiconduttori. Ma nell’idea sottoposta all’amministrazione Trump già il 19 marzo, ci sono anche plastica, chimica e macchinari. Su questo, come sul resto, l’Ue non molla: “Siamo pronti a negoziare non appena gli Stati Uniti lo vorranno“,ma, intanto, è aperto anche un tavolo negoziale in Lussemburgo, quello che von der Leyen gestisce con la Norvegia con cui discute una nuova cooperazione che passa anche attraverso la risposta ai dazi dell’America di Donald Trump. E poi c’è la Cina.
La von der Leyen, l’avvertimento l’ha fatto: il suo esecutivo userà “tutti gli strumenti” a disposizione per colpire “se necessario”, compreso uno strumento anti-coercizione che è stato introdotto nel 2023 ma che non è mai stato attivato. Non ci resta che attendere le mosse di Meloni, di Trump e della Von der Leyen!